Lo chiede un’iniziativa generica, trasversale all’arco parlamentare, con prima firmataria Maddalena Ermotti-Lepori del Ppd
“Lasciare l’autonomia ai Comuni nella determinazione, sia della tassa sul sacco, sia della tassa base”. È quanto proposto da un’iniziativa parlamentare generica, firmata da una quindicina di granconsiglieri di quasi tutto l’arco parlamentare, presentata da Maddalena Ermotti-Lepori (Ppd). Secondo gli iniziativisti, che hanno colto uno spunto in tal senso dell’associazione Okkio, le norme cantonali di applicazione della Legge federale sulla protezione dell’ambiente hanno sì recepito il principio di causalità ovvero ‘chi inquina paga’, ma l’importo della tassa sul sacco è fissato dal Consiglio di Stato e non dai Comuni. Questo crea disparità di trattamento tra Comuni virtuosi e quelli meno.
“In Svizzera vengono prodotti ogni anno circa sei milioni di tonnellate di rifiuti urbani. In conformità ai principi della Legge federale sulla protezione dell’ambiente (LPAmb) e dell’ordinanza sulla prevenzione e lo smaltimento dei rifiuti (ordinanza sui rifiuti; OPSR), occorre prevenire la produzione di rifiuti, riciclarli e smaltirli in modo rispettoso dell’ambiente”, si legge nell’iniziativa. “Al tempo stesso, l’articolo 32a LPAmb stabilisce che i costi dello smaltimento dei rifiuti urbani devono essere imputati a chi li causa, in forma di emolumenti o altre tasse, sancendo pertanto un finanziamento dello smaltimento dei rifiuti urbani basato sul principio di causalità”, si precisa.
La legge di applicazione cantonale della LPAmb è stata modificata qualche anno fa; le modifiche della LALPAmb in vigore dall’1.7.2017 e i relativi adeguamenti nei regolamenti comunali stanno però creando parecchio malcontento, in particolare per le conseguenze sulla tassa base che risulta così essere, in certi casi, sproporzionata. Il tema, come detto, è stato sollevato in primavera dall’associazione Okkio, con un testo trasmesso ai granconsiglieri e ai Comuni in data 19 maggio 2021 (reperibile sul sito www.okkio.ch).
“Il problema principale è dato dal fatto che la tassa sul sacco è fissata, non dai Comuni, ma dal Consiglio di Stato, e copre unicamente i costi di smaltimento, di produzione del sacco e dell’Iva (vedi LALPAmb all’articolo 18, che riguarda il finanziamento della raccolta).
Il Foglio Ufficiale N. 173 del 27.9.2021 riporta gli importi minimi e massimi della tassa sul quantitativo per i rifiuti solidi urbani (Rsu) per il periodo dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, decisi appunto dal Consiglio di Stato: da 0,90 franchi a 1,20 franchi (sacco da 35 litri) per quanto riguarda la tassa sul volume; un minimo di 0,18 franchi fino a 0,24 franchi al kg per quanto riguarda il peso.
In questo modo, fanno notare, gli iniziativisti, “i Comuni, che per legge devono coprire integralmente i costi tramite il ricavo della tassa sul sacco e la tassa base, si vedono costretti a riversare tutti i costi rimanenti su quest’ultima. Non si tiene conto, in tal modo, delle diversità comunali”. “Per alcuni Comuni, ad esempio quelli che devono servire un ampio territorio con pochi abitanti, i costi della raccolta dei rifiuti sono maggiori, ed è maggiore il costo per la raccolta di trasporto dei rifiuti fino all’inceneritore di Giubiasco e di gestione della raccolta differenziata”, si precisa. La conseguenza è che molti Comuni, che avevano già la tassa sul sacco prima dell’1.7.2017 hanno dovuto, o dovranno prossimamente, aumentare sproporzionatamente la tassa base.
“Una tassa sul sacco così bassa è inoltre un palese disincentivo alla raccolta separata, contro lo spirito della legge”, fanno notare gli iniziativisti che chiedono quindi di “lasciare l’autonomia ai Comuni nella determinazione, sia della tassa sul sacco (nuovo), sia della tassa base (come finora).
In concreto si chiede che la tassa sul quantitativo (tassa sul sacco) possa comprendere anche altri elementi di costo variabili oltre ai semplici costi di smaltimento (ad esempio anche i costi di trasporto e/o quelli per le raccolte separate). Inoltre “che la tassa base possa venire differenziata per alcune categorie oggettive di utenti, anche tenendo conto della recente giurisprudenza, purché sia attuata in un modo non penalizzante per le famiglie e non eccessivamente complesso da gestire dal profilo amministrativo per gli enti pubblici locali”.