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Gianella: ‘Serve più disciplina sui conti, per il bene di tutti’

Decreto Morisoli, intervista alla capogruppo Plr: ‘Nessuno vuole mettere in difficoltà chi fatica, la miglior socialità è permettere allo Stato di farla’

‘Non toccheremo i sussidi’
(Ti-Press)
7 maggio 2022
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«La miglior socialità per noi è dare allo Stato le risorse per poterla fare, e per riuscirci servono finanze sane e margini di manovra». La capogruppo del Plr in Gran Consiglio Alessandra Gianella, a una settimana dal voto sul referendum contro il ‘Decreto Morisoli’ sul pareggio di bilancio entro il 2025 agendo ‘prioritariamente’ sulla spesa, a colloquio con ‘laRegione’ prende posizione e ribadisce: «Nessuno vuole mettere in difficoltà chi già fa fatica».

Eppure questa è la contestazione che vi muove il fronte dei contrari, cioè che si taglieranno prestazioni e socialità.

Perché mai una maggioranza del Gran Consiglio dovrebbe andare a peggiorare i servizi ai cittadini? È il contrario, lo abbiamo visto con gli aiuti importanti durante la pandemia e con l’accoglienza dei rifugiati in fuga dalla guerra in Ucraina: e sono solo due esempi recenti. Trovo sia poco onesto far passare, come dicono i contrari, che vogliamo far del male a chi vive situazioni difficili perché non è assolutamente così. Quello che noi chiediamo è di rallentare la crescita della spesa. Ci sono nuovi compiti, nuovi bisogni e nuove esigenze come il disagio giovanile, l’invecchiamento della popolazione e le problematiche legate alla salute mentale delle persone: noi continuiamo a dire che è giusto, necessario intervenire ma che è altrettanto importante fare una verifica su tutti gli altri compiti. Analizzare se sono ancora tutti necessari e tutti efficaci. È un atto di responsabilità per rispetto dei soldi dei cittadini e delle aziende, e di come vengono spesi. E penso sia davvero scorretto far passare questo atto di responsabilità come una sorta di volontà di mettere sul lastrico le persone. Soprattutto quando i contrari non dicono che la loro soluzione al risanamento dei conti è aumentare le imposte.

L’ormai celebre avverbio ‘prioritariamente’ è stato inserito grazie a un vostro emendamento, può spiegarne gli obiettivi?

Noi abbiamo condiviso fin dall’inizio l’indirizzo politico di questa iniziativa, cioè l’obiettivo di un pareggio con una scadenza definita ossia la fine del 2025. Però per noi era importante mettere degli accenti su alcune sensibilità che fanno parte del Dna del nostro partito. Con l’emendamento fissiamo che non si vuole incidere sui sussidi dei meno abbienti. Poi questo ‘prioritariamente’ spiega la nostra volontà di non legarci le mani in maniera definitiva: sappiamo che ci sono chiavi di riparto di alcune spese condivise con la Confederazione che potrebbero essere modificate, altri meccanismi o l’esempio recente delle maggiori entrate della Banca nazionale che ci stanno dando un grosso aiuto a livello di consuntivo.

La porta all’aumento delle imposte quindi è chiusa a doppia mandata?

Sì. Da parte nostra assieme al non riversare alcun onere sui Comuni è stato inserito nell’emendamento che si escludono aumenti delle imposte. Non è perché non siamo in grado di risolvere la situazione che bisogna scaricare sui cittadini la nostra incapacità di sistemare le finanze.

È questo il motivo per cui il meccanismo del freno ai disavanzi, che agisce su entrate e uscite, non è per voi sufficiente?

C’è un principio generale nella costituzione che ci siamo giustamente dati, ma questo decreto non guarda solo ai disavanzi bensì ci spinge a ragionare criticamente sull’aumento della spesa. Guardando le cifre presentate dal Consiglio di Stato ci sembra coerente e possibile mettere un termine entro fine 2025, con tre anni di tempo, e soprattutto perché guardando il Piano finanziario presentato non rispetteremmo i parametri già a partire dal prossimo Preventivo. Serve più disciplina, perché se lasciamo andare avanti la situazione in questo modo i margini per investire e intervenire sui nuovi e necessari compiti sarebbero sempre più limitati e a livello di debito pubblico non vogliamo pesare eccessivamente sulle future generazioni.

Fermamente contrari all’aumento delle imposte però per voi un ritorno al 100% del moltiplicatore cantonale non sembra essere un tabù. È così?

Il discorso è un altro. Nel 2019, quando abbiamo votato la riforma fiscale, il Gran Consiglio ha dato anche il compito al governo di presentare una riforma della legge tributaria entro fine legislatura. Lo spazio di manovra per questa riforma, 60 milioni, è garantito dalla diminuzione transitoria del moltiplicatore. Quello che si andrà a fare è compensare integralmente questo ritorno al 100% con misure più mirate che riguardano una riforma della legge tributaria. Le proposte che noi come altri partiti abbiamo formulato vanno a inserirsi in questa compensazione.

Respinge quindi l’accusa da sinistra di voler compiere questa operazione per fare degli sgravi fiscali ai più ricchi?

Esatto, perché non è così. Abbiamo fatto quattro proposte trasversali: attirare i grandi contribuenti, legare il massimo deducibile per la cassa malati all’andamento del premio, facilitare il trapasso delle aziende di famiglia e sgravare l’edilizia green. Proposte che vorremmo venissero prese in considerazione nella revisione della legge tributaria, per un fisco ticinese più vicino a quello degli altri cantoni.

Nel caso non passasse il decreto, qual è il vostro Piano B per risanare i conti?

In ogni caso, sicuramente la prossima tappa è il Preventivo ’23, dove faremo un’analisi approfondita di quanto viene proposto perché la volontà del Consiglio di Stato è di limitare il disavanzo al massimo a 80 milioni. Inoltre vigileremo su tutti gli atti parlamentari che comportano aumenti di spese e i continui emendamenti proposti in aula che comportano costi e aumenti di personale. Ma, ripeto, non siamo qui per togliere il pane alle persone. Faccio l’esempio della prestazione ponte Covid: il Ps voleva farla diventare permanente. Noi abbiamo detto che le risorse ci sono se sono necessarie sulla base dei fatti.