Lo chiede la mozione presentata da Fabrizio Sirica (Ps) e Marco Noi (Verdi), secondo cui i risvolti positivi sarebbero molteplici
Settimana lavorativa di 32 ore con salario pieno: il Consiglio di Stato realizzi uno studio empirico. A chiederlo è una mozione presentata dai deputati Fabrizio Sirica per il Partito socialista e Marco Noi per i Verdi, quali primi firmatari, e intitolata ‘Per più vita, migliore produttività, più parità: riduzione dell’orario settimanale di lavoro’.
Dall’ultima indagine dello stress percepito sul lavoro in Svizzera (Job Stress Index), annotano i mozionanti, è emerso che in media tre lavoratori su dieci (29%) soffrono di stress, con una situazione particolarmente preoccupante nei giovani fra 16 e 24 anni dove il tasso sale al 42%. Una situazione riscontrata anche a livello cantonale dal laboratorio di psicopatologia del lavoro.
C’è una evidente correlazione tra lo stress e l’orario di lavoro, e lo stress ha dei costi. La Segreteria dell’economia, sulla base di uno studio del 2003 aveva calcolato costi diretti e indiretti (giornate di malattia, la malattia di lunga durata, ma anche il forte turnover del personale che causano le condizioni di lavoro stressanti, con tutti i costi legati alla ricerca e alla continua formazione di personale) per un totale di 4,2 miliardi di franchi. La Fondazione promozione salute svizzera nello studio sul Job Stress Index, ha invece calcolato costi complessivi nel 2020 per circa 7,6 miliardi di franchi. Al contrario, una riduzione dell’orario di lavoro e una più forte attenzione alle condizioni di lavoro delle/dei dipendenti può portare a importanti benefici per salute e benessere ma anche per la produttività, come è stato rilevato in diversi studi in diversi Paesi.
Favorire la conciliabilità tra lavoro professionale e lavoro di cura, diminuire la disparità di genere
La riduzione dell’orario di lavoro al medesimo salario può favorire, per uomini e donne, la conciliabilità tra il lavoro e le responsabilità di cura e familiari, e qui si pensa non soltanto alla cura dei figli, ma in una società, quella ticinese, che vede l’età media sempre più alzarsi, sarà sempre più impellente la richiesta di sostegno da parte di genitori anziani.
Il ricorso al tempo parziale è una necessità che coinvolge sei donne su dieci, contro 1,8 uomini su dieci, ed esso riflette una necessità di tempo da dedicare al lavoro domestico e di cura. Il tempo parziale per le donne è un fattore di povertà, sia quando sono attive, sia quando andranno in pensione, d’altro lato in molti settori a prevalenza maschile il tempo pieno non è negoziabile.
Come mostrato da una ricerca effettuata da Autonomy, la riduzione della settimana lavorativa contribuirebbe a migliorare in modo significativo la situazione ambientale. In effetti durante la settimana lavorativa, quando le imprese funzionano a pieno regime, la domanda di energia è più alta. La ricerca mostra infatti come la riduzione della settimana lavorativa ridurrebbe l’impatto sull’ambiente. Nell’Ue la domanda di energia viene dapprima soddisfatta utilizzando fonti di energia rinnovabile e solo in un secondo tempo vengono utilizzate anche le fonti di energia non sostenibile.
I mozionanti propongono altresì di stanziare un credito, da inserire nella Legge per l’innovazione, per stimolare la partecipazione a questo studio anche da parte di aziende private. Questo con un duplice scopo: il primo di permettere di avere dati significativi anche in ambito privato, il secondo per stimolare un cambiamento culturale in seno ad aziende che, stimolate in questa prima fase da un sostegno economico, potrebbero aderire.