Don Cattaneo (Opus Dei) sull’identikit del prossimo vescovo. Maffezzoli (Azione cattolica): ’Il problema non è stato don Valerio, ma la sua squadra’
Con l’ufficialità delle dimissioni, poi c’è il dopo-Lazzeri, che è già lanciato. Il sacerdote dell’Opus Dei don Arturo Cattaneo da noi interpellato su quali debbano essere le caratteristiche principali del prossimo vescovo è nettissimo: «Non solo oggi, ma oggi ancora di più, il vescovo deve essere una persona preparata non soltanto teologicamente, ma anche dal punto di vista gestionale e persino economico. La Chiesa in questo momento deve affrontare anche questi problemi». Ai quali, riprende, «si aggiungono problemi di tipo umano. Il vescovo Lazzeri, e non è certo colpa sua, ha ereditato situazioni un po’ difficili dal punto di vista personale e magari qualcuno con un carattere più forte, deciso, avrebbe tenuto più a bada alcune situazioni».
Monsignor Lazzeri, valuta don Cattaneo, «è una persona con molta misericordia, è molto buono, accogliente, comprensivo… e il rischio, poi, è che ci sia gente che se ne approfitta. Con lui a prendersi la colpa».
Ed è difficile trovare una persona pronta su più versanti? «Anche Papa Francesco insiste molto sulla misericordia, ma dall’altro lato è in grado di prendere decisioni forti, senza guardare in faccia a nessuno. Chiaro, non è da tutti, è una questione di carattere». In Ticino, comunque, «nella Diocesi ci sono persone che rispondono a queste caratteristiche, non sono così pessimista…».
E lei, don Cattaneo? Qualcuno ha avanzato il suo nome per il dopo Lazzeri… «È assolutamente irrealistico – risponde sorridendo –. Non fosse altro, perché c’è già un sacerdote dell’Opus Dei a Coira, che sta lavorando bene e il Papa è molto contento. Le Diocesi sono sei, un secondo membro dell’Opus Dei non è pensabile». Ma non è solo questo il punto, dal momento che «c’è anche una questione anagrafica: ho appena compiuto 74 anni». Però, sottolinea don Cattaneo, «ci sono persone, come dicevo. Sia don Emanuele Di Marco, sia don Nicola Zanini sono preparati dal punto di vista teologico e, penso, anche dal punto di vista pratico».
In un contesto difficile, con la crisi delle vocazioni e le chiese che si svuotano sempre di più, anche la domenica. Il nuovo vescovo potrà anche provare a invertire questa tendenza? «Spero di sì, ma è difficile. Su questi aspetti c’è una difficoltà diffusa in tutto l’Occidente, anche nell’avvicinare i giovani: sono convinto che questa sia una delle sfide più grandi e importanti che la Chiesa deve affrontare, perché il futuro è lì. Restiamo solo con gli anziani che vanno a messa? Così non andiamo da nessuna parte».
Lazzeri, afferma ancora don Cattaneo, «si è sforzato di lavorare per i giovani, abbiamo molte persone che lavorano bene con la Pastorale giovanile. Forse occorre fare un ulteriore passo in questa direzione». E in questo particolare ambito, i giovani, il direttore del Centro di liturgia pastorale della Diocesi di Lugano don Emanuele Di Marco «sarebbe l’uomo della provvidenza. È giovane, certo (classe 1982, ndr). Ma non sarebbe la prima volta che una persona così giovane diventa vescovo. Chissà…».
E se il subentrante di don Lazzeri fosse un vescovo ciellino? «Che il futuro vescovo sia ciellino o di un’altra realtà ecclesiale, per noi non è importante – assicura don Luigi Pessina, responsabile di Comunione e Liberazione in seno alla Diocesi –. Il vescovo Lazzeri, del resto, non ci ha mai impedito di essere quello che noi siamo e men che meno ci ha impedito di dare il nostro contributo alla Chiesa». La successione di Lazzeri, aggiunge don Pessina, «sarà semmai una nuova importante occasione per sentirci tutti noi corresponsabili dell’essere Chiesa. Il vescovo non fa la Chiesa, ma è colui che ci riunisce e accompagna nella costruzione della stessa».
Dal futuro al presente. «Il problema non è stato il vescovo, il problema è stata la squadra. Mi riferisco ai collaboratori di don Valerio, che non l’hanno aiutato sino in fondo a governare la Diocesi». Luigi Maffezzoli, presidente dell’Azione cattolica ticinese, non usa giri di parole a proposito dell’epilogo dell’episcopato di Valerio Lazzeri. «Un grande vescovo! – sottolinea Maffezzoli –. Era quello che ci voleva in questi anni: ha richiamato fortemente la Chiesa di Lugano a una dimensione spirituale che forse cominciava a venir meno».
Però si è dimesso… «Si è accorto di non essere più la persona giusta in questo momento per governare la Diocesi». Perché è ingovernabile o è diventata tale? «Assolutamente no, è governabilissima se un vescovo – puntualizza il presidente dell’Azione cattolica – può contare su una squadra di collaboratori compatta, in grado anche loro di governarla. Secondo me Lazzeri è rimasto solo, solo con dei collaboratori, ripeto, che non lo hanno aiutato fino in fondo a governare la Diocesi. Ad esempio per quel che riguarda la comunicazione della Curia verso l’esterno. Ora se io sono al vertice di un’istituzione ma non so nulla di economia, devo poter fare affidamento su chi tra i miei stretti collaboratori ha studiato economia».
Maffezzoli non ha dubbi: «Dimettendosi, don Valerio ha dimostrato di essere un vescovo estremamente coraggioso, un gesto coraggioso e coerente con la missione per la quale era stato chiamato. E stamattina lo ha detto». Il riferimento del presidente dell’Azione cattolica è a un passaggio delle spiegazioni fornite dal vescovo in conferenza stampa: "Non riesco più a immaginarmi nella posizione che finora ho cercato sinceramente e con tutto il cuore di fare mia; non riesco più a vedere un modo di interpretare e di vivere la missione di vescovo di Lugano autentico e sostenibile per me e, di conseguenza, veramente proficuo per tutti".
Certo, un episcopato, quello di Lazzeri, non facile. C’è chi lo ha criticato anche per una gestione non proprio ottimale di casi che hanno visto preti protagonisti di atteggiamenti contrari alla dignità della carica. «Sui media – rileva il presidente dell’Azione cattolica – è uscito ciò che l’istituzione Chiesa aveva deciso. Ma questo è solo un aspetto. L’altro è il comportamento del vescovo, che la domenica incontrava le comunità, le parrocchie colpite da questo o quel caso, le parrocchie in cui quei sacerdoti finiti sotto inchiesta o condannati operavano».