Dopo il caso della madre freddata a Carasso dall'ex marito, lo psicoterapeuta De Maglie del Centro di ascolto uomini maltrattanti spiega tanta violenza
Ogni due settimane una donna viene uccisa in Svizzera dal compagno. Domenica scorsa è toccato ad una madre 44enne, freddata dall’ex marito sulla ciclopedonale di Carasso (Bellinzona). Entrambi di origini siriane, da tempo vivevano in Ticino. Lui non accettava la separazione, più volte aveva tentato e insistito, voleva tornare a casa, ma ogni volta si confrontava col fermo rifiuto di lei. C’è stato un tentativo di mediazione con un vescovo siriano, parente di uno dei due, ma nulla era cambiato. L’ennesimo rifiuto ha scatenato la violenza dell’uomo - un autista di bus, descritto come una persona gentile e tranquilla - che ha iniziato a perseguitare pesantemente l’ex moglie, la seguiva, la minacciava anche sotto casa - racconta un'amica - facendola sentire in pericolo e dicendole che avrebbe fatto del male ai figli se lei lo avesse denunciato. Le ripeteva “o sarai mia o di nessun altro”. Domenica l’ha uccisa sotto gli occhi increduli dell’amica con cui la vittima - madre di due figli ormai orfani - stava facendo jogging in una giornata di sole. In seguito l’uomo ha rivolto la pistola verso di sé e si è tolto la vita. Poco meno di un anno fa riferivamo di un altro episodio altrettanto drammatico: un uomo sparò all'ex moglie e al nuovo compagno in un bar di piazza grande a Giubiasco, poi si uccise.
La violenza coniugale uccide più della strada. In Ticino la polizia interviene in media ben tre volte al giorno ed è purtroppo solo la punta dell’iceberg. È un dovere informare e proteggere donne e bambini che hanno il diritto di vivere liberamente, di denunciare chi le minaccia e sentirsi al sicuro. Ma ciò non basta. Occorre occuparsi (e non solo con pene detentive) anche di chi ha maltrattato la compagna e non vuole più usare violenza per ferire, punire, controllare la propria partner o l’ex. C’è chi riesce a cambiare e fa un piacere a tutti, seminando meno dolore. In Ticino siamo agli inizi con questo nuovo approccio; in Italia dal 2009 c’è il Centro di ascolto uomini maltrattanti (Cam), un servizio rivolto a chi vuole cambiare e assumersi la responsabilità di abbandonare la violenza. In pochi anni, le sedi sono diventate quattro. “Raramente si ferma da solo questo comportamento violento e di controllo degli uomini. Spesso sono anche molto sinceri quando promettono di non farlo più. Purtroppo, però, la maggior parte non riesce a mantenere tali promesse senza supporto e assistenza adeguati”, spiega Mario De Maglie, psicoterapeuta e vice presidente del Cam di Firenze.
Che cosa gira nella testa di un uomo violento? Come si arriva a uccidere la madre dei propri figli?
Chi arriva ad uccidere è per fortuna una piccola minoranza rispetto alle numerose quotidiane forme di maltrattamento fisico, sessuale, psicologico ed economico nella coppia. L'uomo violento di regola fatica a gestire la rabbia, può sentirsi provocato, può aver accumulato vissuti traumatici, può essere cresciuto in un contesto violento, può essere vittima di stereotipi rispetto al ruolo della donna, può avere delle fragilità e compensare l’inadeguatezza con atteggiamenti da ‘macho’, esercitando potere e controllo sulla compagna pur dipendendo emotivamente dalla relazione. Le situazioni sono diverse. Stiamo parlando della metà della popolazione maschile.
Sono gesti premeditati o esplosioni d’ira non gestibili?
La violenza non è una malattia. Gli uomini scelgono di essere violenti e allo stesso modo possono scegliere di fermarsi. Li aiutiamo a responsabilizzarsi, a prendere coscienza delle conseguenze dei loro comportamenti e diamo loro gli strumenti per provare a cambiare. Gran parte degli uomini a causa di stereotipi sociali non sa, a differenza delle donne, come esprimere le emozioni, conoscono invece la rabbia, la considerano da ‘macho’. Chi è violento ci racconta che non riusciva a comunicare con la compagna o non si sentiva considerato nella coppia. Invece di parlarne, si reagisce con aggressività.
Come disinnescare tanta violenza?
Nei nostri centri aiutiamo uomini che hanno già compiuto l’atto, arrivano volontariamente o inviati da un’autorità giudiziaria. Diamo loro uno spazio di ascolto, li aiutiamo a capire la sofferenza che causano e insegniamo loro delle tecniche per gestire la rabbia, per sottrarsi all’impulso di reagire in modo aggressivo e fermarsi in tempo. Il rischio di ricaduta esiste. Se l’uomo è in periodo delicato e fatica a gestire la rabbia, si coinvolge anche la compagna.
Il vostro approccio porta frutti? Non si ricasca nella violenza?
La violenza fisica cessa abbastanza velocemente, è più lungo il percorso per modificare quella psicologica, la manipolazione del partner. Determinante è la motivazione, chi vuole cambiare, ha buone chance di farcela. Vediamo invece casi, spesso quelli inviati dai penitenziari, dove l’uomo fatica a riconoscere di avere un comportamento violento ed è più difficile fare un percorso, che porti a risultati.
Il bracciale (o cavigliera) per la sorveglianza elettronica a distanza dell’autore di violenza domestica è una buona soluzione?
Va valutata la pericolosità della persona, tenendo sempre presente che l’obiettivo è la sicurezza della vittima. In alcuni casi è valutabile.
La violenza è violenza ovunque o sta aumentando anche per le forti migrazioni da paesi dove culturalmente la donna ha un ruolo più sottomesso?
Aiutiamo anche uomini stranieri, ci sono elementi culturali che in determinate situazioni vanno sicuramente considerati. In alcuni paesi è legittimo picchiare la compagna e non permetterle di lavorare. Sono influenze culturali importanti che continuano ad agire anche in un Paese straniero. Solo in Italia, leggi come quelle sul delitto d'onore, la violenza sessuale in quanto reato contro l'onore, sono state abolite relativamente troppo di recente perché la mentalità che hanno plasmato si possa dare per sparita.
Anche nelle coppie giovani c’è violenza?
Aiutiamo uomini dai 18 ai 75 anni, purtroppo la violenza nella coppia riguarda tutte le età. Facciamo prevenzione nelle scuole, mettiamo in guardia dalla manipolazione psicologica ed emotiva che può degenerare in violenza. Se un ragazzo pretende da una ragazza di sapere sempre dove va, cosa fa e con chi, se le controlla ossessivamente il cellulare, la minaccia anche senza violenza fisica, è bene sapere che non è amore. Le ragazze dovrebbero imparare molto presto che hanno il diritto di dire di no.
Che cosa consigliate ad una donna minacciata dall’ex … anche se teme per se stessa e i suoi figli?
Consigliamo sempre di chiedere aiuto alle autorità e servizi competenti.
Mario De Maglie, psicoterapeuta e vice presidente del Centro di ascolto uomini maltrattanti
Da luglio scorso, il procuratore pubblico può ordinare – sospendendo il procedimento per 6 mesi – la partecipazione dell’imputato (in caso di lesioni semplici, minacce) a un programma di prevenzione alla violenza. La sfida è trasformare questa costrizione in opportunità per riconoscere e possibilmente modificare comportamenti violenti. Sei mesi non sono certo tanti per cambiare atteggiamenti radicati magari da decenni. Se ne occupa l’Ufficio dell’assistenza riabilitativa, che dal 2011 assicura sostegno e consulenza in materia di violenza domestica e dal 2014 gestisce camere d’emergenza per chi, dopo aver agito con violenza, viene allontanato dal proprio domicilio dalla polizia. Concretamente vengono proposti quattro programmi, di cui uno con un approccio cognitivo comportamentale. Si tratta di incontri di gruppo, a frequenza quindicinale, spalmati su sei mesi, dove si discute di violenza domestica da vari punti di vista, dalle sue cause alle sue conseguenze, affrontando dinamiche, aspetti sociali e culturali, aiutando le persone a gestire le emozioni, la rabbia. Alla fine del percorso è prevista una valutazione per il Ministero pubblico. Altra novità: sul piano federale si profila una misura per accrescere la difesa delle vittime: l'applicazione del bracciale (o cavigliera) per la sorveglianza elettronica a distanza dell’autore di violenza domestica. Scatterà dal 1° gennaio 2022. Infine, il Ticino da poco meno di un anno ha una coordinatrice istituzionale per la violenza domestica (Chiara Orelli Vassere) al Dipartimento delle istituzioni e sta lavorando a un piano di azione cantonale che sarà presentato in autunno al Governo.