Dopo l‘incontro tra sindacati e padronato il copresidente socialista conferma: ‘Resta la via maestra e la più pulita per risolvere la situazione’
«La nostra iniziativa popolare per modificare la Costituzione cantonale rimane la via maestra per uscire da questa situazione, nonché la via più pulita». Dopo l’incontro convocato giovedì dal Dipartimento finanze ed economia dove sindacati e padronato hanno sottoscritto cinque auspici, tra i quali il progressivo adeguamento dei Contratti collettivi di lavoro al salario minimo, il copresidente del Partito socialista Fabrizio Sirica è ancora più convinto: «Noi andiamo avanti». Perché Costituzione e legge prevedono la non applicazione del salario minimo ai Ccl, e i socialisti vogliono rimediare rimuovendo questa deroga. Per passare dagli auspici ai fatti.
Nessun dubbio, quindi, alla luce di quanto emerso dal recente incontro tra le parti sociali?
Guardi, la nostra iniziativa ha due obiettivi. Il primo, e più importante, è risolvere il problema del raggiro della legge, quindi la possibilità che si facciano dei Ccl come quello di TiSin volti a non far rispettare il salario minimo. La presa di posizione delle parti sociali di giovedì per certi versi è rassicurante, ma insufficiente: io faccio politica, e mi baso sulle leggi e sulla Costituzione. Non sugli auspici, che non hanno alcun vincolo giuridico o legale. Perché chi è dall’altro lato della barricata come lo pseudo sindacato leghista, a oggi, può dire che non è scritto da nessuna parte che i Ccl devono adeguarsi al salario minimo, essendoci la deroga. E in questo ambito è difficile arrivare a risultati a livello legislativo sapendo che comunque la legge è già oggetto di ricorso al Tribunale federale e il Dfe non vorrebbe modificarla.
Il secondo obiettivo immagino riguardi la questione salariale.
Certamente, è il quanto. Noi continuiamo a pensare la stessa cosa che dichiarò Unia criticando, comprensibilmente, il compromesso in Gran Consiglio: cioè che con quei salari si istituzionalizzava il dumping. Dato il contesto politico, che necessitava di trovare una maggioranza per rendere realtà il salario minimo, non potevamo ottenere di più, ma oggi sì. È veramente dignitoso un salario di 19 franchi all’ora? In Ticino si vive con meno di 2800 franchi netti al mese? Domanda retorica: chiunque ci legge sa benissimo che non è così. Anche qui, giovedì sono giunte tante belle parole, ma nulla di concreto.
E per quanto concerne la deroga per i Ccl invece?
Ecco, qui c’è un grande paradosso in questa presa di posizione, perché conferma ancor di più che la nostra iniziativa è necessaria: cioè che questa deroga è temporanea. In altre parole, nel 2026, se tutto va bene, non ci sarà più alcun Ccl sotto al salario minimo, ma nella Costituzione sarà sempre scritto che c’è la possibilità di derogare. Quindi con l’attuale principio costituzionale il contratto di TiSin non è e non sarà illegale. Vedete? È tutto traballante e incerto. Per questo motivo è necessario togliere la deroga.
Dopo la presa di posizione di Unia e Ocst teme che i due sindacati non saranno, come dire, particolarmente attivi nel sostenere la raccolta firme per la vostra iniziativa?
Questo è da chiedere a loro. Ma rilevo che la nostra posizione non è diversa ad esempio da quanto ha detto Unia giudicando l’attuale legge: sotto i 21.50 franchi l’ora si istituzionalizza il dumping. A livello nazionale inoltre la loro posizione è 4mila franchi al mese, per 13 mensilità, senza deroghe per i Ccl. Presumo non sia diversa la posizione cantonale e non mi spiegherei un mancato supporto. Da parte nostra c’è ovviamente l’invito, a loro e a tutti coloro che hanno a cuore i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, a unirsi. Sono anche disposto a renderla un’iniziativa di tutti, con primo firmatario un sindacalista fuori dai partiti. Mi interessa il risultato non la bandierina.
Nella discussione generale svoltasi in Gran Consiglio, però, con i Verdi siete rimasti un po’ soli. Dalla Lega è giunto un sostegno a una modifica legislativa, ma voi ormai sembrate orientati ad andare davanti al popolo.
Ogni margine di miglioramento legislativo è ben accetto, ma come abbiamo già detto è difficile. Lo diranno i fatti chi vuole veramente far rispettare la volontà popolare espressa nel 2015, sostenendo quindi la nostra iniziativa. Quando sono in giro, parlo, discuto con le persone la sento ancora più forte rispetto a sei anni fa. C’è un’urgenza, è innegabile. Nonostante tutta la narrazione che si sta costruendo col supporto di certi media, con l’obiettivo di rimettere in discussione una chiara espressione delle cittadine e dei cittadini. Difendere salari che non permettono di vivere in Ticino significa promuovere lo sfruttamento, ma visti i grossi interessi economici che i partiti borghesi difendono si sta rimettendo tutto in discussione. Lo trovo inaccettabile.
I socialisti decidono dunque di non attendere il verdetto di Mon Repos. Insomma, avanti tutta con l’iniziativa popolare costituzionale. I ricorsi, due, sono sotto la lente della seconda Corte di diritto pubblico del Tribunale federale. Sono stati inoltrati nell’aprile 2020. A impugnare la Legge cantonale sul salario minimo sono complessivamente undici aziende, prevalentemente del Mendrisiotto. Fra le quali le tre ditte al centro delle polemiche di queste settimane per contratti di lavoro, definiti con l’organizzazione TiSin presieduta dall’ex sindacalista Ocst Nando Ceruso, che prevedono paghe al di sotto di quella minima fissata dalla legge che entrerà in vigore a dicembre, a un paio d’anni dalla sua approvazione da parte del Gran Consiglio. Secondo le ricorrenti la normativa varata dal parlamento non sarebbe conforme all’articolo (13) della Costituzione cantonale introdotto in seguito al sì popolare del giugno 2015 all’iniziativa dei Verdi ‘Salviamo il lavoro in Ticino’: in altre parole, nella legge di applicazione dell’articolo non vi sarebbe una differenziazione del salario minimo per settore e per funzione. Ritengono inoltre che il Cantone non sia competente a determinare salari minimi di natura economica, in quanto considerano gli importi delle forchette contemplate dalla legge al di sopra delle soglie di un salario minimo sociale.
Avevano inoltre chiesto al Tf il conferimento dell’effetto sospensivo ai ricorsi nell’attesa della sentenza di merito. L’istanza non è stata però accolta: la decisione di Mon Repos è del 27 maggio 2020. In pratica il Tribunale ha detto no al ‘congelamento’ della legge, dando di conseguenza luce verde alla sua entrata in vigore alla data fissata dal Cantone.
Dei due ricorsi, come scritto, si sta occupando la seconda Corte di diritto pubblico del Tribunale federale. Corte presieduta dal giudice Hans Georg Seiler, il quale, come reso noto dal Tf con un comunicato d’inizio giugno, lascerà la funzione di giudice federale il 31 dicembre 2021. Non è quindi da escludere che sui due ricorsi la Corte decida entro la fine di quest’anno, prima della partenza del presidente.