Dal rientro dell’enclave in zona gialla, gli svizzeri affollano, soprattutto a mezzogiorno, bar e ristoranti
Il settore della ristorazione non riapre i battenti. È quanto ha confermato il Consiglio federale nella conferenza stampa di mercoledì. Gli esercizi pubblici in Ticino e nel resto della Svizzera sono chiusi ormai dal 22 dicembre scorso, senza alcuna prospettiva di riprendere l’attività in tempi brevi. Forse dal 22 marzo, solo le terrazze dei ristoranti e se l’evoluzione della pandemia lo permetterà. Ma c’è una realtà a noi vicina in cui le cose, almeno dal ritorno della Lombardia in zona gialla avvenuto il primo febbraio e se non verrà rimessa in zona rossa (una decisione è attesa oggi, ndr), sono ben diverse. Una realtà di cui in molti tendono a dimenticarsi: quella di Campione d’Italia. Dopo alcune segnalazioni fatte a ‘laRegione’ che ci informavano di un gran movimento di ticinesi presenti sul territorio dell’enclave per motivi di svago, siamo andati sul posto per capire cosa succede veramente in questa terra di mezzo, contornata dal Ticino ma pur sempre di giurisdizione italiana.
È mezzogiorno e mezzo di sabato 13 febbraio quando arriviamo sotto l’Arco che segna il confine tra Bissone e Campione, tra Svizzera e Italia. Benché dal 1° gennaio 2020 l’enclave faccia parte dello Spazio doganale dell’Unione europea, non esiste una dogana in senso fisico. Le entrate e le uscite non vengono quindi controllate in modo sistematico. Ed è così anche ora, nonostante formalmente, causa Covid, l’accesso a Campione sia vietato ai non residenti, tranne che per comprovata necessità: motivi di salute, di studio o di lavoro. Sì, perché in teoria le norme vigenti nel piccolo comune comasco sul Ceresio sono le stesse che si applicano al di là della frontiera di Chiasso-Brogeda o Ponte Tresa.
Nessuna guardia di confine, nessun poliziotto, nessun carabiniere. Passiamo e bastano poche decine di metri per incontrare le prime targhe rossoblù. In seguito all’adesione allo Spazio doganale europeo i campionesi hanno però ottenuto una proroga di validità dell’immatricolazione svizzera, che sarà valevole fino alla fine del 2022. Difficile quindi stabilire quanti automobilisti siano residenti in Ticino e quanti lo siano nell’enclave. Si intravedono però anche alcune targhe svizzero tedesche: Soletta, San Gallo e Zurigo. Oltrepassando l’imponente figura del casinò, spettro della Campione dei tempi d’oro, si arriva alla zona centrale del paese.
Il movimento è sicuramente inusuale per un comune che non arriva ai duemila abitanti. Ristoranti e bar sono strapieni. Secondo la normativa italiana, gli esercizi pubblici della zona possono operare normalmente, rispettando però l’orario di chiusura delle 18 e il numero massimo di quattro persone per tavolo. Entriamo in uno dei ristoranti più gettonati: il Sushi Gao. La formula all you can eat, si sa, è molto apprezzata dai ticinesi. Ci viene misurata la febbre ed entriamo. Tutti i tavoli sono occupati: tante le famiglie, le coppie e i gruppi di amici che si godono il pranzo in compagnia. Tra loro anche persone che conosciamo, residenti nel Luganese. A evidenziare ulteriormente la peculiarità dello status di Campione, il menu, nel quale i prezzi sono indicati unicamente in franchi.
Dopo pranzo ci rechiamo al Buddha Lounge, un bar che in tempi normali tiene aperto solo la sera. Ora, per forza di cose, lavora da mezzogiorno alle 18. Molti i tavoli già pieni, e sono solo le 15. I rimanenti sono riservati, ci viene detto, ma siamo ammessi sul balcone esterno, dove sono già presenti una decina di persone, un po’ sedute e un po’ in piedi. Anche qui incontriamo persone a noi conosciute, del Bellinzonese come del Luganese. La clientela è molto giovane, tra i venti e i trenta, e consuma perlopiù superalcolici. Appare evidente come in questo tipo di locale la chiusura serale abbia trasformato l’aperitivo nell’uscita del sabato notte. Molto movimento anche al Bar Campione, dove a dispetto delle basse temperature la clientela occupa anche tutti i posti disponibili sulla veranda esterna.
Interrogato da ‘laRegione’ rispetto al via vai di gente tra Campione d’Italia e Ticino, Engin Celes, dipendente del Bar Campione, ci ha spiegato meglio le dinamiche vissute dai campionesi in questo periodo particolare. «È normale che i ticinesi vengano qui. Quando noi eravamo in zona rossa a novembre e dicembre e voi eravate aperti, noi cosa facevamo? Venivamo in Svizzera, per fare una cena o anche solo per bere un caffè. Ora la situazione si è ribaltata e allo stesso modo i ticinesi vengono da noi. E per reciprocità questo viene tollerato». Sottolinea poi l’impossibilità per i campionesi di vivere la vita di tutti i giorni restando nell’enclave: «La verità è che Campione è una realtà ticinese. Se io voglio andare all’ufficio postale per fare dei pagamenti devo andare per forza in Svizzera. Non c’è un supermercato, non c’è un ospedale. Per accedere a tutti questi servizi noi a oggi dobbiamo per forza andare in Ticino».
Dall’inizio dello scorso anno, Campione d’Italia sottostà a un nuovo statuto doganale. Secondo quanto esplicitato sul loro sito web, “per ragioni (geo-)logistiche” l’Amministrazione federale delle dogane (Afd) non può però garantire un’occupazione del valico. «L‘ordinanza sulle misure di lotta contro il coronavirus nel traffico internazionale dei passeggeri si basa sull’auto responsabilità dei viaggiatori» spiega Donatella Del Vecchio, portavoce dell’Amministrazione federale delle dogane. «L’Afd effettua controlli basati sul rischio ed è presente ai valichi di frontiera nell’ambito del suo mandato». «I controlli vengono effettuati non solo in modo statico ma anche in modo mobile», precisa Del Vecchio.