Sì alla previsione da -231 milioni. Bocciati gli emendamenti che chiedevano tagli incisivi alla spesa. Bignasca avverte: 'Abbiamo davanti un iceberg'
Il patto di Paese si è sgretolato questo pomeriggio in Gran Consiglio. Per carità, l'accordo auspicato dal Consiglio di Stato e raggiunto dai partiti durante la discussione e l'avallo commissionale del Preventivo 2021 - un rosso di 230 milioni di franchi - era scritto sulla sabbia. Ma la discussione che ha portato all'approvazione delle previsioni di spesa con 47 favorevoli e 25 contrari ha fatto ampiamente capire come quando a gennaio riprenderà il confronto sui conti la Lega sarà più incline alla barricata che al dialogo. Sembrano archiviate le epoche dei ‘tricicli’ o dell'intesa dei partiti rappresentati nella Commissione della gestione. Le parole usate dal leghista Boris Bignasca nel difendere gli emendamenti di via Monte Boglia sono un manifesto politico, al di là di chi sarà il prossimo capogruppo in casa leghista dopo le polemiche dimissioni di Michele Foletti, dovute proprio alla virata della Lega dopo l'accordo strappato in Gestione (accordo firmato dallo stesso Foletti, con riserva da Michele Guerra e non sottoscritto da Bignasca).
«Tira aria di negazionismo riguardo alla tragica situazione finanziaria del Ticino: 2 miliardi di debito attuali, uno nei prossimi quattro anni, 1,6 miliardi minimo per la cassa pensione. Abbiamo un iceberg di fronte: è inutile dire che non c'è, come è inutile sperare si sciolga da solo». Occorre cambiare registro per Bignasca, perché «se continuiamo a fare le stesse cose sarebbe da folli sperare che le cose cambino: dispiace che dai partiti di centro non siano venute altre proposte», dice Bignasca. Quelle leghiste, di proposte, sono state bocciate. No, dall'aula, alla richiesta di un taglio dell'1,5 per cento della spesa con uno stop agli scatti salariali e alle assunzioni. «Si taglia solo sul superfluo, non sul necessario e sull'indispensabile» spiega il deputato della Lega nel dibattito. Di più: «Non tagliamo gli stipendi nell'Amministrazione cantonale, ma gli scatti. Non tagliamo sussidi sociali, ma una minima parte del superfluo come farebbe un buon padre di famiglia». Perché? Perché «se non troviamo misure per diminuire la spesa l'iceberg ci travolge. E qualcuno avrà buona voce per chiedere l'aumento delle imposte: ciò sarà l'inizio della fine della prosperità di questo cantone».
Piccata la replica del presidente della Gestione, Matteo Quadranti (Plr): «Non mi sembra che qui qualcuno neghi ci sia un iceberg da un miliardo nei prossimi anni, nessuno ha detto che il problema non esiste. Semplicemente si è detto che serve un attimo di tempo per affrontare la situazione. Si dovrà fare una sintesi che andrà bene a tutti, che consenta di non lasciare indietro né l'economia né le persone in difficoltà».
Una sintesi ci sarà. Che andrà bene a tutti sarà difficile. Perché oltre agli emendamenti della Lega, anche quelli dell'Udc presentati da Paolo Pamini sono qualcosa più di una proposta. «Non si tratta di tagliare, ma di ridurre gli aumenti rispetto a quelli previsti», spiega parlando dell'aumento della spesa di 30 milioni di franchi invece che di 130, come previsto dal Preventivo. Questo lasciando la libertà e la responsabilità al Consiglio di Stato di decidere come e dove operare. «Il grosso del risparmio sarebbe da fare su 60 milioni di sussidi, ma quelli indiretti, non stiamo parlando della liquidità che si dà ai bisognosi», precisa Pamini che si sofferma anche sulla questione dei dipendenti pubblici, sostenendo che un blocco degli scatti salariali e delle assunzioni per un periodo di circa un anno non è una misura esagerata: «Questi lavoratori hanno ricevuto il 100% del loro salario durante i mesi in cui lavoravano da casa e non è sproporzionato chiedere loro un sacrificio come hanno dovuto fare tanti altri». Riguardo a questi emendamenti De Rosa ha chiesto maggiore chiarezza al Gran Consiglio indicando gli ambiti dove ridurre l’aumento previsto. Pamini in risposta ha sottolineato: «La responsabilità del parlamento è quella di porre i paletti generali, tocca invece al Consiglio di Stato decidere dove intervenire nello specifico», spiegando che il ruolo dei granconsiglieri è quello di dare voce ai cittadini rendendo attento il Governo rispetto, in questo caso, al tema delle finanze pubbliche. Il primo emendamento, invece, proponeva un taglio della spesa di 22,5 milioni di franchi, in modo da garantire di evitare l’autofinanziamento negativo senza trucchi contabili, lasciando anche qui la libertà e la responsabilità al Consiglio di Stato di decidere quali misure mettere in atto per raggiungere l’obiettivo.
«Non è questo il momento di bloccare gli scatti salariali: oggi il Ticino ha bisogno di uno Stato con funzionari motivati», evidenzia il capogruppo del Ps Ivo Durisch. L’obiettivo di Pamini, prosegue il capogruppo socialista, «è il meno Stato. Se ha così a cuore le finanze pubbliche, lo invito a ritirare le sue iniziative fiscali che costano 500 milioni. L’obiettivo è quindi di ridurre le entrate dello Stato per indebolirlo e attuare poi i tagli». Secondo il collega di partito Raoul Ghisletta «stiamo cadendo nel gioco di Pamini, che è quello di cominciare a formulare proposte di riduzione della spesa pubblica. Dimenticandoci che questa crisi economica è assolutamente straordinaria e, pertanto, non credo che abbia minimamente senso entrare nel merito di queste proposte insensate. I paesi europei stanno facendo un altro tipo di politica, quella di finanziare il rilancio economico facendo capo alle riserve delle rispettive banche centrali. Per Ghisletta, quelle di Pamini «sono provocazioni», all’insegna del ritornello «lo Stato spende troppo e male mentre oggi non è affatto così. È un’impostazione ideologica assurda».
Contrario agli emendamenti democentristi e della Lega anche il Ppd. Per il granconsigliere e sindacalista Giorgio Fonio «c’è tutta una serie di collaboratori dello Stato che in questi difficili mesi ha assicurato, e assicura, le necessarie prestazioni. Abbiamo bisogno di un’Amministrazione che non deve essere a ogni piè sospinto bacchettata». Sulla stessa lunghezza d’onda il capogruppo popolare democratico Maurizio Agustoni il quale, rivolto a Ghisletta, tiene tuttavia a precisare che il Preventivo 2021 deriva da «un aumento significativo della spesa pubblica. E questo è un problema che comunque si porrà e che bisognerà affrontare con il Preventivo 2022».
Visioni dunque contrapposte. Riassumibile nell’intervento anche di Henrik Bang (Ps), che ribadisce l’adesione del gruppo socialista al Preventivo «per senso di responsabilità politica e per senso civico verso le cittadine e i cittadini sempre più in difficoltà»: un’adesione «per permettere al Consiglio di Stato di poter agire e reagire tempestivamente alle necessità della popolazione causate principalmente dalla pandemia». O nell’intervento di Fonio, che portando il sostegno del Ppd avverte: «La situazione richiede una reazione urgente per scongiurare un'ecatombe in alcuni settori economici e una conseguente perdita di posti di lavoro di dimensioni epocali. Davanti a parole come ‘pareggio di bilancio’ o ‘rigoroso controllo delle uscite’, noi preferiamo poter parlare di misure dello Stato a sostegno di chi contribuisce alla crescita di questo paese e si trova ora in difficoltà, di chi vive una situazione di fragilità. Dobbiamo evitare che questa crisi sanitaria diventi una bomba sociale».
Ma anche prima. Il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta ricorda che «come governo ci prenderemo l'impegno di arrivare entro giugno con un aggiornamento del Preventivo 2021, passando in rassegna varie misure». E attenzione: «Anche quelle contenute negli emendamenti potranno essere valutate per poi fare delle scelte». Nessuna pregiudiziale, insomma, per una discussione che sarà a 360 gradi. Quindi «no a questi emendamenti oggi, perché ci metterebbero nella situazione di dover decidere su misure che necessitano di un certo approfondimento e di un coinvolgimento delle parti sociali». Ma in futuro chissà. Con una concordanza che, ammesso ci sia stata sul serio, è storia del passato.