Ticino

Spese e referendum, obbligo attenuato

Iniziativa Morisoli, la maggioranza della commissione accetta il principio ma propone un controprogetto: 'Decide un terzo dei deputati presenti'

Commissione parlamentare 'Costituzione e leggi' divisa sull’iniziativa popolare che chiede di ancorare alla Costituzione cantonale il principio del referendum finanziario obbligatorio. Di cosa si tratta? In estrema sintesi: se il Gran Consiglio vota nuove spese o aumenti di spesa esistente, l’ultima parola dovrebbe toccare ai cittadini. Primo firmatario della proposta è il deputato democentrista Sergio Morisoli che si rifà a strumenti simili vigenti già in altri quattordici cantoni. Il testo ha raccolto l’adesione di oltre 12mila cittadini nel giugno del 2017. 

L’iniziativa porta un titolo abbastanza esplicito: ‘Basta tasse e basta spese, che i cittadini possano votare su certe spese cantonali’. Come e quando portare alle urne gli elettori? L’iniziativa non lo chiarisce. Il rapporto commissionale di maggioranza, firmato stamane, cita due forme di referendum obbligatorio: uno ‘hard’ e automatico se si supera un determinato importo e uno ‘soft’ che scatterebbe solo se fosse un numero qualificato di deputati a chiederlo. La maggioranza non è contraria al principio. “Questo sistema avvicinerebbe molte persone alla politica dovendo informarsi, dibattere, sostenere o avversare certe spese sulle quali si dovrà votare”, si legge nel rapporto di Lara Filippini (Udc). Dopo vari incontri e audizioni si è giunti a elaborare un testo conforme a quello dell’iniziativa con la proposta di un nuovo articolo costituzionale, il 42a (Referendum finanziario obbligatorio): “Sottostanno al voto popolare gli atti che comportano una spesa unica superiore a 20 milioni di franchi o una spesa annua superiore a 5 milioni per almeno quattro anni”.  Un testo che però non ha fatto l’unanimità tanto che si è sondata la possibilità di elaborare un controprogetto, condiviso anche dai promotori dell’iniziativa, in modo da non svilire la competenza del Gran Consiglio ed evitare di chiamare in causa il popolo a ogni piè sospinto. Da qui l’idea di istituire un referendum obbligatorio ‘filtrato’ dal Gran Consiglio, come avviene in altri Cantoni. L’articolo 42a, secondo il controprogetto, avrebbe questo tenore: “Immediatamente dopo il voto finale su un atto comportante una spesa unica superiore a 30 milioni di franchi o una spesa annua superiore a 6 milioni per almeno quattro anni, il Gran Consiglio, con un terzo favorevole dei presenti e con un minimo di 25 deputati, vota la referendabilità obbligatoria della spesa”. Con il controprogetto, che la maggioranza della 'Costituzione e leggi' chiede al plenum del Gran Consiglio di approvare, «si offre una soluzione semplice, dove la prospettiva che i cittadini si esprimano è mantenuta, nel contempo viene riconosciuto e confermato il ruolo del Gran Consiglio, e quindi dei rappresentanti del popolo», spiega Filippini alla 'Regione'.

Contraria all’iniziativa e al controprogetto la minoranza commissionale, le cui tesi sono esposte nel rapporto stilato dalla liberale radicale Michela Ris e dal socialista Carlo Lepori. “Sottoporre spese e investimenti in modo generalizzato al voto popolare - annotano  i due relatori - potrebbe anche lasciare spazio ad atteggiamenti regionalistici, per cui spese e investimenti che riguardano singole regioni potrebbero essere bocciati dai cittadini e dalle cittadine di altre regioni, a discapito delle regioni periferiche meno popolate”. Il referendum obbligatorio “rappresenta anche una diminuzione della dignità del parlamento: diverse decisioni sarebbero sottoposte a voto popolare indipendentemente dagli importi in gioco e dalla natura della spesa”. La decisione del Gran Consiglio “avrebbe cioè un carattere del tutto provvisorio, in attesa del voto popolare”.  Diversa “è invece la situazione nel caso del referendum invocato con una raccolta di firme da parte dei cittadini che chiedono una verifica popolare di una decisione che di per sé sarebbe definitiva”. Se l'intenzione degli iniziativisti “fosse quella di aumentare le possibilità di controllo popolare dell'attività del parlamento, una diminuzione del numero di firme necessarie o un allungamento del tempo a disposizione per la raccolta, sembrerebbero misure più efficaci”. No anche al controprogetto: “Si passa così da un referendum finanziario obbligatorio (automatico) al diritto di referendum finanziario di una minoranza del parlamento”. Non solo: “Restano escluse da questo peculiare diritto di referendum  i tagli alle spese dello Stato, tagli di solito di carattere sociale e ogni altra decisione parlamentare che non comporta un aumento di spesa”.

Morisoli: ‘Al momento non ci sono le condizioni per ritirarla’

Sul tema si pronunceranno comunque i cittadini, essendovi in ballo una modifica della Costituzione cantonale.  Se il Gran Consiglio dirà di sì al controprogetto, come appare assai probabile considerati i rapporti di forza (attuali) in commissione, ma l'iniziativa non verrà ritirata, al voto popolare saranno sottoposti testo conforme e controprogetto. Se verrà ritirata, i cittadini si esprimeranno sul controprogetto. «Il controprogetto, così come è stato scritto, al Comitato d'iniziativa sta bene, nonostante le concessioni che abbiamo fatto. Ho però negoziato alcune condizioni in commissione. E una di queste - afferma Sergio Morisoli, da noi interpellato - era che dalla ‘Costituzione e leggi’ uscisse un ampio sostegno al controprogetto. Il che non è avvenuto, per cui al momento non sono date le condizioni per ritirare l'iniziativa. Se da qui al voto in Gran Consiglio i liberali in primis cambieranno idea e appoggeranno in maniera convinta il controprogetto e se quest'ultimo verrà accolto dalla stragrande maggioranza del parlamento, il Comitato valuterà il ritiro dell'iniziativa».