Intervista a Elio Venturelli, che sostiene la proposta di scorporare l’Ufficio cantonale di statistica dal Dipartimento delle finanze e dell’economia
Separare l’Ufficio cantonale di statistica (Ustat) dal Dipartimento delle finanze e dell’economia (Dfe) in modo da garantirne l’indipendenza. Poi permettergli di centralizzare la rilevazione e il trattamento dei dati oggi ‘dispersi’ in ciascun dipartimento. Questa la proposta che il Gran consiglio sarà chiamato a discutere la settimana prossima, confrontando due rapporti provenienti dalla Commissione della Gestione: quello di maggioranza, contrario, e quello della minoranza rossoverde, favorevole alla mozione presentata nel 2019 dal gruppo Mps-Pop-Indipendenti. Per capire la posta in gioco chiediamo un parere a Elio Venturelli, storico direttore dell’Ustat dal 1978 al 2006.
Venturelli, lei ha più volte raccontato le pressioni subite negli ultimi anni della sua direzione. Nel frattempo però è arrivata la Legge sulla statistica cantonale, che garantisce l’indipendenza dell’Ustat anche attraverso l’istituzione di una speciale Commissione scientifica. Inoltre in Svizzera 10 uffici cantonali di statistica su 14 riportano al Dipartimento delle finanze. Serve lo stesso un ufficio autonomo?
Certamente. L’autonomia operativa e finanziaria permette di essere più liberi da pressioni indebite e di potersi relazionare in maniera più efficace con tutti i dipartimenti. Non perché l’Ustat debba fare quello che vuole, ma perché questa autonomia è importante per assolvere i suoi compiti. Compiti comunque elaborati dal Consiglio di Stato in coordinamento col Gran Consiglio, che dunque preordinano le scelte sugli ambiti di ricerca.
Secondo il rapporto di minoranza, l’autonomia dovrebbe fare il paio con la centralizzazione presso l’Ustat dei dati e delle informazioni.
Questo costituisce secondo me il punto centrale della riforma. Finché la gestione dei dati resta nelle mani dei singoli dipartimenti, l’accesso da parte dell’Ustat rischia di essere ostacolato e rimane comunque più difficile, anche solo per motivi organizzativi. Questo è evidente già da anni soprattutto sui temi più sensibili, ad esempio i costi della sanità e il mercato del lavoro. Se i dati e le persone che se ne occupano fossero riuniti sotto lo stesso tetto, si potrebbe ottenere una rappresentazione statistica sempre più accurata della situazione cantonale, a beneficio della politica e dei cittadini.
A proposito di cittadini, lo scopo della riforma dovrebbe essere anche quello di garantire una comunicazione sempre più ampia, ad esempio attraverso sportelli per la popolazione. Anche questo però è un tema spinoso: un po’ perché si tratta di un impegno gravoso, un po’ perché a ogni dichiarazione si rischia di essere accusati di non essere neutrali da una politica in campagna elettorale permanente.
Ai tempi in cui alla direzione del Dfe c’era l’équipe della Consigliera Marina Masoni, infatti, mi capitò ripetutamente di essere invitato a non fornire direttamente informazioni e a non commentarle. Ma la politica deve accettare il fatto che l’analisi è fondamentale per dare un senso ai dati, e non la si può confondere con la parzialità politica. L’auspicio è che la maggiore autonomia organizzativa si rifletta positivamente anche su quella comunicazione che comunque è già oggetto di un grande impegno, come si vede dalle molte pubblicazioni e iniziative varate nel corso degli anni.
Importante sarà anche capire come realizzare concretamente questa autonomia, per evitare di trovarsi senza le necessarie risorse. Il rapporto di minoranza parla di una struttura analoga a quella della Cancelleria, quindi sottoposta al Consiglio di Stato ma non a un singolo dipartimento.
Non sta a me stabilire quale sia la soluzione migliore: qualcosa di simile alla Cancelleria, un’opzione organicamente autonoma come il Controllo cantonale delle finanze o ancora un ente di diritto pubblico indipendente, come vediamo a Lucerna, un cantone sempre all’avanguardia dal punto di vista della ricerca statistica. Di questo potrà discutere anzitutto il legislativo. L’importante è che non si cerchi di approfittare di un’eventuale transizione per tagliare i fondi all’ufficio, come ho visto provare a fare più di una volta, sempre con la medesima scusa: “costa troppo”. Una motivazione frutto forse più dell’indifferenza che dell’ostilità, ma comunque figlia di una sostanziale ignoranza circa le esigenze del cantone. Un cantone che più di altri deve tenere monitorate moltissime variabili – penso alla complessità del mercato del lavoro e del territorio – per informare tutti e per permettere proprio alla politica di fare le scelte giuste ed evitare speculazioni.