Il presidente del Centro, dopo la pandemia, torna a scalare un’altra vetta proibitiva, questa volta in Perù, per sensibilizzare contro gli abusi sui bimbi
Di montagne ne ha scalate nella sua vita Fiorenzo Dadò, dagli 8’000 himalayani alle nostre di casa, ma alcune salite hanno un significato più sentito e importante: vale a dire sensibilizzare per la lotta agli abusi contro i bambini. Dopo il Khan Tengri nel Kirghizistan, l’Ama Dablan in Nepal e il Cervino, domenica il presidente del Centro partirà alla volta del Perù: «Riprendo, con un amico, il progetto che avevamo nel 2020 e che la pandemia purtroppo ha bloccato: scalare l’Alpamayo, una montagna la cui cima è a 5’947 metri e che si trova sulla Cordillera Blanca, nel Parco nazionale dell’Huascaran».
Non è la prima volta che Dadò prova a sensibilizzare contro la pedofilia in questo modo, si diceva: «Quando nel 2016 ho presentato in Gran Consiglio l’iniziativa, sono stato al Khan Tengri nel Kirghizistan; in quell’occasione ho spedito una cartolina di sensibilizzazione, stampata appositamente, a tutti i politici federali. Poi, sempre con lo stesso scopo, sono stato su un’altra cima d’alta quota. Era nell’ottobre 2019, quando sono salito sui 6’812 dell’Ama Dablan in Nepal. In quell’occasione era da poco che in Gran Consiglio avevamo discusso la mia iniziativa per l’inasprimento delle pene ai pedofili, con lo slogan ‘I bambini non si toccano’».
Con l’impossibilità di viaggiare durante la pandemia, Dadò ha fatto di necessità virtù e «in occasione della presentazione alle Camere federali a Berna assieme ai colleghi deputati Sabrina Gendotti, Stefano Tonini e Andrea Stephani di quella iniziativa cantonale votata dal Gran Consiglio nel 2019, la settimana prima ho fatto la traversata Italia-Svizzera del Cervino, la nostra montagna simbolo, sempre con l’obiettivo di sensibilizzare i colleghi politici affinché prestassero finalmente maggiore attenzione a questa tematica. Poi è andata com’è andata…».
Già, perché la commissione competente del Consiglio degli Stati ha deciso di bocciare l’iniziativa cantonale, «a dimostrazione del fatto che la sensibilizzazione su questo tema non è mai abbastanza e bisogna impegnarsi molto di più».
Questa volta, sull’Alpamayo in Perù, «una spedizione impegnativa che, comunque vada, voglio dedicare ai trent’anni dell’Aspi, la Fondazione aiuto, sostegno e protezione dell’infanzia, festeggiati quest’anno con un congresso internazionale durato alcuni giorni a Lugano al quale ho partecipato». L’Aspi, riprende Dadò, «è un’eccellenza in Ticino della quale andare fieri e l’impegno, la dedizione e la serietà delle persone che se ne occupano fanno scuola in tutta Europa con i loro programmi di prevenzione a favore dei bambini».
Cosa lega queste battaglie alla montagna? «La montagna è il simbolo della purezza, così come lo sono i bambini – risponde Dadò –. Poi, per raggiungere una cima ci vogliono sempre grande impegno, preparazione e perseveranza, esattamente come nel condurre questa giusta battaglia a tutela dell’infanzia e contro gli abusi». Un impegno simbolico, certo, «non è perché si raggiunge una cima che si risolve il problema purtroppo: ma è molto importante veicolare il più possibile questo messaggio, anche con occasioni come questa».
Una spedizione che prenderà il via domenica e, stando alla tabella di marcia, la cima dell’Alpamayo «dovremmo tentare di raggiungerla attorno al 10 di agosto. Sarà molto impegnativa, difficile: la pendenza della parete, tutta di neve e ghiaccio, varia dai 55 agli 80 gradi. È una montagna bellissima, proprio l’Unesco l’ha definita la più bella al mondo, una piramide quasi perfetta tutta bianca. Ci sono diverse vie di salita aperte nei decenni scorsi, noi faremo la classica, la ‘Via Ferrari’, aperta nel 1975 dai ‘Ragni di Lecco’ capitanati da Casimiro Ferrari, il primo ad aver raggiunto la cima del Cerro Torre in Patagonia».