È lo scopo di un piano strategico di sviluppo economico elaborato dall’Aiti. Oliviero Pesenti: ‘La crisi demografica, urgenza per la politica’
Disporre di un’analisi critica e dettagliata delle attuali condizioni così come il grado di competitività del territorio cantonale, con particolare riferimento a settore industriale, declinato anche a livello regionale. È questo uno degli obiettivi dello studio commissionato dall’Aiti (Associazione industrie ticinesi) all’Ire, Istituto di ricerche economiche dell’Università della Svizzera italiana. Da qui verificare il posizionamento strategico dell’industria, in particolare rispetto alla realtà del resto della Svizzera e dei territori di confine.
Perché uno studio sulla competitività dell’industria ticinese? «È per capire come la società sta affrontando delle fasi di cambiamento a livello economico e sociale. Penso ai cambiamenti tecnologici, ai bisogni formativi delle nuove generazioni e al compito di non lasciare indietro nessuno nelle trasformazioni sociali», spiega Oliviero Pesenti, presidente di Aiti. Serve quindi una bussola per capire come orientare lo sviluppo economico del Ticino. «E queste scelte devono essere fatte ora o negli anni immediatamente successivi. La crisi demografica è uno dei temi da affrontare urgentemente», ha affermato ancora il presidente dell’Aiti che ha ricordato alle istituzioni come «uno sviluppo economico equilibrato e lungimirante sia l’antidoto a un declino più o meno programmato della nostra economia e della società». Ma l’intento dell’Aiti non è solo quello di segnalare come è posizionato il settore industriale ticinese rispetto alla ‘concorrenza’ nazionale e internazionale. «L’idea, approvata lo scorso anno dall’assemblea di Aiti, è quella di elaborare un vero e proprio piano strategico di sviluppo economico del Cantone Ticino. Documento elaborato proprio in base ai risultati dello studio Ire e che verrà presentato pubblicamente nel dettaglio il prossimo 24 maggio per essere poi presentato all’assemblea dell’Aiti il 1° giugno (60esimo dell’associazione) e posto poi in consultazione presso le aziende associate. Il documento dovrebbe essere poi approvato da un’assemblea straordinaria che verrà convocata in autunno».
E veniamo allo studio dell’Ire realizzato da Moreno Baruffini e dalla professoressa Barbara Antonioli Mantegazzini, vicedirettrice dell’Ire. «Nessuna riforma può essere pensata o attuata senza conoscere le condizioni attuali del territorio», ha spiegato la professoressa Antonioli Mantegazzini. Dallo studio emerge un settore secondario ticinese che è simile, dal punto di vista quantitativo, a quello nazionale: circa il 24% del Pil. I dati si fermano al 2019. Seguendo la metodologia utilizzata, ovvero quella della teoria della complessità (maggiore complessità equivale a maggiore competitività, ndr), il Ticino non è posizionato in modo dissimile da altre regioni svizzere. Dal punto di vista della produttività, essa è sì inferiore alla media svizzera, con quella nordoccidentale (Basilea e Zurigo) che corre più di altre, ma dal 2017 è in netto recupero avvicinandosi al resto del Paese.
La situazione attuale (post Covid e guerra in Ucraina) non dovrebbe aver peggiorato i fattori competitivi. A preoccupare, hanno ricordato Oliviero Pesenti e il direttore di Aiti Stefano Modenini, è la scarsità delle materie prime e i costi in aumento dell’energia, ma non solo.