Presentati i risultati aggiornati dello studio di sieroprevalenza condotto sulla popolazione ticinese e gli ultimi dati sul sequenziamento
Il Dipartimento della sanità e della socialità ha organizzato una conferenza stampa per un aggiornamento sulla situazione epidemiologica e per presentare i risultati aggiornati dello studio di sieroprevalenza condotto dall’Ufficio del medico cantonale. Relatori Raffaele De Rosa, Direttore del Dipartimento della sanità e della socialità, Giorgio Merlani, Medico cantonale, Martine Bouvier Gallacchi, capo Servizio di promozione e valutazione sanitaria.
Raffaele De Rosa: «In Europa le nazioni a destare maggiore preoccupazione son quelli della Penisola iberica e della Gran Bretagna. Il nostro consiglio per i mesi di luglio e agosto, oltre di rimanere vigili e seguire le misure di igiene che conosciamo, è di informarsi sulla situazione del Paese che si va a visitare: evitiamo le situazioni a rischio e comportiamoci con prudenza e responsabilità anche in vacanza e nel tempo libero»
Per quanto riguarda il Ticino, ha aggiunto De Rosa, «la situazione non è del tutto stabile: la settimana scorsa si sono registrati dati raddoppiati rispetto a quella precedente, e nel weekend appena trascorso si sono registrati il doppio di casi del weekend scorso. L'estate 2021 non può essere paragonata con quella del 2020, sia per la presenza della variante Delta, più contagiosa rispetto a quella inglese, sia rispetto alle misure restrittive adottate dall'autorità. Ci troviamo in una nuova fase in cui occorre tenere in conto varianti più contagiose, misure meno restrittive, maggiore mobilità, fascia di popolazione non vaccinata. La vaccinazione è la chiave di volta: è adesso che possiamo fare la differenza, ora che la variante Delta non ha ancora preso il sopravvento. Se vogliamo agire per proteggerci ed evitare una quarta ondata, il momento è ora».
Lo studio di sieroprevalenza, condotto nell'arco di un anno su un campione rappresentativo della popolazione, intendeva rispondere ad alcune domande: quante persone sono state in contatto con il virus dall'inizio della pandemia? Quante persone hanno mantenuto una risposta immunitaria misurabile? Esistono peculiarità di età e di genere?
Martine Bouvier Gallacchi: «Nell'aprile del 2020 è stata depositata la richiesta al Comitato etico, in seguito si è proceduto al reclutamento volontario degli studi medici e dei partecipanti, meno di un mese dopo si è consegnato il materiale e si è iniziato con la prima raccolta dati nel mese di maggio dell'anno scorso. Sono seguite altre raccolte dai, una ad agosto 2020, una verso novembre-dicembre e l'altra ad inizio di giugno di quest'anno»
Gli anticorpi misurati sono stati quelli contro la proteina nucleocapside, ovvero quelli che confermano se una persona è stata o meno a contatto con il virus, diversi dagli anticorpi che proteggono in effetti contro la malattia. I test sierologici hanno avuto un'ottima performance misurata nel tempo.
Il campione è composto da 1500 persone stratificate per età e sesso, dai 5 anni in su. 934 persone avevano potuto essere testate già nel primo studio di maggio dell'anno scorso, quindi le attese erano già superate: nel tempo la partecipazione è stata particolarmente elevata. «Il dato è un dato che è stato corretto tenendo conto della performance del test e ponderato per tenere conto della rappresentatività della popolazione ticinese» ha chiarito Martine Bouvier Gallacchi.
L'anno scorso si era a un 9% di popolazione ticinese entrata in contatto con il virus, dato stabile in agosto che poi è salito al 14% nel mese di novembre-dicembre. A sei mesi di distanza è salito di 8 punti percentuale, quindi ci troviamo con un 22,3% di popolazione ticinese che è stata in contatto con il virus. Non c'è una differenza rilevante nè riguardo al sesso, nè riguardo l'età.
Delle 68 persone che già avevano anticorpi durante il primo studio, due terzi hanno mantenuto gli anticorpi: non vuol dire che siano protetti, ma è un dato epidemiologico, dimostra che dopo un anno rimane una traccia dell'infezione. «Possiamo dunque immaginare che anche gli anticorpi neutralizzanti, quelli che proteggono dal virus, possano rimanere presenti come pure l'immunità cellulare» ha aggiunto Bouvier Gallacchi.
Delle 84 persone, tutte di oltre 65 anni, che avevano ricevuto la seconda dose di vaccino, 72 persone sono rimaste negative al test sierologico per tutti i quattro stadi dello studio; 9 erano positive ma con infezioni precedenti al quarto studio, 3 invece erano positive solo nel quarto studio: si sono quindi infettate malgrado la vaccinazione, prima di avere, dunque, una protezione completa. Potrebbero comunque essere dei falsi positivi, dati i limiti di sensibilità del test.
Circa il 22% della popolazione ticinese è stata dunque in contatto con il virus Sars-Cov-2; due terzi delle persone dello studio rimangono positive al test sierologico anche per i 12 mesi successivi, e il vaccino non influenza i risultati del test.
Giorgio Merlani: «L'estate scorsa uscivamo da un evento catastrofico, le misure erano più restrittive e il virus era più blando rispetto a quello attuale. Quest'anno i "doppi zero" nei dati dei contagi non ci sono ancora stati, il virus continua a circolare ed è meglio trasmissibile e la nostra pazienza ha un po' toccato il fondo. Non possiamo vivere all'infinito da reclusi ma dobbiamo capire che i nostri atti hanno delle conseguenze, e se possiamo guardare al futuro con speranza è grazie alla vaccinazione»
Parlando della protezione che l'infezione lascia, ha aggiunto Merlani «non siamo ancora in grado di mettere in relazione diretta il tasso di anticorpi e la garanzia che la persona sia protetta: si possono avere degli anticorpi e poi fare l'infezione, o non avere anticorpi ed essere comunque protetto. Ci sono altri sistemi che proteggono il corpo: nel caso di un virus come Sars-Cov-2 la protezione importante è quella cellulare, difficilmente misurabile. Bisogna poi capire il livello: un conto è non trasmettere il virus, un altro è non sviluppare l'infezione, il terzo livello è avere la malattia in forma asintomatica o con sintomi, e infine la protezione dai decorsi gravi. Il vaccino è stato studiato e analizzato in termini di decorsi severi: ospedalizzazione, intubazione, ricovero in cure intense e decessi. Una persona vaccinata si ammala o trasmette la malattia con una probabilità minore, ed è comunque una protezione maggiore rispetto a quella offerta dalle altre misure».
«La protezione dal vaccino, secondo molti elementi, è superiore a quella naturale data dall'aver avuto la malattia, tanto è vero che chi ha sviluppato l'infezione riceve il certificato Covid per soli sei mesi, mentre chi è vaccinato lo riceve per 12 mesi. Possiamo inoltre dire che i vaccini utilizzati in Svizzera sono sicuramente efficaci contro la variante Delta soprattutto in termini di protezione dal decorso severo della malattia» ha chiarito il medico cantonale. Lo dimostra il fatto che dal 25 gennaio non si è avuto più nessun caso nelle case anziani, perchè erano passate tre settimane dalla somministrazione dei primi vaccini il 4 gennaio.
A livello ticinese la variante Delta, una settimana fa, era al 22%, e il dato potrebbe salire al prossimo rilevamento.