Un nuovo volume edito da Casagrande raccoglie l’esperienza di trenta donne che hanno vissuto l’esperienza del cancro e quella del Covid-19
Cancro e pandemia. Due realtà non certo allegre, anche a poterle affrontare una alla volta. Ma sono l’intreccio e la sovrapposizione tra le due che stanno al centro di ‘Doppio laccio. Il Cancro al tempo del Coronavirus. Quando la malattia diventa risorsa.’, una raccolta di testimonianze, interviste e approfondimenti appena pubblicata dalle Edizioni Casagrande e curata da Maria Grazia Rabiolo. «Al centro ci sono le testimonianze in prima persona di donne che hanno affrontato l’esperienza del primo, inaspettato lockdown o della seconda ondata di Covid durante o dopo quella del tumore», spiega Gabriella Bianchi Micheli, la psiconcologa dalle cui pazienti è nato il progetto: «È stato proprio tra aprile e maggio 2020 che la chat WhatsApp del gruppo ‘Anna dai capelli corti’ – nato nel 2015 per riunire giovani donne unite dall’esperienza del cancro al seno – si è animato in maniera improvvisa e spettacolare. Molte donne hanno raccontato di come quella situazione d’isolamento, di paura della malattia e della morte fosse per loro un déjà-vu dopo le fasi della chemioterapia e dell’immunodepressione, come lo era pure la necessità di evitare abbracci e indossare mascherine. Stavolta, però, chi aveva già vissuto la malattia si è rivelato più forte, consapevole delle risorse nascoste di cui disponiamo e che prima della malattia non conosceva, addirittura pronto ad aiutare e rassicurare quei ‘sani’ che apparivano più sgomenti di loro». Ecco allora il progetto di raccogliere una trentina di testimonianze e farne un libro, «per affiancare l’aspetto terapeutico della scrittura alla creazione di un supporto per chi a sua volta, direttamente o in famiglia, vive magari una fase di malattia e paura».
Bianchi Micheli è specializzata da trent’anni nel supporto psicologico ai malati di cancro e ai loro cari, un servizio che oggi conta circa una ventina di professionisti in Ticino: «Assistiamo il 10-20% dei pazienti oncologici, ma anche molti partner, figli, genitori e altri congiunti: soffrono anche loro, spesso più dei pazienti stessi. È importante però che sempre più oncologi conoscano questa possibilità e ci indirizzino i pazienti che avrebbero bisogno di un sostegno: sarebbero circa uno su due, stando a molti rilevamenti». La psiconcologa evidenzia come durante la pandemia le difficoltà maggiori siano toccate a chi proprio in quel momento si stava sottoponendo a cure: «Durante la chemio o la radioterapia, un grande sollievo viene dalla socializzazione con gli altri pazienti, oltre che con gli infermieri e i dottori. È una cosa che molti non immaginano, ma nelle sale d’attesa dei reparti di oncologia si sentono anche scherzi e risate: l’elemento del contatto umano aiuta a sdrammatizzare e a far emergere forze nascoste. Allo stesso modo è importante poter contare sul parente o l’amico che passa a trovarti, a portarti una lasagna o a bere un tè. Trovarsi all’improvviso a curarsi in solitudine – senza abbracci né sorrisi, con in più il timore del contagio – ha generato ansia e perfino molta rabbia». Una difficoltà confermata nelle pagine affidate al personale sanitario.
Ma le ‘Anne dai capelli corti’ sono donne che l’esperienza del tumore imparano ad affrontarla confrontandosi le une con le altre, e che di fronte al virus «hanno addirittura dimostrato una superiore capacità di adattamento emotivo e cognitivo. Per questo le loro testimonianze sono un inno alla vita». Chi volesse ascoltare alcune di quelle voci è invitato al Parco Ciani di Lugano giovedì prossimo: alle 18 il giornalista Rsi Alain Melchionda e l’attrice Margherita Saltamacchia le faranno vivere nell’ambito del Longlake Festival.