In parlamento si discute il Consuntivo di -58,2 milioni. Divergenze sulla fragilità delle finanze. Il Ps si sfila dalla riforma fiscale: ‘È per i ricchi’
Tutto secondo copione. Nel dibattito che in Gran Consiglio ha visto al centro il Consuntivo 2021 – il voto finale arriverà alla fine delle analisi dei singoli dipartimenti – è partita una sorta di tutti contro tutti sul come rimediare alla situazione critica delle casse cantonali, e non è sicuramente un buon viatico nel cammino che dovrà portare al vero banco di prova per la politica e i conti cantonali, il Preventivo 2023. A conclusione del dibattito, è il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta a trarre un primo bilancio: «In un Paese basato sul dialogo e la responsabilità, se non si fa squadra si rischia che salti tutto il sistema».
Con ordine. Quello esaminato oggi dal parlamento è un «rapporto commissionale neutro», ammette il relatore della Gestione Fiorenzo Dadò (Ppd). I conti chiudono con un disavanzo di 58,2 milioni, «cifre nettamente migliori rispetto al Preventivo che era fissato a -230,7 milioni».
«Il messaggio comunque – ricorda Dadò – è stato preparato in un momento difficile, di recrudescenza della pandemia, quindi era difficile fare previsioni». Ma la discussione tout court sul Consuntivo finisce qui. Perché è lo stesso presidente della Gestione (e del Ppd) a parlare sia di passato, sia di futuro. Di passato perché «resta evidente una certa fragilità delle finanze cantonali, tempo fa si sarebbero dovute fare scelte diverse anche riguardo al personale». Di futuro, perché «l’esito del referendum sul Decreto Morisoli non deve essere interpretato a geometria variabile e usato contro progetti come l’abbassamento delle imposte di circolazione».
Ma anche perché, e sarà storia (tesa) dei prossimi mesi, «per ora non c’è una scontata maggioranza al Preventivo 2023, e le avvisaglie delle ultime settimane se non mesi fanno trasparire un certo nervosismo: non un buon viatico, serve responsabilità da parte di tutti i gruppi parlamentari senza appiattire il legittimo confronto».
Partendo da «cifre che sono sotto gli occhi di tutti», la capogruppo del Plr Alessandra Gianella avverte sul «generale aumento dei prezzi che pesa e peserà sulle tasche dei cittadini e sulle casse pubbliche, con previsioni al ribasso e il dover gestire l’inflazione».
E in risposta a Dadò arriva la staffilata, antipasto della vera discussione che andrà in scena nei prossimi giorni: «Serve una riflessione generale a medio lungo termine sulla situazione di fragilità delle finanze: siamo tutti d’accordo a ridurre le imposte di circolazione, ma per noi va fatto in modo equilibrato e sostenibile. Troppo facile credere di avere risorse illimitate se, poi, si continua ad approvare proposte che faranno mancare molti soldi».
Secco e dritto al punto il capogruppo della Lega Boris Bignasca. «Parlate di fragilità delle finanze cantonali? Non sono fragili, le entrate aumentano di 100 milioni di franchi l’anno». La fragilità, semmai, «è del governo e della politica che faticano a contenere la spesa, serve evitare nuovi compiti a volte inutili». Le necessità dell’economia «richiedono risposte immediate» rileva Bignasca, e riguardo al caro benzina «bene che il governo cantonale abbia scritto a Berna, anche i Giovani leghisti si sono mossi con una petizione perché è un’emergenza che pesa sul potere d’acquisto dei cittadini».
E sulle imposte non arretra: «Più sono alte, più scoraggiano nuovi contribuenti, fanno fuggire gli attuali e gravano su tutti».
Il capogruppo del Ppd Maurizio Agustoni passa lecitamente alla cassa, dopo tutti gli appelli rivolti dal suo partito nella fase pandemica: «Consiglio di Stato e Gran Consiglio hanno fatto bene a mantenere il sangue freddo senza fare manovre di risanamento dettate dal panico, il riequilibrio in base al deficit preventivato sarebbe stato a base di misure che avrebbero peggiorato la qualità di vita di molte persone», sottolinea. Ricordando che «il deficit del 2021 si avvicina a quello stimato nel Piano finanziario del 2019, prima della pandemia, che lo attestava a 45 milioni».
Eppure la fragilità economica c’è, «e un Cantone non può speculare per l’equilibrio dei conti su fattori aleatori come dividendi della Bns e sulla perequazione». Per Agustoni, ora, «la popolazione deve essere lasciata tranquilla per trovare serenità e concentrarsi sulla quotidianità senza il pericolo di pagare più tasse, imposte o tributi». E mette le mani avanti: «No a qualsivoglia riforma fiscale che comporti l’aumento del moltiplicatore, no ad aggravi per chi già fa fatica».
Il capogruppo socialista Ivo Durisch raccoglie l’alzata e schiaccia: «Non ci sono più le premesse per una riforma fiscale che prevede l’abbassamento delle aliquote per le persone benestanti, bisognerebbe fare un esame di realtà: per fare sgravi alle aziende, inevitabilmente si taglierà sul sociale». Il Ps «continuerà a ripetere che le scelte politiche di questo parlamento sugli sgravi fiscali hanno contribuito e contribuiranno a creare disuguaglianze, non crediamo nel darwinismo sociale ma in uno Stato sociale garante dei diritti di tutti i cittadini». Vedendo e snocciolando le dirette conseguenze di «certe decisioni». Nel senso che, riprende Durisch, «la situazione era già compromessa prima della pandemia. Il rapporto tra imposte delle persone giuridiche e persone fisiche è di uno a tre, con questo Preconsuntivo si arriva a un rapporto di uno a cinque: non viene in mente a nessuno che forse si è sbagliato qualcosa?». A ogni modo, dal Ps c’è il via libera ai conti del 2021.
Al contrario dell’Udc, che con il suo capogruppo Sergio Morisoli va all’attacco: «Possiamo dire che è un quadriennio sprecato, non sono state gettate le basi necessarie per invertire le tendenze negative». Il problema numero uno, per Morisoli, «è che non creiamo né manteniamo nuovi redditi. Bisogna salvare il potere d’acquisto, riducendo le imposte di circolazione, abolendo quella di collegamento e neutralizzando fiscalmente le nuove stime. Bloccando ogni rialzo di imposte e tasse». In più, «serve smettere di disincentivare e tartassare chi fa utili e vuole cavarsela da solo, senza uno Stato estensivo ma grazie a uno Stato intensivo».
Bocciatura anche dai Verdi, che con Marco Noi annunciano: «Non abbiamo avvertito alcun cambiamento della politica sui temi della sostenibilità e della resilienza, non solo ambientale. Si intravedono segnali, ma per ora insufficienti». Pollice verso anche dall’Mps: per Simona Arigoni «non possiamo sostenere questo orientamento di politica fiscale». Ai contrari si aggiungono pure Tamara Merlo (Più donne) – «la disparità di genere fa ancora fatica a farsi considerare come emergenza nonostante i dati scientifici» – e Massimiliano Ay (Pc): «Prima si fa allarmismo, poi si buttano soldi, poi si fa votare un decreto che prepara una politica di tagli... Diciamo no a questa politica irresponsabile».
Per il direttore del Dfe Vitta «è importante» concentrarsi sul tema della fragilità economica. Che c’è, «ed è un concetto che ha più facce della medaglia». Il primo, spiega Vitta, «è che un motivo per cui parliamo di un leggero miglioramento è l’aumento degli utili della Banca nazionale svizzera, oltre 80 milioni in più rispetto al previsto». Ebbene, «la situazione di incertezza a livello mondiale porta a generare perdite di svariate decine di miliardi. Se questa situazione si protraesse, le riserve si esaurirebbero presto e per i cantoni la traduzione è molti meno introiti». Perciò «richiamo a fare attenzione a non pianificare l’azione politica su una distribuzione degli utili ai livelli massimi: tanto questi soldi ora ci sono, tanto rapidamente possono esaurirsi». Un altro elemento preoccupante è «la spirale inflazionistica, che se verrà a crearsi nel prossimo futuro porterà conseguenze sia per l’Ente pubblico sia per i cittadini». Terzo fattore, «tutti gli interventi contro l’inflazione potrebbero ulteriormente rafforzare il franco svizzero, che frenerebbe la spirale ma avrà conseguenze anche per l’industria d’esportazione».
Ciò detto, si diceva in entrata, arrivano le bacchettate ai partiti. Nette. Perché se è consuetudine che il direttore del Dfe inviti la politica a concentrarsi sulle priorità, sul dialogo e sulla condivisione di responsabilità, stavolta si sale di tonalità: «Abbiamo un sistema di gestione del Paese basato sul consociativismo e il sistema proporzionale, dove buona parte delle forze politiche sono negli esecutivi: con queste premesse, se non si fa squadra salta tutto il sistema. E non necessariamente un cambiamento di meccanismo potrebbe sposarsi con le esigenze del nostro Paese, fondate sulla necessità di convergere». L’invito, il caldo invito, è quello di «interpretare fino in fondo i valori svizzeri, che fanno sì che bisogna essere pronti a trovare convergenze e soluzioni condivise». Il rischio, sennò, è che «l’obiettivo del pareggio dei conti nel 2025, senza unità d’intenti, sia declamatorio e difficilmente realizzabile».