Il Gran Consiglio con gli unici no di Mps e Pc sostiene l’investimento sul mercato di 700 milioni attraverso l’emissione di più tranche obbligazionarie
Il compromesso ha retto la prova dell’aula. Il Gran Consiglio ha dato ampissima luce verde, contrari solo Mps e Pc, al rapporto commissionale sul risanamento dell’Istituto di previdenza del Cantone Ticino (Ipct) che, dopo anni, trova quindi un compimento benché non definitivo. Nessun problema per il progetto che ha portato prima la sottocommissione ‘Finanze’ della commissione della Gestione, poi la Gestione stessa ad abbandonare l’idea di un versamento unico all’Ipct di 500 milioni di franchi e, invece, abbracciare la proposta di raccogliere sul mercato monetario 700 milioni attraverso l’emissione di una o più tranche obbligazionarie: questi capitali entreranno nella disponibilità dell’Ipct e saranno investiti a loro volta sul mercato azionario, rispettando i vincoli federali della Legge sulla previdenza professionale.
Quella sostenuta dal Legislativo è «una via ibrida, innovativa e veramente condivisa da tutte le parti» rileva il coordinatore della sottocommissione ‘Finanze’ e correlatore del rapporto Michele Guerra (Lega). Una via «che è ibrida perché non inietta più 500 milioni di franchi, soldi del cittadino, ma un anticipo remunerato dando alla cassa 700 milioni non presi dal contribuente. Ed è una soluzione innovativa – dice ancora Guerra –, perché tutela al massimo l’interesse di assicurati e contribuenti».
La correlatrice Alessandra Gianella, capogruppo del Plr, da un lato giudica il compromesso unanime della Gestione come «una buona notizia sullo stato di salute della nostra politica», soprattutto perché «le prossime generazioni dovranno rimborsare anche i nostri debiti finanziari». E va indietro con la memoria, a quei 500 milioni da iniettare, «una soluzione su cui si è proiettata l’ombra nera del referendum, e quindi messa in dubbio ancor prima di avvicinarsi al voto parlamentare». Ben venga quindi questa proposta, ma qualche puntino sulle i per Gianella va messo. A partire dal fatto che «dobbiamo ammettere come questa voragine finanziaria è figlia di una certa politica che spende i soldi senza occuparsi delle conseguenze a lungo termine: sono sicura che nessuno di noi desidera trovarsi fra 10 anni a ripetere questo dibattito. L’unico modo di evitarlo è ammettere a noi stessi che il buco dell’Ipct è stato causato dalla mancanza di attenzione per la sostenibilità finanziaria». Errore va da sé da non ripetere, per i liberali radicali.
Il terzo correlatore, il popolare democratico Fiorenzo Dadò, ricorda che quella raggiunta «è un’intesa tutt’altro che scontata», per un problema «la cui origine è sommariamente da ricercare nell’ignavia politica di chi ci ha preceduti, nell’irresponsabilità di chi non ha voluto correggere storture di cui hanno beneficiato in troppi». Il correlatore socialista, il capogruppo Ivo Durisch, al termine di un discorso molto tecnico e comunque di adesione al rapporto annota come «la soluzione dell’iniezione da 500 milioni sarebbe stata più equa», e che «il completo finanziamento dell’Ipct avverrà tramite il rendimento dei mercati finanziari, ma i miracoli sono rari: sia il mercato azionario, sia quello obbligazionario sono sotto forte pressione in questo momento. Ciò rischia di essere una combinazione esplosiva per le casse pensioni: senza dimenticare che resta aperta la questione del tasso di conversione».
Timori questi che non sembrano essere quelli dell’Udc, che con Sergio Morisoli (facente funzioni del correlatore Paolo Pamini, oggi assente) rileva come «si tratta di un buon compromesso, le simulazioni allestite dalla cassa pensioni ci dicono che i 700 milioni investiti per trent’anni dovrebbero essere sufficienti per mantenere il percorso del rifinanziamento entro il 2051».
La correlatrice dei Verdi, Samantha Bourgoin, è soddisfatta dal canto suo rivendica che «gli investimenti della cassa pensioni saranno più sostenibili ambientalmente, anche se siamo ben lontani dalla compatibilità climatica». E, come Durisch, ricorda che «il tema non va in archivio con questo voto, tra qualche mese dovremo affrontare la questione della riduzione del tasso di conversione delle pensioni, un tema da affrontare con responsabilità e urgenza».
Dopo tanta festa è il turno di Matteo Pronzini. Il deputato dell’Mps, prima che i suoi quattro emendamenti venissero bocciati in serie, rammenta ancora una volta come «il problema di oggi è figlio di scelte sbagliate fatte da voi e dai vostri partiti nel 2012 che si vogliono scaricare sugli assicurati». E sul fatto degli investimenti in Borsa è ancora più netto: «Credete che l’acqua si trasformi in vino, siete illusi e irresponsabili». Tesi ripresa, sebbene più pacatamente, da Maura Mossi Nembrini (Più donne) – «se c’è l’idea che sui mercati sia impossibile avere perdite viene da chiedersi come si sia arrivati a questo deficit» – e dal comunista Massimiliano Ay: «Posso capire che per evitare il ricatto della destra non ci si metta di traverso a questa soluzione, ma l’esposizione in titoli azionari è una scelta rischiosa e che non approviamo: è un compromesso da finanza creativa».
Per il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta, quella poi votata a schiacciante maggioranza dal parlamento è «una soluzione che porta un passo avanti nella giusta direzione, anche se non risolutivo come riconosciuto a molti interventi». Sugli investimenti nel mercato azionario riconosce che «ci sono rischi che è importante rilevare, se arriveranno risultati inferiori alle attese o ci saranno repentini crolli il rischio è che la cassa sarebbe esposta a delle perdite che andranno recuperate».