Ticino

Dopo l’emergenza, servirà un ‘nuovo liberismo’

Il tema della ripresa economica post Covid è stato affrontato durante il tradizionale forum autunnale della Federazione ticinesi dei fiduciari

Da sinistra: Giovanni Barone Adesi, Christian Vitta, Cristina Maderni e Riccardo Braglia
11 novembre 2021
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L’incertezza, nonostante la ripresa economica in atto, aleggia sul prossimo futuro. L’emergenza Covid si sente ancora sia a livello nazionale, sia internazionale e i problemi logistici nel campo delle materie prime, le pressioni inflazionistiche e il probabile aumento dei tassi d’interesse. Tutti temi toccati durante il tradizionale Forum della Federazione ticinese delle associazioni di fiduciari (Ftaf) svoltosi oggi pomeriggio a Lugano. Un forum, quindi, dedicato alle molte sfide e incognite con cui la ripresa in atto si trova confrontata.

Nella sua relazione introduttiva la presidente della Ftaf Cristina Maderni ha citato i fattori di incertezza. Ha riconosciuto il ruolo dei 2,5 miliardi di franchi iniettati nell’economia cantonale, ma anche i problemi logistici di mancate consegne che le imprese si trovano ad affrontare, gli aumenti dei prezzi di materie prime e componenti, le pressioni inflazionistiche e i potenziali aumenti dei tassi d’interesse. Il tutto, fra interventismo statale ma «ruolo determinante degli imprenditori privati in un’ottica di ‘nuovo liberismo’, con il supporto che la professionalità e la dedizione delle diverse categorie di fiduciari può recare. Da auspicare meno burocrazia e maggiore flessibilità da parte dell’apparato pubblico», ha ricordato Maderni.

Da parte sua Christian Vitta, consigliere di Stato e direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia (Dfe) ha ricordato l’importante sostegno all’economia nella fase pandemica, attraverso indennità per lavoro ridotto, perdita di guadagno, garanzie di credito e gli interventi per i casi di rigore, che hanno visto fra l’altro il coinvolgimento diretto della Ftaf e dei revisori. Soffermandosi sui piani di innovazione, ha citato l’adesione alla Great Zurich Area (Gza), lo Swiss Innovation Park e i progetti relativi ai droni (a Lodrino), alle scienze della vita, alla High Tech legata alla blockchain, rivolta anche ai settori alimentari e della moda, il programma di economia circolare e la collaborazione con il progetto Mind, centrato a Milano nell’ex-area Expo2015. Fra i programmi dell’Amministrazione l’estensione delle soluzioni digitali e, sul fronte fiscale, una valutazione dell’imposizione delle persone fisiche e delle successioni. Incentivati anche gli investimenti in start-up.

La voce del mondo imprenditoriale è venuta da Riccardo Braglia, Vice-presidente e Ceo del Gruppo Helsinn che, ripercorrendo la storia della società, riuscita nel tempo a trasformare momenti critici in opportunità di sviluppo, ha enfatizzato il ruolo dell’innovazione aziendale quale creatrice di ricchezza. Ha citato la tassazione agevolata (12,5%) che l’Irlanda riserva alle imprese innovative che generano posti di lavoro, il credito fiscale sulle spese di R&D (esempio Irlanda 25%), stigmatizzando invece l’elevata tassazione ticinese sulla sostanza, rispetto ad altri Cantoni. Per Braglia, poi, i quadri normativi dei Paesi avanzati dovrebbero favorire una più rapida applicazione delle innovazioni scientifiche e tecnologiche. In campo sanitario i dati andrebbero protetti ma condivisi in forma digitalizzata, orientando l’assistenza sanitaria più sul valore che sui semplici volumi di prestazioni, puntando in particolare sulla diagnosi precoce e sulla prevenzione, e costruendo catene di approvvigionamento resilienti in caso di crisi. Infine, va valorizzata la cultura del lavoro, anche duro, del rispetto dei doveri e del risparmio, oggi spesso trascurata «a favore di un assistenzialismo pubblico da riservare piuttosto alle situazioni di vera emergenza». Da non sottovalutare, per Braglia, la questione della carenza energetica, frutto anche di una «certa miopia e ipocrisia iperecologistica, della demografia e dell’emigrazione, cui si lega una potenziale crisi in campo sanitario e pensionistico».

Lo scenario macroeconomico è stato tracciato da Giovanni Barone Adesi, docente di teoria finanziaria presso l’Università della Svizzera Italiana (USI), che ha anche ricordato l’avvio, presso l’USI stessa, della nuova Facoltà di Medicina. In una fase pandemica che sembra avviata verso la conclusione, non tutto tornerà come prima in termini di organizzazione aziendale. La Svizzera è ben posizionata entro il nuovo scenario, ma non mancano le ombre, ad iniziare dalla crisi che affligge il suo partner principale, l’Unione Europea, “perdente” a livello geopolitico nei confronti della Russia, del Nord Africa e della Turchia, per arrivare alle difficili relazioni, non soltanto commerciali, fra Stati Uniti e Cina che potrebbero modificare i processi di globalizzazione già avviati e consolidati. Il quadro risulta complicato dai problemi che la transizione energetica pone.

Se negli Usa la fragilità della maggioranza congressuale democratica consentirà una svolta nella politica monetaria, l’Europa difficilmente potrà invece deviare da una massiccia monetizzazione del debito pubblico, nonostante le pressione inflazionistiche. Barone Adesi ha citato il celebre detto keynesiano “scaviamo buche per poi ricoprirle”, riferito al gonfiare la spesa pubblica «per indirizzare ampie risorse verso le proprie clientele». Ciò pone un dilemma alla Svizzera: lasciare apprezzare il franco verso l’euro oppure importare l’inflazione europea. Al di là dei confini continentali anche la Cina rallenta la corsa e forse l’India ne prenderà il posto, ma il processo richiederà molti anni.