Presenza in Svizzera della criminalità organizzata, il Consiglio federale risponde al deputato ticinese al Nazionale Marco Romano
Sono almeno tre le considerazioni del Consiglio federale piuttosto importanti. La prima: “Dalle informazioni scambiate con partner esteri si è evinto che negli ultimi decenni la presenza e le attività delle organizzazioni di stampo mafioso in Svizzera sono state sottovalutate”. La seconda: “La consapevolezza della minaccia rappresentata dalle organizzazioni criminali non ha raggiunto ovunque lo stesso livello in seno alle autorità, e deve essere ulteriormente rafforzata”. La terza: “Secondo le informazioni delle autorità partner estere, la criminalità organizzata cerca anche di influire sulle istituzioni statali. Per motivi di confidenzialità e di protezione dei dati non è possibile fornire informazioni concrete su indagini di polizia o procedimenti penali in corso”. Tre considerazioni contenute nella risposta che il governo ha dato in questi giorni all’interpellanza depositata in giugno da Marco Romano sulla presenza di organizzazioni criminali internazionali “di stampo mafioso” nel nostro Paese.
L’atto parlamentare era stato inoltrato dal consigliere nazionale del Ppd alla luce della relazione tenuta a Lugano in maggio dalla direttrice dell’Ufficio federale di polizia (Fedpol) Nicoletta della Valle in occasione dell’apertura ufficiale dell’ 'Osservatorio ticinese sulla criminalità organizzata’, operativo in seno all’Istituto di diritto dell’Università della Svizzera italiana.
Oggi in Svizzera, aveva fra l’altro dichiarato della Valle in quell’occasione, riferendosi in particolare alla ’Ndrangheta, “conosciamo meglio il fenomeno dopo che è stato sottovalutato per molto tempo”. «Ora anche il governo riconosce, nero su bianco, che la questione mafia è stata per anni minimizzata: un'ammissione politicamente molto significativa - evidenzia Romano, interpellato dalla ’Regione’ -. Le autorità elvetiche devono colmare il ritardo accumulato. Sotto la direzione di della Valle, la Polizia federale si sta muovendo nella giusta direzione. Mi auguro - aggiunge il parlamentare ticinese - che lo stesso faccia finalmente anche il Ministero pubblico della Confederazione, al quale compete il perseguimento del reato di organizzazione criminale, contemplato dall’articolo 260ter del Codice penale, a condizione che il reato sia stato commesso prevalentemente all’estero o in più cantoni. Spero allora che il nuovo procuratore generale, che eleggeremo nella prossima sessione delle Camere federali e che salvo sorprese sarà Stefan Blättler, presti maggiore attenzione, rispetto a quella riservata dai precedenti pg della Confederazione, agli aspetti operativi della Procura federale nella lotta alle organizzazioni mafiose». Perché «non basta modificare le norme per inasprire le sanzioni, è necessario anche e soprattutto rendere più incisive le indagini, che possono poi sfociare nei processi. Teniamo poi presente che la criminalità organizzata non conosce confini, neppure quelli tra un cantone e l’altro, per riciclare denaro sporco e compiere altri illeciti».
Sempre a Lugano la direttrice di Fedpol aveva mostrato una cartina e accennato alla piattaforma Coc. “La cartina presentata in occasione della conferenza inaugurale dell’Osservatorio ticinese sulla criminalità organizzata - scrive il Consiglio federale - è uno dei primi risultati scaturiti dalla piattaforma di collaborazione ’Countering Organised Crime’ (Coc), attiva da circa un anno e istituita in attuazione della strategia di lotta alla criminalità 2020-2023 del Dipartimento federale di giustizia e polizia”. Si tratta di "una panoramica delle conoscenze attualmente disponibili a livello federale: la precisione e la completezza della cartina dipendono in primo luogo dalle informazioni e dai contributi forniti dai partner (Coc, Interpol, Europol, autorità italiane)", spiega il governo, ricordando che “i rischi correlati alle organizzazioni criminali non riguardano solo una determinata regione, bensì tutta la Svizzera”. La creazione della piattaforma di collaborazione interdisciplinare Coc, si sottolinea ancora nella risposta all’interpellanza, "è un primo importante passo nella lotta alle organizzazioni criminali in Svizzera”. La piattaforma “prevede la partecipazione di autorità appartenenti a diversi livelli statali e comprende l’analisi criminale, il perseguimento penale e soprattutto le misure di prevenzione. La consapevolezza dei rischi legati alle organizzazioni criminali non ha raggiunto ovunque lo stesso livello in seno all’amministrazione pubblica, nell’economia e nella società, e deve ancora essere sviluppata”.
Nell’azione di contrasto al crimine organizzato, annota inoltre il governo, "diverse autorità hanno un ruolo da svolgere, in particolare le autorità competenti in materia di perseguimento penale, di migrazione, doganale, finanziaria, di acquisti pubblici e di affari esteri". Tuttavia, si ribadisce, la consapevolezza della minaccia costituita dalle organizzazioni criminali "non ha raggiunto ovunque lo stesso livello in seno alle autorità": va pertanto "ulteriormente rafforzata". Continua il Consiglio federale: "Quando sospettano una correlazione con la criminalità organizzata, i settori specializzati dell’Amministrazione federale delle dogane collaborano con le altre autorità di perseguimento penale e partecipano alla piattaforma Coc. Le amministrazioni federali e cantonali come ad esempio le autorità fiscali o le autorità preposte al rilascio di autorizzazioni, nonché i settori privati particolarmente esposti come l’industria alberghiera, vengono sensibilizzati al fenomeno mediante misure di informazione promosse dalle associazioni mantello nazionali e, in modo mirato, nel quadro di corsi di formazione e perfezionamento".
«È comunque mia intenzione – annuncia Romano – redigere un atto parlamentare per far sì che i servizi amministrativi dei Cantoni segnalino tempestivamente all’Ufficio federale di polizia situazioni sospette. La lotta alle mafie passa anche da una collaborazione concreta e immediata fra le autorità, e non solo tra quelle penali».