Il Gran Consiglio dà il via libera unanime alla mozione di Ghisletta (Ps), ultima parola al popolo. Nötzli (Federazione sordi): ‘Commossa e soddisfatta’
Applausi in aula, felicità immensa nelle tribune del pubblico e tanti occhi lucidi. Come quelli di una commossa Alexandra Nötzli, direttrice regionale della Federazione svizzera dei sordi (Sgb-Fss), che assieme a una ventina di persone con disabilità, tra cui anche dei sordi, ha appena assistito al voto unanime con cui il Gran Consiglio ha approvato l’inserimento nella Costituzione cantonale del riconoscimento della lingua dei segni italiana e dei diritti delle persone con disabilità. Raggiunta dalla ‘Regione’ per un commento a pochi istanti dal via libera del parlamento, con soddisfazione afferma che «è davvero un effetto da pelle d’oca, mi sento davvero benissimo». Non se lo aspettava un sostegno così forte? «No, non me lo aspettavo – replica la responsabile per la Svizzera italiana della Sgb-Fss –, mi aspettavo due voti contrari dall’Udc, ma non sono arrivati, come non ci sono state neanche astensioni. Sono molto contenta».
Inevitabile davanti a un successo così importante, la memoria va indietro a tutto il percorso fatto per raggiungere questo risultato: «La tensione oggi era davvero alta, perché i preparativi sono cominciati cinque anni fa quando siamo partiti con il lavoro di sensibilizzazione e sono iniziati i primi scambi di idee con alcuni politici. Ed è iniziata pure la collaborazione con Raoul Ghisletta». E un motivo di orgoglio è che «finalmente ci è stata data la possibilità di parlare. Non soltanto a me, ma anche a persone direttamente interessate. Un fatto molto positivo, perché c’è molta più concretezza quando a esprimersi sono loro».
Un voto unanime, quello del Gran Consiglio. Di «giorno importante ed emozionante» parla anche il mozionante, Raoul Ghisletta (Ps). Per il deputato socialista si tratta di «un passo decisivo per raggiungere il ristretto numero di cantoni che riconoscono nella costituzione una lingua dei segni nazionale, e anche per migliorare il loro accesso a istituzioni, servizi socio sanitari, formazione, mondo del lavoro». Questo perché «si riconosce il principio dell’autonomia e l’inclusione delle persone con disabilità nell’ambito sociale, della formazione, professionale, politico, sportivo, culturale».
Gli fa eco la relatrice del rapporto commissionale, la popolare democratica Sabrina Gendotti, secondo la quale «la lingua dei segni è lingua a sé, equivalente a lingua parlata. In Svizzera per circa 10mila audiolesi è la prima lingua, il suo riconoscimento è fondamentale». Nel 2014, ricorda Gendotti, «la Svizzera ha ratificato la Convenzione dell’Onu per i diritti delle persone con disabilità, impegnandosi a eliminare gli ostacoli che incontrano i disabili, proteggerli dalle discriminazioni, promuovere le pari opportunità e l’entrata nella società civile». Ma nonostante ciò «esistono ancora barriere architettoniche, come le discriminazioni sul lavoro e altri problemi». Inserire nella Costituzione questo articolo è lo «step successivo di un lungo e tortuoso percorso che ha come obiettivo l’inclusione nella società. L’ultimo passo sarà traslare il tutto nelle leggi di applicazione cantonale, compito che il governo ha già indicato di voler svolgere».
Questo riconoscimento per Roberta Passardi «è un crocevia storico per la piena inclusione dei sordi e per l’abbattimento delle barriere alla comunicazione, per l’accessibilità, per la libertà di scelta linguistico-comunicativa dei sordi e primo passo per garantire tutti i loro diritti alla cittadinanza». E dimostra pure, prosegue Passardi, quanto «la lingua dei segni ha un forte senso di appartenenza e identità, sofferenze e ingiustizie subite in passato sono anche conseguenza della svalutazione di questo importante punto di partenza. La partecipazione a pieno titolo a una società eterogenea arricchisce una Svizzera aperta».
Per il Ppd Maddalena Ermotti-Lepori pone l’accento sul fatto che «l’inclusione delle persone disabili è un obiettivo di civiltà, anche per quanto riguarda l’accesso alla formazione nella loro lingua madre, quella dei segni, per i bambini sordi».
«Felice ed emozionato» è il deputato Ps e direttore cantonale di Pro Infirmis Danilo Forini. Perché «si tratta del diritto a vivere una vita autonoma e all’autodeterminazione per tutti i cittadini». La disabilità, insiste Forini, «non nasce solo da una mancanza dell’individuo, ma anche dal contesto. Basti pensare alle barriere architettoniche, che rendono impossibile muoversi a molte persone». Non solo. «Una delle caratteristiche della disabilità è l’invisibilità, ma essere inclusi nella società e nella vita in generale non è come iscriversi a un club privato: quello che facciamo oggi è un cambio di approccio davvero notevole e di cui sono fiero e orgoglioso».
È un sì molto meno entusiasta degli altri quello dell’Udc, che con Roberta Soldati riconosce che «abbattere ogni barriera che possa impedire la comunicazione di persone con problemi uditivi significa permettere loro di partecipare attivamente alla vita comunitaria e politica», ma i democentristi ritengono che «non si debbano attendere le tempistiche dell’entrata in vigore di questo articolo costituzionale, non siamo privi di strumenti legislativi a sostegno di questo obiettivo e a volte bastano buona volontà e buon senso».
«Le persone sorde o con deficit uditivo sono innanzitutto persone e hanno diritto di esistere, essere membri attivi della vita pubblica, privata, culturale, formativa e lavorativa» afferma per i Verdi Samantha Bourgoin. Votare questo riconoscimento e in generale i diritti di persone con disabilità «è un semplice segno di civiltà, accoglienza, del riconoscere all’altra o all’altro il semplice diritto di esistere e di essere autonomo. Dovrebbe essere scontato, non lo è ancora, quindi ben venga il suo inserimento nella Costituzione cantonale».
Per Tamara Merlo (Più donne) «di fronte alla disabilità è compito di ognuno eliminare o ridurre ostacoli che impediscono o limitano il diritto di essere cittadine e cittadini con pienezza», mentre la comunista Lea Ferrari spiega che con questo voto il Gran Consiglio fa fare «un passo da giganti, ma lunga è la strada della sensibilizzazione e tanta è ancora la strada da fare. Con rispetto e ascolto avremmo già abbattuto la metà degli ostacoli tra udenti e non udenti».
Di «vero, autentico cambio di paradigma» parla il direttore del Dipartimento sanità e socialità Raffaele De Rosa. Nel senso che «con questo articolo costituzionale la persona con disabilità non sarà più chiamata a doversi adeguare ai mezzi di comunicazione degli enti pubblici, ma saranno questi ultimi a dover garantire un’adeguata comunicazione». Con la proposta di modifica costituzionale sarà anche il popolo a esprimersi, e questa per De Rosa «è un’occasione privilegiata per coinvolgere la popolazione intera e farla riflettere su questo tema specifico: l’inclusione e la parità nell’esercizio dei diritti fondamentali della persona, quali ad esempio il diritto all’accesso all’informazione». Insomma, per il direttore del Dss si tratta di «un segnale politico molto forte in favore delle pari opportunità, dell’inclusione, della partecipazione e dell’accessibilità».