Per i lavoratori non è sempre facile andare in ferie con serenità. La psicologa Stefania Mastrillo spiega perché è fondamentale ricaricarsi emotivamente
Un countdown che conosciamo da quando siamo bambini. È quello che ci separa dalle tante agognate vacanze estive. Spesso però andare in ferie può creare ansia, fra compiti da portare a termine prima di partire, difficoltà a rilassarsi una volta partiti e la mole di lavoro al rientro. Ne abbiamo parlato con Stefania Mastrillo, psicologa del Laboratorio di psicopatologia del lavoro dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale, la quale ricorda quanto sia fondamentale ritagliarsi periodi per ricaricare la propria energia emotiva e dà qualche consiglio per rendere il rientro dalle ferie meno traumatico.
Le persone sono stressate prima di andare in vacanza?
Stressate magari non sempre, a volte ansiose. Molti riferiscono che è un momento delicato perché bisogna chiudere tante pendenze e organizzare il passaggio di consegne durante l’assenza. C’è anche chi ha paura di andare in ferie, perché il mondo del lavoro è diventato molto competitivo e chi parte teme di perdere il controllo sul proprio lavoro, pensando di venir escluso da iniziative importanti o di non aver accesso a informazioni necessarie per l’attività durante l’assenza. Tali persone vanno in ferie con lo stress e l’ansia di perdersi qualcosa durante questo periodo che dovrebbe essere di rilassamento e di distacco dal lavoro. Al Laboratorio, incontriamo spesso persone stressate all’idea di dover prendere vacanza a causa dell’importante mole di lavoro da gestire. Nei casi di burnout succede spesso che le persone non prendano le ferie che gli spettano, aumentando la loro vulnerabilità allo sviluppo di patologie. Quando i collaboratori raggiungono un livello massimo di stress-tensione, e superano la soglia di tolleranza, entrano in una condizione di disadattamento che può avere conseguenze negative sull’individuo. Dal nostro osservatorio vediamo che effettivamente c’è tanta gente che ha un saldo vacanze annuale elevato. Questo è preoccupante. Sarebbe auspicabile prendere almeno annualmente le quattro settimane canoniche.
Quanto è importante prendersi questi momenti di vacanza e più o meno ogni quanto sarebbe auspicabile?
È fondamentale. Ogni individuo dovrebbe conoscersi, sapersi analizzare e capire quando è il momento in cui non riesce più a gestire lo stress quotidiano. Lo si comprende da vari fattori, come il calo della prestazione. In quel momento è importantissimo prendersi un giorno extra per staccare.
Sono sufficienti questi momenti? A volte si sente dire "un giorno non mi basta" o "con una settimana non riesco a staccare".
Dipende dalla situazione della persona. Se la persona si trova in uno stato per cui l’adattamento al vissuto quotidiano richiede uno sforzo intenso, un giorno spesso non basta. Per questo è importante anche analizzarsi quotidianamente e dire "adesso sono al punto in cui posso ancora gestire le cose ma magari è bene rallentare un attimo". Se si arriva costantemente esausti alla fine della giornata, e il weekend non basta più, probabilmente neanche una settimana ci aiuterà a ricaricare.
La letteratura non ci può dire quanti giorni di recupero esatti ci vogliono per ogni situazione, ogni individuo in base alla propria condizione dovrà capire il tempo libero che necessita per ristabilirsi.
Ricordiamoci che il momento in cui non abbiamo più le energie per affrontare la routine quotidiana, le nostre prestazioni possono calare e diventiamo irritabili, nervosi e spesso questo ci porta ad avere problemi d’insonnia.
Pensa che i datori di lavoro abbiano una sensibilità al riguardo?
Non tutti. Sempre di più c’è questa coscienza del benessere anche da parte di datori di lavoro. Però bisogna sempre fare la distinzione tra le piccole e medie imprese e le grandi. Queste ultime hanno maggiori possibilità economiche e di Risorse Umane per implementare azioni al fine di migliorare il benessere dei lavoratori. Se nel mio team vedo che una persona sta andando in riserva di energie è mio dovere farle notare che sarebbe bene prendersi qualche giorno di riposo. Nelle piccole e medie aziende è un po’ più complicato. Magari c’è la consapevolezza ma non ci sono le risorse. Certamente si tratta di una generalizzazione e dipende da caso a caso. Se un’azienda ha una pianificazione a corto termine difficilmente riesce a concedere momenti liberi ai dipendenti che lo richiedono.
A livello internazionale ci si domanda quante ore di lavoro al giorno sarebbero corrette. Si lavora troppo?
Noi non possiamo dire quale sia il numero di ore corretto. C’è tutta una legislazione al riguardo. La Svizzera però è conosciuta per essere uno dei Paesi con il più alto numero di ore lavorative settimanali.
Osserviamo che c’è tanta gente che lavora spesso oltre le ore pattuite contrattualmente. Questo non vuol dire che non vengano riconosciute, ma che forse la pianificazione dell’azienda non è ottimale e andrebbe migliorata.
I datori di lavoro potrebbero migliorare molto le cose con una buona pianificazione del personale. Molte persone ci riferiscono che non riescono a programmare le vacanze estive prima della primavera. Questo diventa uno stress perché il/la partner necessita di pianificare le ferie assieme al/la collaboratore/trice, creando malumori e conflitti all’interno della rete familiare. Anche la gestione dei figli durante le vacanze estive diventa complicata se non si ha una conferma delle proprie vacanze.
Il personale sanitario col Covid ha vissuto molto questo stress.
Spesso hanno dovuto rinunciare o spostare le ferie nel 2020 a causa della situazione.
Quando una persona si rende conto di non farcela più il primo professionista al quale si rivolge è il medico di famiglia. Che ruolo ha?
Il medico di famiglia, insieme al paziente, cerca di trovare delle strategie alternative per gestire il malessere vissuto dalla persona. Nel caso in cui il disturbo persiste e dà luogo a patologie fisiche, il medico può prescrivere qualche giorno d’inabilità per far recuperare le forze al lavoratore e per permettergli di rinforzarsi emotivamente. Oltre a non star bene fisicamente, quando mancano le energie diventiamo irritabili, la nostra prestazione cala, siamo deconcentrati e inevitabilmente si creano i conflitti sul posto di lavoro.
In quel caso però può succedere che appaia malumore all’interno dell’azienda.
Sì, succede, sta alla sensibilità del datore di lavoro capire le varie situazioni. Quando le persone arrivano al limite delle loro riserve energetiche non vedono più vie d’uscita e pensano che uscire di scena sia l’unico modo per stare meglio.
Nel caso arrivi il burnout cosa si fa?
Quando non si ha più l’energia per sostenere la giornata lavorativa, crolliamo. In quel caso spesso qualche giorno di malattia si trasforma in lunga inabilità che in alcuni casi, purtroppo, si conclude con una dimissione o un’interruzione del rapporto di lavoro da parte dell’azienda.
Al fine di prevenire il burnout bisognerebbe intervenire subito in seguito ai primi sintomi di disagio lavorativo. Sia l’azienda sia l’individuo dovrebbero attuare strategie d’intervento precoce al fine di evitare un’acutizzazione dei sintomi che possono sfociare in patologie più complesse e difficili da gestire.
Durante le vacanze le persone riescono a staccare?
Il codice delle obbligazioni prevede che vadano prese due settimane di fila. È provato che ci vuole qualche giorno prima di entrare nel ‘mood vacanza’ e staccarsi da quella che è la routine quotidiana. A partire da quel momento iniziamo a recuperare le energie.
Alcune persone ci riferiscono di dover (o sentirsi in obbligo) di essere raggiungibili anche in vacanza, perché hanno un ruolo di responsabilità. Queste però non sono più vacanze.
In quel caso si può lavorare su piccoli escamotage quali guardare un’ora al giorno le mail (possibilmente sempre la stessa ora), per far sì che il resto della giornata di vacanza diventi più rilassata.
Si riesce finalmente a rilassarsi ma poi bisogna rientrare al lavoro, questo stacco può diventare un po’ traumatico?
Sì lo è. Molti cercano di vivere fino in fondo le vacanze e tornano a casa magari solo il giorno prima dell’inizio del lavoro. Però al rientro ci sono molte cose da fare e da organizzare. In più al lavoro l’idea di dover affrontare cinque giorni lavorativi, dopo la pausa vacanza, prima del weekend ci crea spesso ansia e stress preventivamente. Inoltre il lunedì mattina è di solito il giorno più complicato, dove ci sono tante cose da pianificare.
Si possono usare alcune strategie per diminuire quest’ansia. Una è quella di rientrare al lavoro il mercoledì o il giovedì in modo tale che dopo poco c’è di nuovo il weekend. Questo per chi lavora a tempo pieno. Per chi ha una percentuale ridotta potrebbe pianificare un giorno libero dopo il primo giorno lavorativo. Tutto compatibilmente con le necessità del datore di lavoro.
Anche tornare a casa dalle vacanze qualche giorno prima dell’inizio del primo giorno di lavoro può essere un modo per rientrare lentamente nella routine quotidiana.
A volte sarebbe auspicabile poter avere anche tre settimane di vacanze, sarebbe una ricarica importante. Programmandole in anticipo con il datore di lavoro.
E se una persona ha solo 4 settimane l’anno?
C’è anche la possibilità del congedo non pagato per esempio o delle ore supplementari da mettere insieme alle due settimane di vacanza.
Nella quotidianità quali sono i modi per avere delle piccole ricariche?
Quello che dicono anche i medici: fare tantissima attività all’aria aperta. So che può sembrare retorico e noioso, ma ricarica.
Diminuire le ore settimanali sarebbe un’opzione che magari in futuro potrà essere attuabile. Sempre più aziende danno la possibilità di ridurre la percentuale lavorativa, al fine di conciliare la vita lavorativa e professionale.
Non c’è il rischio che una persona debba fare magari lo stesso lavoro in quattro giorni invece di cinque?
Se la settimana lavorativa dovesse mai venire ridotta a livello di ore, con lo stesso compenso, le persone essendo più motivate, potrebbero anche aumentare le prestazioni.
Qualcosa sta però cambiando.
Sì, perché anche in Svizzera abbiamo notato che negli ultimi anni c’è un aumento importante delle lunghe inabilità per problemi di stress correlati al lavoro. Se fino ad alcuni decenni fa i motivi principali di assenza erano patologie o infortuni, ora sempre di più i lavoratori soffrono di problemi legati al lavoro.