Il Consiglio di Stato risponde a Carlo Lepori (Ps) sul futuro del ‘sammelsack’ dopo l'entrata in vigore dell'obbligo di raccolta il 1° giugno
Che fine farà il ‘sammelsack’, il sacco per la raccolta di plastiche miste usato da 16 comuni ticinesi, quando dal 1° giugno sarà obbligatoria per legge la raccolta delle plastiche maggiormente riciclabili, ovvero polietilene (Pe) e polipropilene (Pp)? “La scelta dell'operatore che si occuperà della raccolta e del riciclaggio spetta ai Comuni”, scrive il Consiglio di Stato rispondendo a un'interrogazione del deputato socialista Carlo Lepori. Nel merito, “il Dipartimento del territorio svilupperà una direttiva che aiuterà i Comuni a ponderare tale scelta e che darà indicazioni sui criteri che andranno valutati affinché il riciclaggio sia rispettoso dell'ambiente ed economicamente sostenibile”.
Tra i criteri ambientali, si legge ancora nella risposta governativa, “vi è sicuramente anche quello legato ai trasporti, cosa che potrebbe sfavorire, alle condizioni attuali, soluzioni come quella del ‘sammelsack’, che prevede trasporti su lunghe distanze”. Effettivamente, una volta ritirati, i sacchi con all'interno le plastiche domestiche vengono portati dai partner logistici che hanno il compito di ricompattarli. In seguito, questa plastica viene portata in Canton Turgovia, per poi continuare a viaggiare verso l'impianto di separazione di Lustenau, in Austria. Dopo essere divise per tipologie, tutte le plastiche svizzere, comprese le parti scartate, tornano all'impianto turgoviese dove inizia la fase di triturazione, lavaggio ed estrusione fino a ottenere il rigranulato, alla base della produzione di nuovi oggetti con – appunto – la plastica riciclata.
Un viaggio lungo, si diceva. E al momento – riprende il Consiglio di Stato – non sussistono condizioni generali che impediscano di considerare modelli di raccolta delle plastiche miste, che andrebbero in ogni caso successivamente separate. Anche questa ulteriore separazione ha un costo sia economico sia ambientale che, nelle intenzioni del governo, dovrebbe essere ridotto il più possibile raccogliendo le varie tipologie di plastiche separatamente”.
L'obiettivo del Dipartimento del territorio, ricorda ancora l'Esecutivo, “è quello di avere una filiera il più completa e locale possibile (in Ticino o a distanza contenuta), quindi inclusa la produzione di nuovi oggetti con le plastiche riciclate. Le quantità e la qualità raccolte saranno quindi determinanti perché il ciclo si possa chiudere a livello locale”. In questo discorso, “lo strumento scelto dal Dt è l'obbligo di raccolta separata in modo da disporre della quantità sufficiente di materiale affinché l'economia privata si attivi a fare i necessari investimenti a favore di un'economia circolare completamente locale".
Tornando al ‘sammelsack’ – usato anche a Bellinzona e dove si possono mettere tutti gli imballaggi per alimenti in plastica, film di tutti i tipi, varie bottiglie di plastica, vasi da fiori, bacinelle –, percorre circa 400 chilometri per essere trattato. Con delle proporzioni chiare: "Circa un terzo viene effettivamente riciclato, mentre i due terzi restanti (nella proporzione del 50 per cento ciascuno) sono rivalorizzati tecnicamente (per la maggior parte in cementifici situati in Germania) o consegnati in non meglio precisati impianti di riciclaggio con una destinazione finale e ambientale non tracciabile".
Insomma, "la separazione e le operazioni seguenti fatte localmente permetterebbero di ridurre drasticamente i chilometri percorsi da quelle tipologie di plastiche che vengono comunque termovalorizzate (fornendo in più energia locale finalizzata alla diminuzione del consumo di combustibili fossili) e ridurrebbe anche la quantità di materiali trasportati (a beneficio sia dell'ambiente che dell'economia). Inoltre, anche solo triturare e lavare le plastiche localmente permette di disporre di materiali con un valore più alto sul mercato e contribuisce a rendere il trasporto ulteriormente efficiente".