Nell’amministrazione pubblica sarà possibile segnalare, anche anonimamente, pratiche ritenute scorrette
Il Cantone Ticino, al pari della Confederazione, si è dotato di una legislazione che introduce il diritto di segnalazione – anche anonima – di irregolarità in seno all’amministrazione pubblica, sia essa cantonale o comunale. A larghissima maggioranza il Gran Consiglio ha dato il via libera a due disegni di legge in tale senso: 74 favorevoli, nessun contrario e tre astenuti. Un diritto da affiancare all’obbligo già vigente di denuncia di reati penali. Si entra quindi nel campo di quella pratica nota a livello internazionale come di ‘whistleblowing’. Di coloro, cioè, che venuti a conoscenza di pratiche amministrative errate o addirittura corruttive, osano ‘soffiare nel fischietto’ per attirare l’attenzione e impedire danni maggiori per l’amministrazione. È questa, infatti, la traduzione dall’inglese di ‘whistleblower’. Ora questa possibilità è data anche in Ticino e come ha spiegato il relatore, il socialista Nicola Corti, «la modifica legislativa è tesa a innescare un cambiamento culturale nelle amministrazioni pubbliche, non per favorire la mera delazione o un clima di sospetto, ma per migliorare la qualità lavorativa al loro interno e dunque la qualità del servizio all’utenza». Per il presidente del Consiglio di Stato Manuele Bertoli la soluzione trovata in seno alla commissione di abilitare un ristretto gruppo tecnico a ricevere le segnalazioni è stata definita «pragmatica» anche se non esclude a priori «possibili denunce mendaci». «Solo il tempo e l’applicazione ci diranno se è una buona soluzione», ha affermato.
Il dibattito è stato animato dalla discussione attorno a una decina di emendamenti – quasi tutti respinti – presentati dal gruppo politico Mps-Pop-Indipendenti. In particolare Matteo Pronzini (Mps) chiedeva che si esplicitasse il divieto di licenziamento per coloro che denunceranno pratiche amministrative scorrette, mobbing o molestie sessuali. Il caso dell’ex funzionario Dss condannato per reati sessuali è stato evocato da Angelica Lepori (Mps). Contrario a questa esplicitazione Nicola Corti che a nome della Commissione costituzione e leggi ha affermato che questo divieto è di fatto contemplato dal fatto che nell’articolo si parla chiaramente che questo non deve andare a detrimento della propria situazione professionale. Dubbi interpretativi sono stati avanzati anche da Lorenzo Jelmini (Ppd) e Tamara Merlo (Più donne). Il parlamento ha seguito le indicazioni del relatore Corti respingendo l’emendamento ritenuto «tautologico e mal formulato». Successo ha invece avuto un’altra proposta (41 sì, contro 34) dell’Mps sull’obbligo di rendiconto annuale da parte del Consiglio di Stato di tali segnalazioni.
All’inizio della seduta il parlamento ha anche votato la trattazione d’urgenza dell’applicazione della modifica costituzionale che introduce l’istituto del referendum finanziario semiautomatico. Modifica accettata dal popolo lo scorso settembre. E questo senza attendere la garanzia da parte del Consiglio federale. «Trattandosi della modifica di una legge ordinaria, non è necessario attendere la garanzia federale», ha spiegato il deputato popolare democratico Maurizio Agustoni. Motivazioni che non hanno convinto la sinistra dell’emiciclo parlamentare che ha tentato invano di spostare la discussione all’ordine del giorno del prossimo gennaio.
Il Gran Consiglio ha anche rimandato al mittente tre mozioni che chiedevano interventi più incisivi da parte del Cantone nella politica degli alloggi. Raoul Ghisletta (Ps), autore di due atti parlamentari risalenti una decina di anni, chiedeva il varo di una legge cantonale sulla trasformazione e sulla ristrutturazione degli alloggi e incentivi finanziari per Comuni e altri enti attivi nella politica degli alloggi. «In Ticino solo lo 0,8% degli stabili è gestito da enti di utilità pubblica. A livello svizzero questa quota è del 5%. Sarebbe un modo per sottrarre spazi alla speculazione e abbassare i prezzi di mercato degli affitti» ha ricordato facendo l’esempio della Città di Lugano che recentemente ha contribuito alla costituzione di una cooperativa per l’alloggio. «Anche il cantone può fare la sua parte mettendo a disposizione dei fondi per promuovere gli alloggi sociali». Nulla da fare anche per una proposta di Massimiliano Ay (Pc) che rifacendosi al modello ginevrino chiedeva di affittare a prezzi agevolati appartamenti sfitti da oltre 12 mesi.
Per il relatore di maggioranza Giorgio Galusero (Plr) «bisogna attendere le risultanze dello studio Supsi. Improvvisare soluzioni adesso è difficile. Non dimentichiamo che abbiamo uno sfitto ai massimi storici». Contrari alle proposte di Ghisletta e Ay anche il Ppd con Paolo Caroni. «Il tasso di sfitto è elevato, al 2,83% e la grande offerta di alloggi presenti sul mercato fa adeguare i canoni di locazione al ribasso», ha ricordato il deputato popolare democratico. Inutile la difesa del rapporto di minoranza da parte di Gina La Mantia (Ps): «Ci sono sì tanti alloggi sfitti, ma sono nuovi e cari. Un coraggioso piano di intervento pubblico sarebbe un passo giusto per il bene collettivo. Il Cantone potrebbe anche concedere il diritto di superficie a enti di pubblica utilità come le cooperative di abitazione». Minoranza sostenuta anche da Nicola Schoenenberger (Verdi), Matteo Pronzini (Mps) e Maura Rossi Nembrini (Più donne).
Il consigliere di Stato Raffaele De Rosa, pur comprendendo le ragioni della minoranza, ha ricordato che il neonato centro di competenza Supsi sull’alloggio sta raccogliendo i dati sul mercato. Solo quando saranno noti sarà possibile chiarire come intervenire. D’altro canto la società Alloggi Ticino Sa che gestisce circa mille appartamenti a pigione moderata è una delle leve in mano al Cantone per cercare di regolare il mercato.