Del deputato leghista la mozione che chiede al Consiglio di Stato di attivarsi. Schnellmann: vanno effettivamente poste delle limitazioni
Audizione questo pomeriggio – da parte della commissione parlamentare ‘Ambiente, territorio ed energia’ – del granconsigliere leghista Sem Genini, vicepresidente della stessa, in merito alla mozione da lui presentata lo scorso anno sulla protezione dell’allevamento ovicaprino in Ticino dal lupo. In merito all’atto parlamentare, Fabio Schnellmann (Plr), membro della commissione e relatore, dichiara: «Trenta esemplari di lupo nel nostro piccolo cantone sono veramente troppi. Vanno poste delle limitazioni».
La mozione di Genini, che è anche segretario dell’Unione contadini ticinesi, si basa sul fatto che le misure di protezione proposte e in parte finanziate dalla Confederazione e dal Cantone – come l’allestimento di recinzioni elettrificate mobili, l’impiego di cani di protezione e la chiusure notturna delle greggi in stalla o in recinti a prova di lupo – sono risultate inefficaci, finanziariamente insostenibili e inconciliabili con la morfologia del territorio per molte aziende alpestri. Alla luce di questi motivi, la mozione, firmata da altri diciotto deputati di più partiti, propone al Consiglio di Stato di sollecitare il Consiglio federale affinché la richiesta di declassare il lupo da specie estremamente protetta a protetta, richiesta già inoltrata dal Consiglio federale al Comitato permanente della Convenzione di Berna (che garantisce al lupo il suo statuto di protezione), sia affrontata ed evasa positivamente. Propone inoltre al governo cantonale di chiedere al Consiglio federale di adattare la legislazione in vigore sulla caccia all’incremento del numero di lupi sul territorio, di ripristinare il Gruppo pronto intervento (provvisto di cani di protezione) in caso di attacchi, di definire tutti gli alpeggi caricati di ovini e caprini incustoditi "non proteggibili", di facilitare l’intervento in caso di attacchi tramite la definizione di differenti gradi di sensibilità del territorio al ritorno del lupo, di verificare l’applicabilità dei tiri di inselvatichimento (con l’utilizzo di proiettili di gomma) e di contenimento del lupo e, infine, di dare mandato a un istituto di ricerca di approfondire e sviluppare nuovi metodi di dissuasione del lupo. La mozione propone anche di aumentare l’aiuto finanziario del Cantone per sostenere maggiormente gli allevatori.
Gli obiettivi della Strategia Lupo Svizzera, che fa stato in materia di gestione della problematica, sono due, si ricorda nell’atto parlamentare: "Creare le premesse necessarie affinché i lupi in Svizzera possano vivere e riprodursi come parte di una popolazione alpina" e "impedire che la presenza del lupo comporti restrizioni inaccettabili nell’ambito dell’allevamento convenzionale e tradizionale di animali di reddito". Tuttavia le conclusioni dello studio commissionato da Confederazione e Cantone all’istituto di consulenza agricola Agridea in merito alle misure di protezione dei greggi alpestri non lascia molto spazio a dubbi sull’impossibile convivenza tra allevamento tradizionale ed esposizione dei grandi predatori in Ticino. Dallo studio risulta che "solo il 30% delle aziende visitate è in grado di proteggere efficacemente i propri animali senza adattamenti importanti" e che la maggior parte degli alpeggi (90% per quelli bovini e 60% per quelli ovini) sono troppo piccoli per potere finanziare un pastore.
A proposito dello "spettacolo sconcertante", come è stato definito da alcuni, inscenato martedì da un gruppo di allevatori della Vallemaggia, le cui greggi erano state nuovamente attaccate dal lupo, per protestare contro l’inefficacia delle misure di tutela del Cantone e contro l’inefficacia della politica di gestione dei predatori in Ticino, Schnellmann, contattato dalla ‘Regione’, osserva: «È stata una misura forte, non condivisibile da tutti. Ma bisogna mettersi nei panni degli allevatori per capire la loro frustrazione». Insomma, «stiamo vivendo un periodo difficile, durante il quale gli allevatori sono in grande difficoltà».
Miriam Genchev, portavoce del Gruppo Uomo e Biodiversità, condanna invece la protesta, giudicandola addirittura «illegale». Afferma imn una nota: «Chi non si occupa del proprio gregge, solitamente, è anche colui che subisce danni da predazione». Inoltre: «In Ticino tutti i casi segnalati sono risultati indifendibili da un punto di vista del risarcimento perché non rispettavano le norme di protezione di base», sostiene Genchev.
Intanto, come riferisce la Rsi, il Consiglio di Stato dovrebbe decidere sul destino del lupo che ha predato 17 pecore in alta Valle Maggia. E questo alla luce del rapporto, già allestito, dell’Ufficio caccia e pesca, che ha sentito Berna. Secondo il rapporto il numero delle prede, diciassette, è più che sufficiente per giustificare un possibile abbattimento. Per la legge ne bastano dieci.