Il Consiglio di Stato risponde a Piezzi (Plr) e boccia la proposta. Ma un master alla Supsi e un’attività privata a tempo parziale potranno aiutare
Chi vorrà studiare logopedia e formarsi per svolgere questa delicata professione dovrà, ancora per un po’, andare Oltralpe. Lo afferma indirettamente il Consiglio di Stato rispondendo a una mozione del deputato liberale radicale Aron Piezzi, il quale nel mese di maggio aveva posto l’accento sul fatto che "sempre più bambini sono affetti da disturbi specifici dell’apprendimento ma ci sono sempre meno logopedisti". Ebbene, il governo afferma che "difficilmente, contrariamente alla proposta formulata dalla mozione, è immaginabile pensare di creare un nuovo percorso formativo universitario in Ticino per un bacino di interessate/i che oggi è estremamente ridotto (4-5 studenti ogni anno)".
Ma è anche una questione, come spesso accade, di soldi. Perché "pur ipotizzando un incremento del numero di giovani interessati alla formazione di logopedista, risulterebbe lontano dal raggiungere una ragionevole soglia di sostenibilità economica".
Rispondendo a un’altra richiesta di Piezzi, vale a dire cercare nuove modalità formative per incentivare la professione di logopedista e aumentare il numero di professionisti, il Consiglio di Stato sottolinea come rispetto a quanto già rilevato nel 2021 la situazione non sia cambiata di molto: "Il numero delle logopediste attive in Ticino è inferiore al fabbisogno, questo sia nel settore della logopedia dedicata all’età evolutiva, sia nel settore della terapia con i pazienti adulti". E a determinare questa situazione "sono più fattori".
Nel nostro cantone le logopediste "sono in larghissima parte donne che lavorano a tempo parziale". E questo "rende estremamente difficile ovviare alla carenza di operatori attraverso un aumento del numero di prese a carico assunte da ogni singola logopedista". Come detto, sono 4 o 5 gli studenti ticinesi che si iscrivono alla formazione in logopedia nei vari atenei d’Oltralpe. Tuttavia, rimarca il governo, "non tutti tornano in Ticino e non tutti esercitano la professione; per questo motivo la ricerca di professionisti non è semplice e il numero esiguo di neodiplomati non garantisce la sostituzione di chi smette l’attività".
Non è finita, perché c’è anche un’altra questione parecchio spinosa a frapporsi nella strada che (si auspica) potrebbe condurre a una soluzione: "In Svizzera la formazione di logopedia è di natura prettamente pedagogico-terapeutica: i diplomi esteri sono difficilmente riconosciuti in Svizzera senza un complemento di formazione, poiché sono di regola formazioni triennali con impostazione prettamente sanitaria". Ai logopedisti formatisi all’estero, quindi, "viene a mancare la parte formativa pedagogica necessaria per poter lavorare in Svizzera nel settore dell’età evolutiva".
Eppure qualcosa si muove. Perché se ci si può scordare di avere un nuovo percorso formativo universitario, "va detto che le diverse riflessioni portate in avanti nell’ambito della pedagogia specializzata hanno anche portato a far partire di recente il master in Pedagogia specializzata e didattica inclusiva offerto dal Dipartimento formazione e apprendimento della Supsi". Ed è ancora il governo a sottolineare come "questo master offre la possibilità di seguire un percorso di approfondimento specialistico abilitante alla formazione scolastica di allievi e allieve con Bisogni educativi speciali ed è destinato a persone con una formazione di base nel campo dell’insegnamento nella scuola dell’obbligo, della pedagogia specializzata o in altre formazioni affini".
È un’offerta formativa, questa, che per l’Esecutivo "è importante nell’ambito in esame", considerando "il modello piramidale degli interventi e il ruolo delle diverse figure scolastiche. In questo contesto, gli specialisti (in questo caso le logopediste) intervengono indirettamente, mettendo a disposizione strumenti compensativi, mentre sono in primo luogo direttamente coinvolti i docenti disciplinari o titolari, con il supporto dei docenti di sostegno pedagogico e/o degli operatori pedagogici per l’integrazione".
Il vero tema, però, secondo il Consiglio di Stato non è l’aumento del numero di casi seguiti in logopedia tra 0 e 20 anni, "che negli ultimi due anni è rimasto costante". Bensì "le liste di attesa che si allungano, perché la capacità di presa a carico è sfruttata al massimo". Ad ogni modo, "osservato che sul territorio hanno aperto un’attività privata a tempo parziale convenzionata con la Sps otto nuove logopediste, questo dovrebbe in parte permettere di ridurre le attuali lunghe liste di attesa e di presa a carico di allieve e allievi nel settore della logopedia dell’età evolutiva".
A giugno 2023 sono invece previsti la presentazione dei dati e il rapporto del gruppo di lavoro istituito dal Consiglio di Stato. Un gruppo di lavoro "che sta lavorando su due fronti", informa il governo. Da una parte, "sulla valutazione di come ridurre il carico amministrativo dei professionisti attivi nei settori pubblico e privato, al fine di snellire le pratiche e favorire una migliore presa a carico". Dall’altro, "sulla raccolta di dati inerenti alla mole di lavoro delle/dei professioniste/i, per riconsiderare l’adeguatezza o meno delle risorse riconosciute e messe a disposizione nella scuola pubblica". Riflessioni che, conclude l’Esecutivo, vedono "la collaborazione con i/le logopedisti/e del territorio, che stanno offrendo un contributo importante".