L’Istituto di previdenza cantonale ha deciso il dislivello del primo scalino, e una prima parziale misura di compensazione. Ma è solo l’antipasto
È stata stabilita la misura del primo gradino che condurrà all’annunciata discesa del tasso di conversione dell’Istituto di previdenza del Canton Ticino (Ipct) per raggiungere presumibilmente il 5% tra qualche anno. Dall’attuale 6,17% fissato per i 65 anni di età si abbasserà, a partire dal 1° gennaio 2024, al 6,05%.
«È una riduzione in termini relativi per ogni età di pensionamento inferiore al due per cento», evidenzia il direttore dell’Istituto Daniele Rotanzi, contattato da ‘laRegione’. Come esemplificato nella comunicazione pubblicata sul sito, ammettendo un avere di vecchiaia a 65 anni di 400’000 franchi, la pensione di vecchiaia passerà da 24’680 franchi all’anno (400’000 x 6,17%) a 24’200 (400’000 x 6,05%), con una diminuzione di 480 franchi annui, ovvero 40 al mese, pari all’1,94%.
Tale prima riduzione «è accompagnata da una parziale misura di compensazione – spiega Rotanzi – che consiste nella decisione del Consiglio di amministrazione dell’Ipct di fissare all’1,5% il tasso di interesse per la remunerazione degli averi di vecchiaia degli assicurati per il 2023, che corrisponde allo 0,5% in più del minimo previsto per legge (1%)», mentre il tasso d’interesse minimo Lpp rimarrà invariato all’1%. Decisione, dal costo di circa 12 milioni, che era già stata presa per il 2022. Ciò che cambia è che «quest’anno verrà finanziata grazie a un accantonamento legato alle misure di compensazione per questa prevista riduzione dei tassi di conversione registrato a bilancio negli scorsi anni». Questo per non incidere sulla situazione finanziaria dell’Ipct e non ulteriormente peggiorare il grado di copertura visto il rendimento negativo degli investimenti registrato nel 2022, si legge sul sito.
Come ricorda Rotanzi, questa riduzione del tasso di conversione «è solo un primo passo. Stiamo ancora approfondendo le modalità di riduzione dei tassi di conversione dal 2025 in poi e, d’intesa con il Consiglio di Stato e i sindacati, stiamo approfondendo le misure di compensazione che accompagneranno queste riduzioni». Nel corso di quest’anno, «di principio entro l’estate – rende noto Rotanzi –, il governo dovrebbe licenziare un messaggio legato a queste misure di compensazione di competenza del Gran Consiglio».
«Confermo – dice il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta –. La delegazione del Consiglio di Stato, composta oltre che dal sottoscritto, da Bertoli e da Gobbi, sta portando avanti le trattative con le parti interessate e nei prossimi mesi, prima dell’estate, dovrebbe essere infatti possibile per il governo varare un messaggio all’attenzione del Gran Consiglio sulle proposte che sono appunto di competenza del parlamento. Peraltro, seguiamo un iter già percorso da altri cantoni alle prese con temi analoghi». «Allo stesso momento – riprende Rotanzi – anche noi come Ipct presenteremo le misure di compensazione e le modifiche del piano previdenziale che ci competono».
Come detto, l’obiettivo dovrebbe essere quello di un tasso di conversione al 5%. Il condizionale è ancora d’obbligo perché le discussioni sono ancora in atto: «Questo è lo scenario principale, ma non ancora definitivo», evidenzia Rotanzi, che alla domanda su un orizzonte temporale risponde che «l’obiettivo è arrivare gradualmente a regime indicativamente entro otto anni, cercando allo stesso tempo di preservare l’attuale obiettivo di rendita».
Il Cda dell’Ipct ha anche deciso di aumentare la quota massima di capitalizzazione possibile della pensione di vecchiaia dall’attuale 50 al 100%. La persona assicurata sarà quindi libera di decidere quale parte del suo avere di vecchiaia desidera ricevere in forma di capitale e quale in forma di rendita pensionistica. «È una modifica del nostro piano previdenziale per dare maggiore flessibilità ai nostri assicurati e adattarci all’offerta del mercato che sempre di più permette di prelevare in capitale il totale dell’avere di vecchiaia al momento del pensionamento. Risponde anche a delle richieste fatte dai nostri assicurati negli anni».
L’Ipct rende inoltre nota la designazione, da parte del Cda nella seduta dello scorso 22 dicembre, di Fabrizio Garbani Nerini quale nuovo vicedirettore e capoufficio previdenza. Carica che assumerà il prossimo 1° aprile. Subentrerà a Lara Fretz, che "dopo oltre sei anni di attività" in seno all’Istituto di previdenza del Cantone Ticino "ha deciso di affrontare una nuova sfida professionale". 51 anni, laureato in economia all’Università di Losanna, Garbani Nerini è anche deputato al Gran Consiglio per il Partito socialista: le due cariche non sono incompatibili. Garbani Nerini, scrive l’Istituto, "conosce l’Ipct in maniera approfondita in quanto è stato membro del Consiglio di amministrazione quale rappresentante dei datori di lavoro dal 2013 a inizio 2023".
L’Mps in una presa di posizione definisce la decisione di procedere all’abbassamento del tasso di conversione senza che ciò sia accompagnato da misure di compensazioni che garantiscano l’attuale livello delle rendite "una chiara dimostrazione di insensibilità nei confronti degli assicurati e una dichiarazione di guerra nei loro confronti". E aggiunge: "L’arroganza del Cda non si è però limitata a questo primo taglio", riportando che "le autorità politiche, Gran Consiglio e Consiglio di Stato e pure l’allora Commissione di gestione della cassa pensioni (la precedente denominazione del Cda) nel 2012 avevano garantito che nel 2023 il tasso di remunerazione degli averi di vecchiaia sarebbe stato del 4%. Dunque non si regala uno 0,5% ma si ruba un 2,5%".
L’Ipct, scrive su Facebook il capogruppo socialista Ivo Durisch, "ha deciso a decorrere dal 2024 la prima di una serie di riduzioni del tasso di conversione che ridurrà le rendite di vecchiaia degli assicurati. È necessario al più presto un messaggio governativo con le misure di compensazione per evitare che la rendita si riduca del 20%. I tempi sono stretti, vista anche la possibilità che venga lanciato un referendum. Purtroppo il governo ha deciso di attendere le votazioni di aprile. Il governo (e il parlamento) dopo aver per anni finanziato in maniera insufficiente l’Istituto di previdenza, rispetto alle promesse fatte, ancora una volta dimostra di non assumersi le sue responsabilità".