Dopo le decisioni dI Berna, l'Associazione industrie scrive alle aziende e raccomanda: mantenete i piani di protezione, la pandemia non è alle spalle
“Raccomandiamo a tutte le aziende di mantenere in vigore i piani di protezione e di verificare regolarmente la loro applicazione. Il fatto che una parte importante o molto importante del personale sia vaccinato, non deve indurre a credere che la pandemia sia oramai alle spalle. Anzi! L’obiettivo nostro e delle autorità deve restare quello di evitare chiusure totali o parziali di attività, pertanto l’applicazione regolare e completa dei piani di protezione della salute in azienda resta indispensabile”. Lo sottolinea l’Associazione industrie ticinesi in una mail inviata alle ditte affiliate (attualmente circa duecentoventi) nel primo pomeriggio di ieri, all’indomani della decisione del Consiglio federale di estendere, da lunedì, l’obbligo del certificato Covid per accedere all'interno dei ristoranti e a manifestazioni al chiuso. E di accordare, sempre da lunedì, la possibilità ai datori di lavoro di chiedere il pass ai propri dipendenti. Ed è su quest'ultimo aspetto che si sofferma l'Associazione industrie. “Data la genericità delle decisioni comunicate ieri (mercoledì ndr) dal Consiglio federale, è per noi difficile dare delle risposte completamente esaustive su tutte le disposizioni che le aziende possono mettere in atto. Per questo - scrive l'Aiti - restiamo a disposizione per un contatto personale“. Aggiunge: "Appare ad esempio sostenibile introdurre un obbligo dell’utilizzo della mascherina per il personale non vaccinato o comunque non in possesso del Covid-Pass, mentre all’inverso non obbligare a utilizzare la mascherina chi è vaccinato, sul posto di lavoro. Tutto però dipende molto anche dalle attività specifiche delle imprese”.
Dal 13 settembre, ricorda l'Associazione industrie ticinesi, è quindi "data facoltà ai datori di lavoro di verificare se il personale è in possesso o meno di un certificato Covid, se ciò è necessario all’attuazione di misure di protezione adeguate o di strategie di test". Se chiedono ai loro dipendenti di sottoporsi al test, i datori di lavoro "dovranno coprirne i costi". Soltanto i test ripetuti "saranno assunti dalla Confederazione". Nella mail si richiama poi un aspetto importante: "L’impiego del certificato e le misure che le aziende intendono adottare andranno discusse con il personale e dovranno essere documentate per iscritto".
La Confederazione "non prevede l’obbligo di certificato nei luoghi di lavoro e nei centri di formazione (comprese le mense). L’ordinanza (...) indica che le mense aziendali possono (ma non sono obbligate) rinunciare a limitare l’accesso delle persone a partire dai 16 anni alle persone con un certificato vaccinale. Se utilizzano tale possibilità devono prevedere misure di protezione adeguate, segnatamente il rispetto della distanza obbligatoria fra gli ospiti o gruppi di ospiti e l’obbligo di stare seduti durante la consumazione. La limitazione di accesso alle mense aziendali è dunque consentita".
Nella comunicazione alle aziende associate, spiega da noi interpellato il direttore dell'Aiti Stefano Modenini, «abbiamo pure evidenziato la necessità di non allentare i piani di protezione interni. Anche le industrie devono fare la loro parte per scongiurare un nuovo lockdown. Ci sono ordinazioni da rispettare. Un blocco totale o parziale della produzione imposto dall'autorità sarebbe drammatico per tante aziende, in particolare per quelle piccole. Che potrebbero non risollevarsi più».