Lo dice il Consiglio di Stato. L’accesso a sentenze e udienze ‘va migliorato’. Il governo invita il parlamento ad aderire alla mozione di Dadò e Aldi
In Ticino "la situazione in materia di pubblicità e informazione del potere giudiziario non è oggi soddisfacente". Di più: "Concretamente non sono garantiti il principio di pubblicità e la libertà d’informazione". Pertanto "il sistema di pubblicazione delle sentenze deve essere migliorato, per quanto già esistente, nonché introdotto negli ambiti per i quali ancora non è previsto". E anche nella giustizia civile (non penale) "è necessario garantire l’accesso alle udienze, nei casi in cui non vi siano interessi pubblici o privati preponderanti che lo impediscano". Ad affermarlo – nero su bianco – è il Consiglio di Stato, prendendo posizione sulla mozione con la quale i deputati Fiorenzo Dadò (Il Centro) e Sabrina Aldi (Lega) chiedono di agevolare l’accesso dei cittadini alle sentenze e alle udienze, per una giustizia effettivamente trasparente. Lo chiedono richiamando Costituzione federale e Cedu, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. E osservando, fra le lacune riscontrate in materia, che la pubblicazione delle sentenze sul sito online del Cantone (http://www.sentenze.ti.ch) "non è sistematica, ma è del tutto frammentaria e lasciata al libero apprezzamento della singola autorità giudiziaria".
Ebbene, il governo condivide l’atto parlamentare inoltrato nel 2021 da Dadò e Aldi, entrambi membri della commissione granconsiliare ‘Giustizia e diritti’. Sollecita quindi il plenum del Gran Consiglio "ad aderire" alla mozione. E in caso di luce verde del legislativo cantonale il Consiglio di Stato assicura che, attraverso il Dipartimento "competente", cioè quello delle Istituzioni, "provvederà con la collaborazione della Magistratura a valutare come implementare un’effettiva pubblicità e informazione del Potere giudiziario".
Rileva il governo nel rapporto sull’atto parlamentare: "Attualmente nel nostro Cantone, come giustamente rimarcato con la mozione, è possibile avere accesso prevalentemente a sentenze di secondo grado, salvo alcune eccezioni in ambito penale (in particolare per le sentenze emesse dalla Pretura penale e dal Tribunale penale cantonale): anche in quest’ultimo ambito però la situazione è da ritenersi tutt’altro che soddisfacente". Nel portale internet citato da Dadò e Aldi, "sono inserite – non in modo completo – sentenze anonimizzate di secondo grado per quel che concerne il diritto civile e amministrativo, e anche di primo grado in ambito di diritto penale". Dalle sentenze ai dibattimenti in tribunale. "Per quel che concerne le udienze, sempre in ambito penale, per la Pretura penale, il Tribunale penale cantonale, la Corte dei reclami penali e la Corte di appello e di revisione penale è disponibile un albo nel quale sono pubblicate le udienze previste nelle settimane a seguire: tale sistema non è invece previsto in ambito civile", indica il Consiglio di Stato. Non solo per i mozionanti, ma anche per il governo "il sistema di pubblicazione delle sentenze deve essere migliorato, nonché introdotto negli ambiti per i quali ancora non è previsto". Inoltre, con riferimento in particolare al settore civile, è anche "necessario garantire l’accesso alle udienze, nei casi in cui non vi siano interessi pubblici o privati preponderanti che lo impediscano".
Il principio della pubblicità "garantisce la trasparenza del sistema giuridico e delle decisioni dei nostri tribunali, e ciò non solo per le parti al procedimento, ma pure in generale per i cittadini che potrebbero avere interesse a sapere in che modo i tribunali applicano la legge", sottolinea il Consiglio di Stato, ricordando quanto sanciscono la Costituzione federale e la Cedu. Tuttavia, puntualizza, quello della pubblicità "non è, e non può essere, un principio assoluto: la pubblicità di un’udienza può, e deve, essere limitata qualora vi fossero interessi pubblici o privati preponderanti che lo esigono".
Il tema della pubblicità di sentenze e udienze era già stato sollevato da un’iniziativa parlamentare depositata nel 2012 dall’allora deputato del Plr Andrea Giudici. Tre anni dopo il rapporto della commissione del Gran Consiglio, che invitava il governo a "elaborare basi legali che regolino in modo chiaro l’accesso a sentenze e decisioni". «Per dare seguito all’iniziativa di Giudici, e confidando nell’ok del parlamento alla mozione di Dadò e Aldi, intendiamo costituire a marzo – spiega, interpellata dalla ‘Regione’, la direttrice della Divisione giustizia Frida Andreotti (Dipartimento istituzioni) – un gruppo di lavoro con i rappresentanti delle magistrature permanenti e dell’Ordine degli avvocati per migliorare, possibilmente in tempi brevi, la situazione».