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‘Contro la mafia si agisca subito con multe salate, ecco come’

Iniziativa parlamentare di Dadò e Aldi. ‘Si sfrutti il margine concesso ai Cantoni dal Codice penale: Modifichiamo la legge sull’ordine pubblico’

Ti-Press
19 novembre 2021
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Sulle infiltrazioni della ’ndrangheta in Ticino la politica cantonale, o una parte di essa, non vuole stare più alla finestra. Si interroga, interroga, propone. Soprattutto dopo le recenti operazioni antimafia condotte dalle autorità italiane e svizzere volte a disarticolare la cosca Molè e sfociate in numerosi arresti. Arresti avvenuti per la maggior parte in Italia, ma anche in Ticino – due cittadini italiani finiti in manette nel Luganese dove risiedevano, con permesso di lavoro – e in altri cantoni. È di queste ore un’iniziativa parlamentare (elaborata) del popolare democratico Fiorenzo Dadò e della leghista Sabrina Aldi: i due deputati al Gran Consiglio chiedono di inserire nel diritto ticinese, e precisamente nella Legge sull’ordine pubblico, una salatissima “contravvenzione di polizia che renda punibile a livello cantonale in generale l’associazione per delinquere e quella di stampo mafioso, come da anni è previsto nel diritto italiano”. Contravvenzione variabile tra i 100mila e i 10 milioni di franchi. Perché gli iniziativisti partono da un fatto ineludibile: “In Svizzera e soprattutto in Ticino stanno aumentando i casi di infiltrazioni mafiose o comunque di associazioni per delinquere nel senso dei reati previsti all’articolo 416 e dall’articolo 416bis del Codice penale italiano”. Con un problema, però: “In Svizzera quel titolo di reato non esiste”. Per alcuni reati, scrivono Dadò e Aldi, “è prevista l’aggravante della banda, mentre il diritto elvetico prevede all’articolo 260ter il reato di organizzazione criminale”.

Sufficiente? Per niente. Perché per i due deputati “a una lettura superficiale si potrebbe essere indotti a credere che l’organizzazione criminale svizzera sia il corrispettivo dell’associazione per delinquere italiana, ma non è così”. Perché, si continua a leggere nel testo dell’iniziativa, “per l’adempimento dell’articolo 260ter non è sufficiente dimostrare la presenza di un gruppo dedito alla commissione di reati (e la sua semplice partecipazione), ma occorre perlomeno l’esistenza di ‘un’organizzazione che tiene segreti la struttura e i suoi componenti e che ha lo scopo di commettere atti di violenza o di arricchirsi con mezzi criminali’”. Insomma, in Svizzera “l’appartenenza o la partecipazione in quanto tale a una banda dedita a commettere reati non è ancora per sé stante punibile, ma occorre sempre dimostrare i singoli reati”, sottolinea il testo dell’iniziativa. Oppure, “bisogna dimostrare che tale congrega tenga segreti la struttura e i suoi componenti, il che non è immediatamente evidente e comporta ingenti spese di inchiesta”.

E allora, che fare? “Il diritto penale è di massima di competenza della Confederazione”, ricordano Dadò e Aldi. Tuttavia, il Codice penale afferma all’articolo 335 capoverso 1 che “ai Cantoni rimane riservata la legislazione sulle contravvenzioni di polizia, che non sono regolate dalla legislazione federale”; al capoverso 2, invece, che “possono comminare sanzioni per le violazioni delle disposizioni cantonali in materia di amministrazione e procedura”. L’impianto pare quindi sufficientemente solido per ribadire che queste contravvenzioni rappresenterebbero “una prima risposta, semplice, chiara e mirata atta a combattere tutte le persone” che considerano “il Canton Ticino come piazza e isola felice per i loro traffici”. Inserendo questa base legale cantonale, in attesa di provvedimenti più pesanti – “e si chiede di presentare anche un’iniziativa cantonale alle Camere federali” – stando ai due granconsiglieri è possibile già da subito “attivare le facoltà indagatorie del Ministero pubblico (cantonale e della Confederazione) e migliorare i margini di manovra dell’autorità inquirente; permettere comunque di confiscare i proventi del reato; facilitare la collaborazione internazionale dal momento che esiste una reciprocità nella punibilità per lo meno cantonale; di disporre di una norma ampiamente collaudata in base alla prassi della Suprema Corte di Cassazione italiana”.

Contravvenzioni, quindi. Con cifre che viaggiano dai cinque ai sette zeri. Nel disegno di legge inoltrato assieme all’iniziativa, la proposta è che “per il solo fatto di partecipare all’associazione, la pena della multa è fino a 100mila franchi”. Si sale a un milione di franchi per “chiunque fa parte di un’associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone”. Invece, “coloro che promuovono, dirigono o organizzano l’associazione sono puniti con la multa fino a 10 milioni di franchi”.

Galusero: dobbiamo sviluppare gli anticorpi

«Come ex poliziotto e soprattutto come cittadino, provo un sentimento di frustrazione quando i magistrati italiani ci dicono di aprire gli occhi, perché hanno ragione. Dobbiamo svegliarci, prima che sia troppo tardi!», sbotta Giorgio Galusero. Il granconsigliere del Plr e già ufficiale della Polizia cantonale allude all’intervista che Alessandra Cerreti, pm della Dda di Milano, ha rilasciato alla ‘Regione’ (vedi l’edizione di mercoledì). «È vero, il problema da noi è anche culturale, come sostiene Cerreti – osserva Galusero –. Tutti, cittadini compresi, dobbiamo allora prestare maggiore attenzione a ciò che si muove sul nostro territorio e quando si nutrono forti sospetti questi vanno segnalati alle autorità. Le associazioni di categoria dovrebbero fare di più per evitare infiltrazioni, chiedendosi se certi investimenti – per esempio nell’edilizia, nella ristorazione o nell’immobiliare – siano plausibili. Insomma, è anche la società civile che deve sviluppare gli anticorpi». Non solo: «I Comuni e i rispettivi Corpi di polizia dovrebbero, ritengo, incrementare i controlli per quel che riguarda il movimento della popolazione e certe realtà economiche locali». Per Galusero «è inoltre da intensificare lo scambio di informazioni tra uffici dell’Amministrazione – fisco, registro, lavoro – e la Polizia cantonale. Bisogna creare una rete e una banca dati veramente efficienti». Infine: «Lo ribadirò in Gran Consiglio quando a breve si discuterà del Preventivo 2022: Dipartimento istituzioni e Comando della Polizia cantonale devono destinare maggiori risorse, in primis umane, al lavoro di intelligence. Al Nucleo compiti speciali della Cantonale va attribuito quindi un numero adeguato di agenti perché possano operare con efficacia sul terreno e in collaborazione con gli inquirenti degli altri Paesi. La lotta alle infiltrazioni mafiose è oggi una delle priorità dell’azione di polizia».

Gobbi: controlli, affinare sempre di più la collaborazione con i Comuni

A far sentire la propria voce sul recente arresto di un 59enne e un 42enne nel Luganese è anche il direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi, che interpellato dalla ‘Regione’ annota come «l’inchiesta che ha condotto agli ultimi arresti è indicativa dell’importanza di avere sinergie tra autorità inquirenti a livello intercantonale e a livello internazionale». Di più, «dimostra pure la capacità dell’autorità di intercettare questi fenomeni criminali e i passi positivi che sono stati compiuti per tentare di arginare il fenomeno mafioso. Anche se lo sappiamo – prosegue Gobbi –, chi delinque è un passo avanti perché, contrariamente all’autorità, non rispetta le leggi». I due arrestati erano cittadini italiani con regolare permesso di lavoro, e il controllo è fondamentale. C’è qualcosa che si può migliorare? «Non giriamoci troppo intorno – replica Gobbi –, gli Accordi bilaterali e le relative legislazioni oggi pongono dei problemi se pensiamo alla necessità di controlli preventivi accresciuti in ambito di permessi di soggiorno per evitare la presenza di persone legate alla criminalità organizzata». A confermare questa criticità «è la giurisprudenza del Tribunale federale, anche attraverso recenti sentenze». Ma attenzione, «non per questo i controlli non verranno più effettuati. Anzi, la collaborazione con i Comuni, per le loro conoscenze di prossimità, e con altre unità amministrative del Cantone dovrà essere affinata sempre meglio».

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