I giovani sono la categoria meno coperta dal vaccino, ma sono anche il pubblico di riferimento dei locali da ballo che lamentano difficoltà finanziarie
«Le circostanze sono difficili perché i vaccinati restano pochi e la stragrande maggioranza di questi è over 60, si tratta dunque di una limitazione molto restrittiva per i nostri standard e per tutti coloro che lavorano in questo settore». Così si esprime Andrea Severini, responsabile del Club Seventy7 di Ascona, riguardo alla recente riapertura delle discoteche decisa tra le altre misure dal Consiglio federale. In effetti, se da un lato, grazie all’allentamento dei provvedimenti contro il coronavirus, dallo scorso 26 giugno le discoteche hanno potuto riaprire le proprie piste da ballo senza alcun limite di capienza e senza obbligo di mascherina, dall’altra subentra il vincolo di presentare un certificato Covid all’entrata. Certificazione della quale talvolta non tutti sono muniti, come ci spiega Severini: «Non è raro che molte persone che si presentano al nostro locale non ne siano munite, quindi capita che gruppi interi se ne vadano anche quando alcuni sono effettivamente coperti dal pass, perché ormai quando si è in compagnia è peccato doversi separare. A spanne – continua – direi che il 70 per cento delle persone che vogliono entrare non è ben informata sulla legislazione in corso e, di conseguenza, dobbiamo spiegare loro che per poter accedere al locale è necessario adempiere i requisiti stabiliti dalla Confederazione». Questa tendenza è confermata da Davide, portavoce del Bunker Club di Lugano, secondo il quale «il problema è che la clientela non è abituata a farsi fare il certificato per uscire la sera. In effetti, anche noi siamo stati costretti a rifiutare molte persone ed è un peccato, anche perché a oggi direi che un buon 10 per cento si presenta ancora senza certificazione». In tal senso, Davide riconduce la causa principale di questa situazione al fatto che «molti giovani non hanno ancora ricevuto o stanno ricevendo soltanto in questi giorni la seconda dose di vaccino». Peraltro, precisa Severini, «siccome i tamponi compatibili al certificato Covid possono esclusivamente essere fatti in farmacia, è importante che sia facile potersi far testare. Fortunatamente, alcune sedi si stanno organizzando per pianificare dei test senza che sia necessario prenotare».
Tutti limiti questi che, stando a Davide, «fanno sì che ci ritroviamo spesso con l’acqua alla gola, non si potrà andare avanti così a lungo. In effetti, se le spese restano uguali, le entrate si aggirano però attorno alla metà, se non meno. Tant’è che ci siamo chiesti più di una volta se valesse la pena aprire per così pochi clienti o se piuttosto converrebbe tenere chiuso ancora per qualche tempo. Penso che, per tutti coloro che lavorano in questo settore, i due primi weekend durante i quali è stato possibile aprire non siano andati benissimo. Infatti, rispetto a un’affluenza normale, siamo a molto meno della metà e, per entrare almeno nella norma, potremmo forse stare tranquilli se i clienti fossero almeno il doppio». Severini aggiunge che «in confronto allo scorso anno, nonostante il numero di nuovi casi non sia elevato e malgrado il fatto che ora disponiamo dei vaccini, le limitazioni odierne sono molto più stringenti. In effetti, la scorsa estate l’unico mezzo di cui disponevamo era quello del ‘contact tracing’ e le persone potevano entrare nel locale senza aver dovuto fare dei tamponi; in questo modo riuscivamo ad avere una buona affluenza di clienti». Parallelamente, Severini ci dice che «un altro problema che si pone si rifà alla questione del certificato europeo che è leggermente diverso rispetto a quello svizzero. In effetti, non sono ancora considerati validi e anche questa è una chiara limitazione per chi arriva dall’estero». Da oggi la compatibilità tra il Covid pass svizzero e quello europeo è però data.
Per quanto concerne le misure adottate attualmente, «rispetto agli altri anni, ormai, capita meno spesso che dei clienti entrino per caso perché stavano passando di lì, per noi resta quindi centrale informare la gente che è possibile organizzare degli eventi, ad esempio delle feste di compleanno per le quali le date sono fisse ed è più facile prenotare i tamponi. In ogni caso, se la normativa rimane questa tutta l’estate, i giovani probabilmente si adegueranno di conseguenza perché purtroppo queste sono le regole da seguire se si vuole poter tornare in discoteca», spiega Severini. E guardando ai prossimi mesi? «Siamo ancora in fase di valutazione – conclude – anche perché siamo aperti da neanche due settimane. Resta però il fatto che normalmente, in questo periodo dell’anno, eravamo aperti sei giorni su sette, mentre a oggi solo tre. Quindi, in funzione di come andrà e se aumenterà l’affluenza di persone già vaccinate o che ricorreranno più spesso al pass, eventualmente cambieremo i piani d’apertura, sempre seguendo le normative federali, che però non dovrebbero cambiare per quest’estate». Infine, Davide non ci nasconde un po’ di delusione: «Prima di riaprire, speravamo che la gente avesse voglia di uscire dopo tutti questi mesi e che le prime settimane sarebbero state caratterizzate da un’affluenza molto alta che ci permettesse di sostenere l’estate, invece siamo rimasti un po’ con l’amaro in bocca. Non va poi dimenticato che adesso arrivano anche le vacanze, quindi ci sarà meno gente, e che in discoteca fa sempre più caldo, il che ci rende meno interessanti. In definitiva, sarà da vedere come andranno i prossimi mesi, ma in ogni caso speriamo che alla fine la gente capisca meglio come organizzarsi».