Approvate tre modifiche di legge: 4 domeniche senza autorizzazione, chiusura posticipata alle 19 e deroga nelle località turistiche. Referendum nell’aria
Dopo nemmeno tre anni dall’ultima modifica entrata in vigore a inizio 2020, il parlamento decide di cambiare di nuovo la Legge sull’apertura dei negozi (Lan) per concedere "maggiori margini di manovra e più libertà d’iniziativa per quanto riguarda il commercio al dettaglio". Tradotto: un ampliamento di tempi e spazi d’apertura dei negozi. Con 52 favorevoli e 31 contrari, il Gran Consiglio ha aderito alla richiesta in tal senso contenuta nell’iniziativa parlamentare ‘Lavorare significa poter lavorare’ del gruppo Plr. Nel concreto sono state accolte le proposte di aumentare da tre a quattro le domeniche all’anno durante le quali i lavoratori possono essere occupati nei negozi senza richiedere alcuna autorizzazione, di concedere l’apertura delle attività fino alle 19 anche nelle feste infrasettimanali non parificate alla domenica (escluso il Primo maggio) e nelle domeniche che precedono il Natale, e di aumentare le superfici da 200 a 400 metri quadri per quanto riguarda i negozi che hanno diritto alle deroghe di legge previste per le località turistiche la domenica.
«Con questa iniziativa – ha illustrato il primo firmatario Alessandro Speziali – vogliamo dare un colpo di mano al commercio e più in generale all’attrattiva del cantone per i turisti e anche per i residenti». In particolare, ha spiegato, dopo i duri contraccolpi dovuti alla pandemia e alle restrizioni, «la logica è di aiutare l’economia e la vitalità del territorio attraverso la possibilità di poter lavorare. È la via maestra per affrontare le difficoltà, a differenza della politica dei sussidi che non può essere una stampella permanente». Speziai ha poi specificato che «non vogliamo oltraggiare i lavoratori, al contrario». La convinzione è infatti che i nuovi margini concessi permetteranno di aumentare gli impieghi. E il presidente Plr ha poi osservato: «Non sono obblighi ma opportunità. Nulla di stravolgente».
In aula sono approdati due rapporti della Commissione economia e lavoro. Relatore di quello di maggioranza, Andrea Censi (Lega) ha messo l’accento sul fatto che il settore del commercio è sempre più in concorrenza con l’estero e il segmento online: «Approvare l’iniziativa significa dare una mano ai commercianti e ai lavoratori». Sottolineando in seguito come la politica cantonale abbia più volte ribadito di voler puntare su un Ticino a vocazione turistica, ha rilevato che «non basta fare cartelloni pubblicitari, ma serve esseri aperti all’accoglienza. La bellezza del territorio non è sufficiente. Se vogliamo attrarre turismo dobbiamo essere capaci di adeguarci». E ha poi rilanciato: «Aprire una domenica in più all’anno non è una rivoluzione».
Su questo punto ha prontamente ribattuto Fabrizio Sirica (Ps), relatore del rapporto di minoranza, che ha contestato in primo luogo «la narrazione» dei fautori dell’iniziativa: «Si tratta di un cavallo di Troia che sembra piccolo ma contiene ben altro. Ovvero la liberalizzazione praticamente di tutte le domeniche dell’anno». Il riferimento è alla richiesta di aumento della metratura, su cui tra l’altro ci sono dubbi in merito alla tenuta dal profilo giuridico: «La maggioranza dei comuni ticinesi, 66, sono definiti località turistica. Inoltre c’è il rischio che i grandi commerci la domenica limitino la superficie di vendita con dei paletti o la chiusura di piani. Si vede come la deroga sul turismo sia utilizzata quale escamotage e metta in concorrenza i piccoli commerci con la grande distribuzione». Sirica ha anche obiettato che «non è rincorrendo l’Italia che si limita la concorrenza. Se i ticinesi fanno spesa oltreconfine è per un problema di potere di acquisto». Il copresidente del Ps ha poi attirato l’attenzione sul «grande assente nella discussione del rapporto di maggioranza, il personale. Si verso una precarizzazione ulteriormente in un settore già pieno di contratti su chiamata, orari spezzatino». E si è chiesto: «È questa la società che vogliamo? Quella che non dà più tempo di riposo ai lavoratori? Quella dei burnout e delle malattie?».
Per Tiziano Galeazzi (Udc) invece «non c’è nessun inganno. Dobbiamo solo decidere se dare una mano all’economia o restare retrogradi». Per contro secondo Marco Noi (I Verdi) «dovremmo fare qualche riflessione sul senso del limite e chiederci se vogliamo entrare in questa dinamica di sempre maggior consumismo». Scissi tra i due rapporti, i rappresentanti del Centro/Ppd, come ha evidenziato Paolo Caroni: «Per i favorevoli si tratta di permettere ai piccoli commerci, in una battaglia impari, di combattere con armi migliori». Per l’altra metà ha invece evocato «la preoccupazione per i lavoratori e l’importanza di mantenere la domenica quale giorno di riposo e per la famiglia». Dal canto suo Maura Mossi Nembrini (Piu Donne) ha sostenuto «il bisogno di ripensare la socialità per fare in modo che non si riduca tutto allo shopping», mentre sui turisti ha valutato: «Vanno in cerca della cultura e della bellezza del territorio, non dei negozi». Matteo Pronzini (Mps) ha invece contestato l’idea di riqualifica professionale in ottica turistica del cantone: «Oggi quel settore in Ticino presenta condizioni di lavoro pessime. Se vogliamo parlare di una riqualifica bisogna partire dai settori che hanno permesso al cantone di svilupparsi, come ad esempio le Officine». L’argomento della precarizzazione è stato portato in aula anche da Massimiliano Ay (Pc) che ha ricordato come nella vendita «sono aumentati i contratti su chiamata, un’intensificazione del lavoro con turnistica deprecabile, e questa nuova offensiva padronale non fa che creare le condizioni per una maggiore conflittualità sociale di cui la destra è responsabile».
Sulla questione del lavoro il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta è intervenuto per garantire il supporto del governo a mediare tra le parti per trovare un accordo sul rinnovo del Contratto collettivo di lavoro del settore in scadenza a fine 2023.
Presenti sulle tribune del Gran Consiglio alcuni rappresentanti del sindacato Unia tra cui Chiara Landi che a fine votazione ha deplorato il fatto che siano state del tutto ignorate le loro voci in rappresentanza dei lavoratori: «Siamo pronti a combattere con ogni mezzo necessario questi vergognosi peggioramenti». Mente già durante il dibatto i deputati del Centro/Ppd e sindacalisti Ocst Lorenzo Jelmini e Giorgio Fonio avevano detto che «di tutto questo avremo modo di parlare ancora molto presto» e «non saranno gli ultimi no sul tema». Domani infatti i sindacati si troveranno per prendere una decisione sul lancio di un referendum contro questa modifica di legge. Decisione che sarà comunicata giovedì in una conferenza stampa congiunta.