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Previdenza, Avs e secondo pilastro non bastano più

Sempre più svizzeri, anche in Ticino, sono coscienti che una soluzione pensionistica debba basarsi sul risparmio privato

Una vecchiaia serena
(Depositphotos)
1 ottobre 2021
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La previdenza per la vecchiaia privata ha acquisito ulteriore importanza in Svizzera. Dal quarto Barometro della previdenza Raiffeisen è emerso che con oltre il 76 per cento, la maggioranza degli svizzeri fa affidamento sulla responsabilità personale. Il barometro è realizzato con la collaborazione scientifica dell’Università di scienze applicate di Zurigo (Zhaw) e si basa su un sondaggio realizzato su un campione rappresentativo della popolazione e di tutte le regioni svizzere. Alla presentazione dello studio in modalità streaming ha partecipato anche Luca Cimasoni, direttore di Raiffeisen Svizzera per il Ticino

Tre quarti circa degli interpellati sono quindi propensi a puntare maggiormente sulla previdenza privata, o meglio sono sempre più coscienti che i primi due pilastri (Avs e cassa pensione) non siano più sufficienti per garantirsi una vecchiaia serena. «Una tendenza che è emersa – spiega il professor Carlo Pugnetti della Zhaw e coautore dello studio – è che sono le persone più anziane che sentono il dovere di agire rispetto ai più giovani, mentre i giovani adulti fanno più affidamento sullo Stato». Vi sono, tuttavia, significative differenze a seconda dell’età e della regione: il senso di dovere cresce all’aumentare dell’età. La responsabilità personale in ambito previdenziale è più forte nella Svizzera tedesca, mentre è meno diffusa nella Svizzera romanda e italiana. Allo stesso tempo, le conoscenze in materia di previdenza restano a un livello basso in tutta la Svizzera.

La crisi da coronavirus accresce le esigenze previdenziali

La fiducia nella previdenza per la vecchiaia privata è nettamente aumentata rispetto agli anni precedenti (+7,2 punti percentuali). È anche leggermente salita la fiducia nei confronti della previdenza professionale, dal 14,6 per cento al 17,8 per cento. Ciò è anche da ricondurre al fatto che le Casse pensioni dispongono di finanze solide e hanno superato bene la crisi da coronavirus.

La fiducia nei confronti dell’Avs non aveva invece mai registrato livelli così bassi nei sondaggi precedenti. «L’esigenza di occuparsi personalmente della previdenza viene ulteriormente alimentata dalla crisi da coronavirus. Alla domanda su come le loro esigenze riguardo alla previdenza per la vecchiaia siano cambiate nel corso della crisi da coronavirus, circa il 16 per cento degli intervistati ha risposto di voler risparmiare di più. Quasi altrettanti (14%) vorrebbero andare in pensione anticipatamente. Con quasi il 20 per cento, questo desiderio è più forte tra i lavoratori più anziani. Durante la crisi da coronavirus per molti è emersa anche l’esigenza di chiarire specifiche tematiche previdenziali, come per esempio redigere un testamento, le direttive del paziente o un mandato precauzionale. Allo stesso tempo, però, quasi la metà degli intervistati non vede alcun motivo per modificare il proprio comportamento previdenziale», spiega invece Fabio Casadei, esperto in materia previdenziale per Raiffeisen Svizzera in Ticino. Una sorta di dissonanza cognitiva tra realtà e desiderio.

Età pensionabile più elevata sì, ma flessibile

Nell’ambito della riforma della previdenza per la vecchiaia la modifica dell’età pensionabile è sempre al centro del dibattito. L’attuale Barometro della previdenza mostra che la maggioranza, pari a oltre il 76 per cento, è a favore di tale adeguamento. Il 21,5 per cento vuole mantenere la situazione attuale. Le opinioni si dividono per quanto concerne la concreta configurazione delle modifiche. Un buon terzo degli intervistati è favorevole ad aumentare l’età pensionabile a 65 anni per entrambi i sessi. Circa il 30 per cento è invece dell’idea che non dovrebbe più esistere un’età pensionabile fissa ed è a favore di una depoliticizzazione dei parametri. Il consenso verso la flessibilizzazione dell’età pensionabile è leggermente aumentato rispetto allo scorso anno. Soprattutto i giovani adulti desiderano un inizio più flessibile del pensionamento. «Lavorare oltre l’età pensionabile è invece un’opzione per un numero sempre minore di persone. Nel 2018 il 21% degli intervistati ha dichiarato di non voler continuare a lavorare dopo il raggiungimento dell’età di pensionamento ordinaria. Nel frattempo, la percentuale è cresciuta a oltre il 25%», ha ricordato ancora Casadei.

Si preferiscono azioni e anticipi di capitale

Più di un terzo degli intervistati considera lo sviluppo demografico il principale rischio per il finanziamento della previdenza per la vecchiaia. Al secondo posto segue il timore del calo dei rendimenti. Il conto previdenza 3a continua a essere lo strumento di previdenza preferito con il 45,3 per cento, ma la previdenza tramite titoli diventa sempre più popolare a fronte dei bassi tassi d’interesse sul conto di risparmio.

Un altro aspetto che è emerso dal quarto barometro previdenziale Raiffeisen è la crescente predisposizione a ritirare parte dell’avere risparmiato nella cassa pensione sotto forma di capitale. Sono i romandi a essere più orientati a ritirare il capitale (18%), seguiti dagli svizzero tedeschi (14,6%). Percentuale simile anche a Sud delle Alpi (14,2%). La maggior parte degli intervistati si dichiara comunque contraria a un obbligo del prelievo in forma di capitale da parte della Cassa pensioni.