Il giudice Mauro Mini nella sua ultima relazione alla testa della Corte dei reclami penali rimarca l'importanza dell'indipendenza per incrementare la qualità
“Spiace lasciare la carica di magistrato in un momento in cui la magistratura tutta del Cantone è stata messa purtroppo in cattiva luce in occasione della procedura di rinnovo del Ministero pubblico. L'imperizia di alcuni si è gravemente ripercossa su tutti i magistrati, sulla loro attività e sulla loro immagine”. È messa nero su bianco nella sua ultima relazione da presidente della Corte dei reclami penali la desolazione con cui il giudice d'Appello Mauro Mini, a pochi mesi dalle proprie dimissioni effettive annunciate per agosto, analizza la tormentata vicenda del rinnovo delle cariche per il periodo 2021-2030 al centro del dibattito politico (e giudiziario) negli scorsi mesi. Come superare la tempesta? “Solo comportamenti improntati all'umiltà e alla ricerca costante di un miglioramento potranno permettere alla magistratura di uscire da questa brutta situazione”, scrive Mini nella sua relazione contenuta nel Rendiconto 2020 del Tribunale d'Appello. E sottolinea: “L'indipendenza della magistratura dalle autorità politiche e amministrative, come pure l'indipendenza tra le diverse autorità penali, sono le strade da percorrere per mantenere e incrementare la qualità dell'attività”.
Non è la prima volta che Mini si esprime sul tema dell'indipendenza. Nelle vesti di presidente del Tribunale d'Appello, massima autorità giudiziaria ticinese, nel 2018 aveva parlato del rapporto tra giustizia e politica con toni anche critici (era il periodo della vicenda dei rimborsi spese dei consiglieri di Stato), ma anche in altre occasioni non sono mancati interventi su indipendenza e autonomia della magistratura, come sull'importanza della formazione continua sia per i giudici, sia per i procuratori. Temi, questi, ripresi nella sua ultima relazione alla testa della Corte dei reclami penali, nella quale scrive che “l'orientamento delle scelte dei nuovi magistrati in base prevalentemente alle capacità (formazione ed esperienze) e non in base a criteri di affinità politica potrà pure permettere un salto di qualità nell'attività della magistratura”.
Proprio per questi motivi, per Mini “sono urgenti delle riforme, che però non si vedono all'orizzonte, e delle adeguate soluzioni logistiche”. Già, le soluzioni logistiche. La proposta di acquisto dello stabile Efg formulata dal governo langue nella commissione parlamentare della Gestione, dove c'è tutto fuorché unanimità nei gruppi parlamentari verso una spesa di 80 milioni di franchi che, aggiungendo la ristrutturazione del Palazzo di giustizia, lieviterebbero a 224 milioni considerando l'insieme della riorganizzazione logistica della magistratura. A quest'ultimo proposito, Mini nella sua relazione ricorda che “quando sono arrivato alla Corte dei reclami penali (marzo 2004) ho ricevuto dal mio predecessore l'incarto con i piani per la ristrutturazione di Palazzo di giustizia. Ho conservato detti documenti, che consegnerò simbolicamente al mio successore, senza però che una ristrutturazione sia avvenuta durante la mia permanenza in Tribunale”. Detta altrimenti: in 17 anni.
La Corte dei reclami penali, afferma Mini, “è anche un osservatorio interessante dell'attività di alcuni settori penali. Per il Ministero pubblico, se l'attività d'inchiesta nel settore polizia funziona discretamente, e i procedimenti sono di regola condotti e conclusi in tempi adeguati e ragionevoli, nel settore dei reati finanziari la situazione era e rimane problematica”. Considerato come “le inchieste, se complesse, faticano a essere concluse, e l'aggiornamento dei processi non è certo immediato, di modo che spesso gli imputati arrivano in aula penale nell'imminenza della prescrizione: l'aspetto di prevenzione e punitivo perdono molto del loro significato”.
Qualche parola, infine, viene dedicata all'Ufficio dei provvedimenti coercitivi e al Tribunale penale cantonale. Il primo, per Mini, “ha avuto una riduzione dei giudici che ha purtroppo compresso il tempo e le energie a disposizione per approfondire (nei brevi tempi concessi dal Codice di procedura penale) i casi spesso complessi da decidere. Il sovraccarico d'incarti si è perciò ripercosso anche con una riduzione della qualità (non della correttezza) delle decisioni emanate”. Il Tpc, invece, “è stato potenziato, ma non si sono ancora potuti constatare gli effetti di detti potenziamenti. I rinvii di incarti sono diventati importanti, non sempre a vantaggio di una continuazione e una celere conclusione delle inchieste”.