Il sindacato denuncia un certo lassismo sulle misure di protezione. Bagnovini (Ssic-Ti): ‘Piani rispettati e i casi di contagio sono pochissimi’
Le norme anti-Covid nei cantieri ticinesi non sarebbero rispettate appieno: mascherine e disinfettanti non sempre sono messi a disposizione dei lavoratori, secondo Unia. Stando, infatti, a quanto denuncia il sindacato Unia, in questa seconda ondata dell’epidemia l’attenzione accresciuta, registrata la scorsa primavera, sembra essere scemata. E per concretizzare questa tesi ha diffuso i risultati di un sondaggio, svolto nella settimana tra l’11 novembre e il 17 novembre, dal quale emerge che per il 86,36% degli interpellati non è stato introdotto il tracciamento. Un dato che era del 77,27% appena dopo la fine del lockdown della scorsa primavera. Il sondaggio, spiega Dario Cadenazzi, responsabile edilizia di Unia, «è stato fatto interpellando direttamente i lavoratori su 132 cantieri (il 13-15% di quelli presenti in Ticino)». Per quanto riguarda la messa a disposizione di disinfettante e mascherine di protezione, la situazione migliora con il 75% dei casi in cui il disinfettante è fornito dalla ditta, come pure l’85% delle mascherine. Igor Cima, sempre di Unia, fa notare che i datori di lavoro, in ogni settore, «sono tenuti per legge a mettere a disposizione gli strumenti di protezione». Quindi non è una concessione dell‘impresa, ma un obbligo legale. E questo non sempre è il caso.
Ma a preoccupare i sindacati, stando sempre all’esito del sondaggio, è la situazione che si vive nelle baracche dove si fanno le pause. Per quasi la metà degli interpellati (42,42%) i locali non sono abbastanza ampi e nell’85% dei casi non sono organizzati dei turni. Anche l’igiene di questi spazi non è ritenuta sufficiente per l’80% dei partecipanti all’inchiesta. Da qui la conclusione che «le misure preventive per difendere la salute dei lavatori edili, e di riflesso dell’intera popolazione ticinese, non sono applicate rigorosamente», afferma Dario Cadenazzi che chiede a Cantone e Suva di aumentare i controlli «approfonditi e articolati» sui cantieri edili e artigianali «e il rispetto vincolante delle misure di protezione da parte delle imprese, perché l’economia non può essere sostenuta a qualunque costo». L’ipotesi di un lockdown, anche se solo settoriale, non dovrebbe essere tabù secondo Unia. «A chi grida allo scandalo all’idea di un fermo dei cantieri», Unia ricorda che «più si attende e più saranno grandi i danni provocati dall’inevitabile assunzione di misure ancora più incisive», conclude Cadenazzi.
«Generalmente, le imprese hanno applicato bene le indicazioni contro la diffusione del Covid-19. Lo dimostrano i pochissimi contagi riscontrati finora sui cantieri. Rimando pertanto al mittente le denunce di Unia, riferite a una presunta mancanza di responsabilità dei datori di lavoro», così Nicola Bagnovini, direttore della sezione ticinese della Società svizzera degli impresari costruttori. «Le regole di comportamento sui cantieri e in altri ambiti della società sono note a tutti da mesi, ormai. Ognuno di noi si è abituato a indossare la mascherina quando non è possibile mantenere le distanze. L’appello a maggiore sicurezza, i sindacati dovrebbero lanciarlo ai propri affiliati, piuttosto che chiedere più controlli», continua Bagnovini che sul merito delle cifre divulgate da Unia non intende entrare, perché di parte. «Come associazione di categoria ci siamo impegnati a informare le aziende sulle regole anti-Covid (distanza, igiene personale e mascherine, ndr) che a loro volta le hanno divulgate sistematicamente ai loro dipendenti», continua ancora il direttore della Ssic-Ticino. Un modo per dire che la responsabilità individuale a cui si fa riferimento da mesi dovrebbe valere per tutti. «Le imprese sono le prime a fare tutto il possibile affinché non vi siano contagi in quanto c’è di mezzo la salute e l’operatività aziendale».
Per quanto riguarda i contagi e le quarantene, Bagnovini conferma che sono stati registrati pochi casi sui cantieri, «oltretutto partiti da contagi avvenuti a livello famigliare e non professionale, a comprova del buon lavoro di prevenzione svolto generalmente all’interno delle aziende», conclude Bagnovini.