Padlina, David e Rigamonti chiedono al governo se la direttiva della Divisione giustizia non sia un’indebita ingerenza sulla magistratura
“Qual è la base legale sulla quale si fonda la lettera/direttiva indirizzata dalla Divisione della giustizia alle autorità giudiziarie del nostro cantone?”. C’è un nuovo atto parlamentare, dopo quello del Partito comunista, sulla controversa circolare della Divisione giustizia del Dipartimento istituzioni. Circolare contenente alcune restrizioni riguardanti l’accesso all’alunnato giudiziario e i contingenti, ovvero il numero di posti attribuiti alle singole autorità giudiziarie e destinati agli aspiranti avvocati che desiderano svolgere, dopo la laurea, un periodo di formazione anche in magistratura, l’alunnato giudiziario appunto, prima di sostenere gli esami per il conseguimento del brevetto. Stavolta a chiedere spiegazioni al Consiglio di Stato è il deputato del Centro Gianluca Padlina, ex presidente dell’Ordine ticinese degli avvocati. Lo fa con un’articolata interrogazione sottoscritta anche da Mattea David del Ps e Andrea Rigamonti del Plr.
Come riferito dalla ‘Regione’ nell’edizione del 26 aprile, la lettera/direttiva della Divisione agli uffici giudiziari è dello scorso dicembre. Stando al documento, in cui si ricorda che lo stage in magistratura non è imposto dalla legge quale requisito per presentarsi agli esami di avvocatura (mentre lo è in uno studio legale per almeno un anno dei due di praticantato), sono esclusi dall’alunnato giudiziario i cittadini stranieri dimoranti e frontalieri, ma pure i domiciliati, anche se hanno studiato e ottenuto il titolo universitario in Svizzera. Insomma, in base alle disposizioni della Divisione giustizia indirizzate alle magistrature permanenti, “la precedenza nelle assunzioni di alunni” va data a coloro (di nazionalità svizzera) che “hanno compiuto gli studi presso un ateneo svizzero”. Anche rispetto ai giuristi con passaporto rossocrociato che si sono laureati all’estero.
Veniamo all’interrogazione. “Durante il periodo di alunnato – rilevano Padlina e cofirmatari – il candidato viene assunto dallo Stato in qualità di ausiliario ai sensi dell’articolo 2 capoverso 2 della Legge sull’ordinamento degli impiegati dello Stato e dei docenti”, la Lord. “È interessante osservare che, secondo quanto stabilito dalla norma in questione, il conferimento dell’incarico – ossia dell’atto amministrativo con cui il dipendente viene assunto per un periodo determinato – dovrebbe essere di competenza della Magistratura permanete presso la quale l’alunno intende assolvere il proprio periodo di praticantato”, si afferma nell’atto parlamentare, che già nel titolo solleva un primo quesito e cioè se non vi sia stata una “indebita ingerenza sulla magistratura” da parte della Divisione giustizia.
Nell’interrogazione si richiama anche “l’articolo 3 capoverso 3” della Lord, che “attribuisce al Consiglio di Stato la competenza di designare le funzioni legate all’esercizio della pubblica podestà e destinate a tutelare gli interessi generali dello Stato o di altre collettività pubbliche che possono essere occupate soltanto da personale di nazionalità svizzera”. Ebbene, “non rientrano tra queste funzioni quelle di natura ausiliaria”.
I firmatari dell’interrogazione rammentano inoltre che la Commissione per l’avvocatura ammette all’alunnato giudiziario “l’istante che adempie una serie di requisiti, tra i quali il primo è quello di essere in possesso di un titolo di studio riconosciuto dalla Legge federale sulla libera circolazione degli avvocati”. Legge di cui i tre deputati citano “l’articolo 7 capoverso 1 lettera a, che definisce come segue i titoli richiesti: ‘Studi in giurisprudenza conclusi con l’ottenimento di una licenza o di un diploma di master conferiti da un’università svizzera oppure di un diploma equivalente conferito da un’università di uno Stato con il quale la Svizzera ha concluso un accordo sul riconoscimento reciproco dei diplomi’ ”. Dunque la nazionalità svizzera non costituisce un requisito per poter fare lo stage in un’autorità giudiziaria (o amministrativa).
Al Consiglio di Stato Padlina, Rigamonti e David chiedono fra l’altro se quanto impartito alle autorità giudiziarie sia compatibile con il principio della separazione dei poteri, se la Divisione giustizia abbia consultato preliminarmente il Tribunale d’appello e l’Ordine degli avvocati e se “il fatto di precludere, sulla base del criterio della nazionalità, la possibilità di accedere” all’alunnato non configuri “una limitazione di diversi diritti costituzionali”. E se a fronte della prospettata riduzione dei contingenti non si ritenga che sussista “un chiaro interesse pubblico alla conferma dell’attuale offerta formativa”.