Il confronto intercantonale in un recente studio di Santésuisse. Storni: nella perequazione tener conto degli over 80. Farinelli: c’è un’altra strada...
I costi della salute in Ticino superano di circa il 15 per cento la media nazionale: vengono spesi infatti, mediamente, 3’999 franchi annui per ogni assicurato contro i 3’473 a livello federale. 526 franchi in più. Il dato emerge da un recente studio pubblicato da Santésuisse, “Coûts de la santé pendant la pandémie: comparatif entre la Suisse et le cantons”, che nelle due pagine - la 18 e la 19 - dedicate al Ticino mette le cose in chiaro già dal titolo: “L’evoluzione demografica favorisce un’impennata dei costi”. E, di conseguenza, dei premi di cassa malati, nonostante il loro lievissimo calo per il 2022 (meno 0,1 per cento)... .ma una rondine non fa primavera. Per Santésuisse, una delle due associazioni mantello degli assicuratori, i motivi sono principalmente due: “L’alta densità medica da un lato e l’invecchiamento della popolazione, che gioca un ruolo reale in Ticino, dall’altro. I costi nel campo dell’assistenza sanitaria e della fisioterapia, in particolare, sono massicciamente più alti che in altri cantoni”.
Due delle grandi emergenze con cui è confrontato il Ticino, il calo demografico con il susseguente invecchiamento della popolazione e l’entità dei premi di cassa malati, insomma vanno a braccetto. «Avevo ragione a presentare quel postulato al quale, però, il Consiglio federale ha dato una risposta deludente e per certi versi incomprensibile», afferma con amarezza alla ‘Regione’ il consigliere nazionale socialista Bruno Storni. Il postulato al quale si riferisce è stato depositato il 29 ottobre 2020, e il contenuto era chiaro: “Il Consiglio federale è incaricato di analizzare in un rapporto come la struttura sociodemografica dei cantoni possa influire sui costi della salute e ripercuotersi sui premi”. E ancora: “Il rapporto dovrà analizzare la possibilità di introdurre una compensazione dei rischi intercantonale basata sulle differenze medie di rischio per età per cantone, in modo da compensare i maggiori costi dei premi dovuti alla diversa struttura d’età nei vari cantoni”. Nella proposta di respingere il postulato, il governo federale bocciò tutte le proposte di Storni: «Arrivò a rispondermi che, cito, ipotizzare flussi finanziari indesiderati e paradossali tra i cantoni non è possibile e che i costi della salute non vengono influenzati solo dalla struttura d’età ma da altri importanti fattori, senza però dire di quali fattori si tratti». Per non parlare, prosegue Storni, «della citata compensazione sociodemografica della perequazione finanziaria nazionale che secondo il Consiglio federale terrebbe conto di quanto richiesto, ma che invece ignora totalmente il fattore dei costi della salute lasciando al Ticino solo le briciole, visto che invece vengono considerati integrazione degli stranieri, struttura d’età e oneri dei centri urbani che quindi favoriscono i cantoni più popolosi». Che fare, quindi? Lo studio di Santésuisse è eloquente. «Eccome se parla chiaro! - esclama Storni -. Conferma quanto io avevo detto al governo ormai un anno fa. E una soluzione potrebbe esserci». Quale, è presto detto: «Nell’ambito della perequazione sociodemografica - sostiene il consigliere nazionale del Ps - bisogna inserire anche il fattore del costo degli anziani over 65 sulle casse malati, la soluzione non può che passare da qui. E sarebbe, essendo una perequazione verticale, una compensazione che arriverebbe direttamente dalla Confederazione alle casse malati, senza discorsi intercantonali che complicano il tutto. Ma occorre farlo in fretta, perché la situazione si sta facendo davvero insostenibile».
Agire sulla perequazione sociodemografica come suggerisce il parlamentare del Ps? «Il problema esiste e trova ulteriore conferma nelle cifre dello studio, tuttavia - aggiunge il consigliere nazionale del Plr Alex Farinelli - se si adottasse la soluzione proposta da Storni si rischierebbe di infilarsi in un vicolo cieco. Intervenire sui meccanismi perequativi provocherebbe una guerra delle risorse: chiedere di più significa togliere ad altri qualcosa. Nella perequazione ben difficilmente vengono cambiati i parametri o introdotti di nuovi». Per Farinelli bisognerebbe allora percorrere un’altra strada. «Si dovrebbe agire sui flussi legati al finanziamento della riduzione dei premi di cassa malati - sostiene -. Questa riduzione è finanziata dalla Confederazione e dai Cantoni, i quali accordano per il pagamento del premio sussidi agli assicurati che si trovano in modeste condizioni economiche. Ebbene, la Confederazione dovrebbe, ritengo, aumentare la propria quota tenendo maggiormente conto dell’aspetto demografico, e in particolare dell’età degli assicurati». Questo, continua il deputato al Nazionale, «perché l’invecchiamento della popolazione, e dunque degli assicurati, è un fattore che i Cantoni non possono influenzare». Senza peraltro dimenticare, rileva Farinelli, che «non pochi ultrasessantacinquenni confederati si trasferiscono in Ticino per viverci o per soggiornarvi per lunghi periodi dell’anno: se necessitano di cure, gran parte di loro si affida ai servizi sanitari erogati sul territorio cantonale, il che contribuisce all’incremento dei costi sanitari. E il Ticino non può certo impedire l’arrivo di svizzero tedeschi in là con gli anni».
Ma sull’aumento dei costi della salute e di riflesso dei premi incide un altro fattore, ricorda Farinelli: «Dal profilo sanitario il nostro cantone, l’unico italofono, è per così dire condannato a essere autosufficiente. Mi spiego: gli abitanti della Svizzera centrale hanno la possibilità di far capo alle grosse strutture sanitarie di Zurigo, Berna e Basilea. Chi vive nei cantoni dell’arco lemanico può rivolgersi per esempio il Chuv di Losanna. Il Ticino deve garantire servizi sanitari a oltre 350mila residenti, cosa che genera dei costi pro capite maggiori».