La copresidente socialista risponde alle richieste di Plr e Udc e contrattacca: 'Ascoltiamo la task-force scientifica, sono loro gli esperti da seguire'
«La domanda da porsi non deve essere, come fanno i partiti borghesi e i due consiglieri federali Udc responsabili dell’economia e delle finanze, quanto costa salvare le imprese ora. Ma quanto ci costerebbe se non facessimo niente dal punto di vista sanitario». In vista delle decisioni di mercoledì prossimo da parte del Consiglio federale in merito all’eventuale prolungamento delle chiusure delle attività (il Consiglio di Stato ticinese si pronuncerà sul tema solo rispondendo alla consultazione che invierà Berna), anche la sinistra prende posizione. Se per il Plr Speziali chiede che il Consiglio federale pianifichi scenari di riaperture e per l’Udc Marchesi chiede che queste riaperture avvengano subito dopo la scadenza del 28 febbraio, la copresidente del Partito socialista Laura Riget è cauta. E alla ‘Regione’ afferma: «Quella che dovrà prendere il Consiglio federale è una decisione difficile, perché è vero che attualmente i numeri di contagi e ospedalizzazioni sono bassi. Ma le mutazioni del virus, più contagiose, si stanno diffondendo».
Riaprire subito quindi per voi è troppo rischioso?
Rischioso, ma anche prematuro. Bisogna ascoltare la task-force scientifica perché sono loro gli esperti, non lo siamo noi politici che abbiamo studiato storia, economia, o altro. C’è molta pressione da parte dell’economia e il rischio conseguente è quello di ripetere l’errore della scorsa primavera/estate, con riaperture troppo rapide. Abbiamo visto come è andata a finire. Umanamente è difficile, siamo tutti stufi. Ma bisogna avere pazienza e continuare a rispettare queste chiusure e sopportarle.
Però la task-force scientifica si esprime solo nei propri ambiti, quelli appunto della scienza. La politica ha la responsabilità di tenere conto di tutte le sensibilità.
È molto pericoloso questo voler porre in contrapposizione la scienza da una parte e l’economia, la società, le libertà dall’altra. Qualsiasi lavoratore in qualsiasi settore ha bisogno di essere sano per svolgere la propria attività, in questo momento la priorità è salvaguardare la salute pubblica ma questo non significa condannare l’economia a fallimenti e licenziamenti. Nel 2020, uno dei peggiori anni dal punto di vista economico e finanziario, la Banca nazionale svizzera ha fatto comunque 21 miliardi di utili. È urgente rinegoziare la distribuzione di questi soldi, per aiutare persone e imprese in difficoltà.
La stanchezza e i timori della popolazione confrontata con queste misure stanno aumentando?
Le persone che spingono per le riaperture penso lo facciano perché preoccupate per il loro futuro economico e professionale, perché hanno paura che la loro piccola azienda fallisca, o di perdere il lavoro, di cadere in assistenza. Queste paure sono estremamente legittime, e la politica deve rispondere. Ma la risposta non deve essere riaprire il più in fretta possibile mettendo a rischio la salute pubblica. Deve semmai essere quella di dare più aiuti: alle imprese, ma anche ai lavoratori magari prolungando le indennità di disoccupazione o aumentando la soglia entro la quale si riceve il 100% del salario anche se si è in lavoro ridotto.
Parlando di aiuti, come giudica l’operato sia del Consiglio federale sia del Consiglio di Stato ticinese?
Si sta facendo troppo poco sia per gli aiuti alle imprese, sia per quelli alle persone. È positiva la notizia che il Consiglio federale voglia estendere gli aiuti per i casi di rigore, ma bisogna uscire dall’idea che va aiutato solo chi è sull’orlo del fallimento. Servono più aiuti anche a fondo perso per tutti i settori costretti a chiudere o ridimensionare le proprie attività in questo periodo. Un impegno deve esserci anche nel dare prospettive ai giovani, soprattutto sugli apprendistati.
Con la logica degli aiuti non si potrà andare avanti per molto tempo. Non pensa?
È chiaro che non possiamo tenere chiuso in eterno e prima o poi bisognerà, in sicurezza, riaprire. Adesso nel breve periodo quello che servono sono aiuti immediati, senza eccessiva burocrazia e più generosi di quelli attuali. Qui la maggioranza borghese ha fatto troppo poco. Dicono sempre che loro sono i partiti a favore dell’economia, e invece in questa pandemia è venuto fuori che chi a Berna ha portato più proposte, e alcune di queste si sono concretizzate, è stato il Ps.
Insomma, mercoledì prossimo di fianco a Berset vi aspettate di vedere Maurer e Parmelin a parlare di fondi.
Certo. Noi abbiamo sempre detto che la priorità è la salute pubblica, ma se si continuerà con le chiusure è ovvio che debbano aumentare gli aiuti. Dal lato sanitario con Berset, ma anche dal lato economico e finanziario con Maurer e Parmelin. Sono un po’ stufa di questo continuo atteggiamento di incolpare Berset per tutta questa situazione, ciò denota mancanza di conoscenze di civica e matematica. È vero che Berset è in prima linea occupandosi del Dipartimento degli interni e quindi della sanità, ma le decisioni in Consiglio federale si prendono assieme e in maggioranza, sappiamo tutti quali partiti hanno quanti seggi.
E poi c’è il mondo della cultura, gravemente colpito dalle chiusure e per il quale le prospettive nell’immediato e nel medio periodo sono nere.
Il mondo della cultura era già precario prima della pandemia, ora è in estrema difficoltà. All’inizio i governi federale e cantonale si sono dimenticati di questo settore. Adesso si è un po’ recuperato a livello di sostegno, ma è pericoloso il discorso del dividere i settori tra essenziali e non essenziali, secondari. Usciti da questa pandemia bisogna smettere di ragionare in base a ciò che è importante per l’economia, perché si tratta di posti di lavoro e di addetti ai lavori che hanno studiato e dedicano la loro attività al nutrimento, alla crescita culturale di tutta la società. Non basterà uscire dalla pandemia con vaccinazioni e riaperture, serviranno programmi di rilancio specifici e soprattutto nel mondo culturale questo sarà importante e doveroso.