Ticino

Pandemia, il prezzo della scuola ‘in presenza’

I docenti sottolineano le difficoltà incontrate in un anno per nulla ‘normale’ e chiedono un sostegno per gli allievi lasciati indietro

Le quarantene di classe sono state circa 200
(Archivio Ti-Press)
15 giugno 2021
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Per ricordare simbolicamente la fine di un anno scolastico svolto quasi integralmente in presenza – un unicum a livello europeo – ma condizionato comunque dalla pandemia di coronavirus, il corpo docente delle scuole ticinesi, di ogni ordine e grado, è invitato giovedì a sospendere le lezioni per due minuti. Avverrà, ricorda Fabio Camponovo, presidente del Movimento della scuola che raggruppa varie organizzazioni magistrali, «per ricordare l’impegno profuso da tutte le componenti scolastiche nella gestione di un anno particolarmente impegnativo». L’invito è rivolto oltre che agli insegnanti e a tutto il personale della scuola, anche agli allievi e alle loro famiglie.

Giovedì 17 giugno, nel corso della mattinata, negli istituti scolastici ticinesi ci si fermerà per un paio di minuti: “due minuti di riflessione, due minuti per la scuola”, si legge in una nota. 

«È un modo per sottolineare l’obiettivo raggiunto di un anno scolastico comunque molto particolare e anche come spunto rivendicativo nei confronti delle istituzioni e del dipartimento responsabile della scuola», ha affermato ancora Fabio Camponovo. «Il mondo della scuola è giustamente orgoglioso di essere riusciti a rimanere ‘in presenza’. In altri Paesi non si è riusciti, quindi ci fa piacere che in Ticino e in Svizzera, in generale, si sia sottolineata l’importanza educativa e sociale oltre che civile della scuola in presenza», ha continuato Camponovo nelle cui parole c’è un enorme ‘tuttavia’, neanche troppo sottinteso. «Non è stato però un anno ‘normale’ come si vuole fare intendere, né per gli allievi, né per le famiglie, né per gli insegnanti e tutto il personale scolastico», ha precisato. A proposito delle quarantene di classe Camponovo ha fatto notare come ce ne siano stato quasi duecento, coinvolgendo oltre 4mila allievi e famiglie e quattro quarantene di istituto. «Ciò ha significato un doppio lavoro per centinaia di docenti e difficoltà didattiche per tanti allievi. A queste si sono aggiunte le quarantene individuali. Celare allievi e insegnanti dietro una mascherina non ha, infine, agevolato la didattica». Tutto questo è stato possibile grazie a «imposizioni che hanno limitato l’autonomia dei docenti; a forme didattiche digitali che hanno inibito il rapporto con gli allievi, soprattutto quelli più fragili». Da qui la richiesta - sottoscritta anche da altre associazioni della scuola (Vpod-Docenti, Ocst-Docenti; i docenti di educazione fisica, i docenti delle scuole medie superiori, Sisa - valorizzare ancora di più l’educazione intesa come «risorsa per affrontare consapevolmente le incognite che ci aspettano nel prossimo futuro». 

Uno degli aspetti che è emerso nel corso di questa emergenza sanitaria è la fragilità psicologica e pedagogica dei giovani. «Pure nel lodevolissimo intento di portare avanti un insegnamento di qualità il più possibile attento all’equità e all’inclusione, gli allievi più fragili pagano un prezzo di deficit di apprendimento e di difficoltà scolastiche», ha spiegato Camponovo chiedendo al Dipartimento dell’educazione di varare un ‘piano pandemico’ che tenga conto dello stato psicofisico degli allievi. Magari prevedendo corsi di recupero. Infine, l’appello a un maggior coinvolgimento dei Collegi docenti e degli insegnanti nella progettazione della scuola di domani, superando «l’eccezionalità pandemica».

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