L’iter di ratifica dell’intesa tra Svizzera e Italia è a buon punto a Berna, appena all’inizio nel parlamento italiano
Se ne parla da così tanti anni che, quasi, si è perso il conto del periodo passato, anche perché sembrava fatta nel dicembre 2015, periodo in cui Italia e Svizzera avevano firmato l’accordo sulla nuova imposizione fiscale dei lavoratori frontalieri. Si attendeva solo il passaggio nei due parlamenti, chiamati a ratificare l’accordo, per renderlo operativo. E se in Svizzera tutto è filato liscio o quasi (se ne occuperà il Consiglio nazionale durante la prossima sessione, ndr), in Italia tutto è finito in niente, tanto da portare a una riscrittura della nuova imposizione fiscale.
Il 23 dicembre 2020 Italia e Svizzera hanno firmato il nuovo accordo con l’impegno di farlo entrare in vigore il 1° gennaio 2023. Per rispettare questa scadenza sul versante svizzero l’iter di ratifica è in dirittura di arrivo. A Roma l’inizio del cammino parlamentare è appena cominciato. A darne notizia è Alessandro Alfieri, senatore varesino del Pd, incaricato dal governo di seguire i problemi transfrontalieri e tenere i contatti con le autorità svizzere. "Nella giornata di venerdì nelle commissioni Esteri e Finanze del senato è ufficialmente iniziato l’iter parlamentare di ratifica dell’accordo, già passato al vaglio del governo, in occasione dell’approvazione della legge di bilancio". Il senatore dem, nella giornata di sabato, a Lavena Ponte Tresa, dove ha incontrato i sindaci dell’alto Varesotto ha affermato: "L’accordo fiscale tra Italia e Svizzera che verrà votato dal parlamento entro la primavera tutela i territori di confine, gli interessi dei frontalieri e delle loro famiglie. È il miglior patto possibile perché regola e supera tutti i compromessi del passato. Di fatto è il primo esempio di federalismo fiscale in Italia".
In riva al Ceresio, la seconda tappa del tour di ascolto, dopo il primo incontro di Maccagno con Pino e Veddasca e della Valdumentina, il senatore Alfieri ha tranquillizzato gli amministratori locali: "Dopo anni di dibattiti e anche di intese controverse, come quella del 2015, finalmente sta per essere approvato un accordo economico che regola le entrate finanziarie di questi territori. Nello specifico non solo sarà garantito il sistema dei ristorni per i Comuni, ma anche tutto quello che arriverà in più rimarrà agli enti locali. Inoltre, è stato istituito un fondo fiscale per le infrastrutture e per lo sviluppo economico-sociale". Alfieri in qualità di relatore della legge ha chiesto e ottenuto che in occasione della seduta del prossimo 8 marzo vengano ascoltati i sindacati italiani e svizzeri e i rappresentanti dell’Associazione dei Comuni italiani di frontiera, presieduta dal sindaco di Lavena Ponte Tresa Massimo Mastromarino.
Trattandosi di un tema, quello delle nuove tasse dei frontalieri, che coinvolge non meno di 90mila lavoratori e diverse decine di Comuni di frontiera i cui bilanci in buona parte stanno in piedi grazie ai ristorni, Alfieri nelle prossime settimane continuerà a incontrare i rappresentanti delle forze sociali e gli amministratori locali delle aree di confine. Un’occasione per illustrare la nuova imposizione fiscale dei frontalieri destinata a mandare in soffitta, dopo quasi mezzo secolo l’accordo del 1974 che prevedeva il pagamento delle tasse solo in Svizzera. Il disegno di legge che venerdì scorso ha iniziato l’iter parlamentare, in estrema sintesi, per gli attuali frontalieri non prevede sostanziali modifiche. Sino al 2033 continueranno da parte svizzera i versamenti dei ristorni. Sarà poi lo Stato italiano a finanziare i Comuni aggrappati alla ramina. Differente sarà la tassazione per i frontalieri assunti in Svizzera, dopo l’entrata in vigore del nuovo accordo. Questi lavoratori saranno imposti fiscalmente in Svizzera con una quota che non potrà eccedere l’80 per cento. L’Italia (ed è questa la grande novità), potrà tassare a sua volta i futuri frontalieri.