Il rendimento netto nello scorso anno è stato di 276 milioni. Rotanzi: ‘La soluzione di risanamento votata dal Gran Consiglio ha dei rischi’.
Un bilancio positivo per quanto riguarda il 2021, in attesa di tracciare la rotta definitiva da seguire nei prossimi anni. È questo, in estrema sintesi, quanto emerge dal rapporto di gestione 2021 dell’Istituto previdenza del canton Ticino (Ipct). «Il 2021 si è chiuso positivamente. Sia rendimento che grado di copertura sono aumentati. Per il 2022 la situazione è molto diversa, visto che obbligazioni e azioni sono in netto calo. I bilanci verranno fatti alla fine dell’anno, ma al momento le prospettive sono fosche» spiega Daniele Rotanzi, direttore dell’Ipct. Parlando in cifre: il patrimonio ha generato un rendimento netto positivo del 5,2% (nel 2020 era del 4,6%). Questo corrisponde a complessivi 276 milioni di franchi. Il grado di copertura è così salito al 69,6% anche se, spiega l’Istituto nel rapporto, "permane lievemente inferiore a quello originariamente previsto dal piano di finanziamento (70,9%)".
Ad aver fatto discutere nell’ultimo anno è stata soprattutto la vicenda legata al risanamento dell’Ipct, con il Gran Consiglio che ad aprile ha approvato l’investimento sul mercato di 700 milioni attraverso l’emissione di più tranche obbligazionarie. Un compromesso – il messaggio originale prevedeva infatti un versamento unico di 500 milioni di franchi – che non ha pienamente soddisfatto i vertici dell’Ipct: «Una soluzione di risanamento che non ha costi non è una vera soluzione di risanamento. La soluzione funziona in teoria sul lungo termine se le cose vanno bene, ma proprio il 2022 ci sta mostrando i rischi di questa operazione. Se a inizio anno avessimo investito del capitale in azioni ci troveremmo ora con il 15-20% in meno» afferma Rotanzi.
«Di fatto la soluzione proposta ha trasferito tutti i rischi dal Cantone alla cassa pensioni. Va bene nella misura in cui tutto aiuta, ma non sarà certo questo che cambierà in modo sostanziale la situazione finanziaria dell’Ipct» sottolinea il direttore. La soluzione ideale indicata dall’Ipct era il versamento di 500 milioni a fondo perso. «Quello sarebbe stato il vero contributo di risanamento» ribadisce Rotanzi.
Lo sguardo è comunque rivolto al futuro. L’Ipct, si legge nel rapporto, "tenuto conto della situazione finanziaria complessiva delle casse di previdenza e dell’attuale livello del tasso tecnico (1,50%), il Consiglio di amministrazione ha deliberato che il tasso di conversione sarà ridotto gradualmente, partendo dall’attuale tasso del 6,17% (a 65 anni), sino ad arrivare a un tasso che sarà prevedibilmente del 5%". Le riduzioni entreranno in vigore dal 2024 mentre sono ancora in corso le discussioni relative al percorso di adattamento scalare del livello dei tassi di conversione.
«Le misure di compensazione sono legate alla riduzione dei tassi di conversione, che devono essere diminuiti in ogni caso. Lo si sta facendo ovunque in Svizzera» dice a ‘laRegione’ Rotanzi. Ma quali sono i motivi i questa misura? «Le aspettative di vita e in particolare i rendimenti attesi sui capitali non sono più gli stessi di 10 o 15 anni fa quando sono stati fissati». Quali sono quindi le misure di compensazione che si possono mettere in campo? «Tutti i grandi datori di lavoro – inclusi quelli sia pubblici che privati – quando c’è una riduzione del tasso di conversione la accompagnano con misure di compensazione. Per esempio un aumento dei contributi sia a carico del datore di lavoro che dei dipendenti oppure una remunerazione supplementare degli averi di vecchiaia se la situazione finanziaria della cassa lo permette».