Marzio Della Santa a colloquio con 'laRegione' sulla riforma che tocca tre assi strategici a livello comunale: la dimensione, i compiti e il funzionamento.
Nell’arco degli anni il ruolo dei Comuni nella società è cambiato più volte. Il funzionamento, i compiti e le dimensioni si sono evolute con il passare del tempo e la riforma Ticino 2020 mira a tenere in considerazione questi cambiamenti, adattando la suddivisione dei doveri (in particolare finanziari) tra Cantone e Comuni al periodo storico attuale.
Inizialmente il ruolo dei comuni era «di sussistenza», spiega a ‘laRegione’ Marzio Della Santa, capo della Sezione degli enti locali e membro della direzione del progetto Ticino 2020. Un comune «agricolo», insomma, che «alle nostre latitudini conosciamo con il termine di Vicinia. Il compito era quello di garantire ai membri della comunità un accesso alle terre comuni, tale da permettere a ognuno di sopravvivere, di sussistere». Questa forma di comunità era caratteristica del Medioevo e in seguito è stata ereditata dai patriziati. All’inizio del 20° secolo si è poi passati a un Comune di servizi. «Servizi che servivano a garantire una vita in salute». Si garantiva ad esempio «l’evacuazione delle acque luride o l’acqua potabile».
Il concetto di servizi si è in seguito evoluto «con l’aumento della complessità della società, sempre più ricca ed esigente». Vengono così offerti anche «servizi educativi, come la scuola, maggiore sicurezza nell’approvvigionamento, ma pure verso minacce esterne (che potevano anche essere eventi naturali). Questa forma si è quindi evoluta fino alla fine degli anni 80-inizio anni 90, quando «si è iniziato a parlare di Comune economico». Un trentina di anni fa si concepiva quindi il Comune come «partner del Cantone e della Confederazione nello sviluppo economico del territorio: la pianificazione doveva essere armonizzata con la visione di sviluppo del Cantone. In realtà, essendo attori economici, i Comuni hanno sviluppato le zone industriali e quelle artigianali secondo il proprio interesse. Questo era il prezzo da pagare a causa del prelievo da parte dei Comuni dell’imposta sulle persone giuridiche».
Una visione che si è protratta fino all’inizio degli anni 2000: oggi sono il Cantone e la Confederazione che fanno promozione economica, mentre i Comuni hanno adottato sempre più un ruolo «comunitario, reso evidente dall'attuale pandemia». Si tratta di un Comune «attento alla qualità di vita residenziale dei cittadini e delle aziende che risiedono sul suo territorio», precisa Della Santa. Ma cosa determina la qualità di vita residenziale? «Diversi fattori, come ad esempio gli aspetti sanitari, sociali, territoriali, educazione, ma anche la tranquillità, il fatto di poter uscire e relazionarsi con altre persone, la bellezza e la pulizia degli spazi pubblici, un territorio ordinato». Da un sondaggio del 2019 è infatti emerso che l’aspetto principale che tiene in considerazione una persona se dovesse cambiare Comune «è il costo dell’abitazione, la tranquillità e la qualità del paesaggio. Secondario è il moltiplicatore, mentre l’offerta di svago i servizi sociosanitari, la vicinanza delle scuole, la qualità degli spazi pubblici, l’amministrazione pubblica si trovano in fondo alla classifica perché sono aspetti ormai acquisiti e diffusi uniformemente sul territorio».
Perché i rapporti istituzionali si sviluppino in un clima costruttivo, il ruolo del Comune deve essere complementare a quello del Cantone e della Confederazione. Ticino 2020 mira quindi «essenzialmente a recidere le aderenze che si sono create nel corso degli anni tra Cantoni e Comuni in un contesto molto eterogeneo a livello comunale», sottolinea ancora Della Santa. La riforma che il Dipartimento delle istituzioni sta promuovendo va così a toccare tre «assi strategici a livello comunale: la dimensione, i compiti e il funzionamento». Un aspetto importante che riguarda la dimensione di un Comune è rappresentato dalle aggregazioni che «hanno prodotto effetti positivi, ma anche alcune criticità: complice l’evoluzione sociale, negli ultimi decenni si è assistito a un degrado della funzione comunitaria (sentimento di appartenenza) con ripercussioni anche sulla funzione democratica: se un cittadino si sente parte di una comunità, parteciperà attivamente anche alla vita politica. Oggi abbiamo più sentimenti di appartenenza invece che uno definito, legato a una determinata comunità». Laddove la cittadinanza è passiva, «le politiche attuate soddisfano i bisogni di pochi e sono quindi inefficaci». Inoltre, in passato le aggregazioni sono state realizzate per «necessità, perché andavano a rispondere a difficoltà di erogare beni e servizi appropriati e perché non vi erano persone disponibili a ricoprire cariche pubbliche». Oggi, invece, «ci muoviamo nella dimensione dell’opportunità: una comunità si riconosce appartenente a un territorio, rendendosi conto che può sviluppare politiche territoriali molto più efficienti». In generale, il ruolo che attualmente un Comune dovrebbe svolgere è quello «di garantire certi servizi, ma anche di avere un occhio di riguardo sulla comunità». E in questo senso vi è una «discrepanza tra Comuni grandi e piccoli». È infatti stato notato che quelli grandi riscontrano maggiori difficoltà «a livello di funzione comunitaria. E, rendendosi conto di ciò, i centri urbani stanno cercando di sviluppare politiche comunitarie che vanno a recuperare questo vuoto».
Ticino 2020 mira poi «a rivedere la ripartizione dei compiti tra Cantone e Comuni», afferma Della Santa, precisando che «un obiettivo è quello di restituire ai Comuni competenze che sono loro state sottratte a causa di una dimensione insufficiente: molti Comuni in passato hanno infatti chiesto al Cantone di occuparsi di certi servizi. Questi compiti potrebbero essere restituiti ai Comuni in chiave moderna, pensando a un Cantone che mantiene saldamente in mano la politica settoriale (ad esempio, nell’ambito della scuola, questo si traduce nella definizione del piano di studio e degli obiettivi pedagogici che un bambino deve raggiungere), ma che dà più autonomia esecutiva ai Comuni». Infine, la riforma è anche volta a «garantire al Comune delle regole di funzionamento appropriate». In questo senso, «si inizierà prossimamente a riflettere su modelli organizzativi e gestionali del Comune, capaci di renderne l’azione istituzionale e di servizio più efficace ed efficiente».
Pandemia permettendo, ad aprile 2021 dovrebbe essere consegnato il progetto definitivo di riforma al Consiglio di Stato. Progetto che dovrebbe poi essere trattato dal Gran Consiglio nel 2022.
Marzio Della Santa, concretamente quali compiti tornerebbero ai Comuni con Ticino 2020?
Principalmente saranno quelli legati agli anziani e alla scuola comunale. Al Cantone sarebbero affidati i compiti relativi alla Comunità tariffale, alla Federazione cantonale ticinese servizio autoambulanze, alla promozione delle famiglie, alla protezione dei minori, all’assistenza sociale e alle assicurazioni sociali. Dall’analisi dell’offerta è chiaramente emerso che si tratta di compiti che i Comuni (anche quelli più grandi) non sono più in grado di assicurare. Essendo però noi chiamati a rispettare l’equilibrio finanziario (sia i Comuni, sia il Cantone devono continuare a spendere nella stessa misura di oggi), il finanziamento delle prestazioni complementari Avs/Ai sarebbe affidato ai Comuni, anche se in questo ambito le decisioni e il controllo continueranno ad essere gestiti dal Cantone e dalla Confederazione. Per quanto riguarda l’assistenza sociale, si tratta di un bene di interesse cantonale: è nell’interesse di tutti che queste persone (che si spostano sul territorio) non vengano lasciati a loro stessi. Attualmente stiamo chiarendo i compiti che i Comuni dovrebbero comunque ancora svolgere nella gestione dell’assistito. Nell’ambito della scuola, il Cantone manterrebbe una responsabilità politica e il Comune dovrebbe recuperare autonomia esecutiva nell’erogazione della prestazione. A queste condizioni la responsabilità finanziaria sarebbe affidata ai Comuni.
E per quanto riguarda i compiti legati agli anziani?
La politica legata agli anziani consiste essenzialmente in due azioni: definire quali sono gli strumenti possibili da attuare e pianificare. Stiamo essenzialmente parlando di case per anziani, assistenza a domicilio e servizi di appoggio. Si tratta innanzitutto di distribuire la risposta sul territorio: se molte persone vanno in casa per anziani, vi sarà meno bisogno di assistenza a domicilio e servizi d’appoggio, e viceversa. Compito, questo, assunto dal Cantone che oltre alla pianificazione integrata del settore anziani fissa anche le regole di accesso sul piano finanziario (le tariffe). Con Ticino 2020 i Comuni diventerebbero responsabili dell’erogazione delle prestazioni. Oggi il passaggio dal domicilio alla casa per anziani può risultare molto difficoltoso, perché ogni struttura decide autonomamente se accogliere un anziano oppure no. Ma questo non vuol dire che rispondano ai bisogni della cittadinanza. Tramite il progetto i Comuni promuovono delle regioni sanitarie integrate. Un concetto che conoscono già altri Cantoni come Grigioni e Friburgo e che viene caldeggiato a livello federale da diverse organizzazioni settoriali. Ridando autonomia esecutiva ai Comuni, Ticino 2020 dà la possibilità all’anziano di trovare la soluzione migliore per i suoi bisogni, distinguendo, ad esempio, tra le zone periferiche (dove forse si preferisce l’assistenza a domicilio) e i centri urbani (dove chi abita in una palazzina magari non ha nulla in contrario a risiedere in una casa per anziani).
Cambierebbe qualcosa anche per le Autorità regionali di protezione (Arp)?
Sono un bell’esempio di un compito che in passato era esclusivamente locale e che poi col tempo è cambiato. Quelle che oggi conosciamo come Arp originariamente erano chiamate commissioni tutorie: erano i membri della comunità che accoglievano chi si trovava in una situazione difficile, prestando loro le cure necessarie. In seguito sono però evoluti i bisogni, così come la società e quindi la risposta che veniva data localmente (che dipendeva anche dalle risorse disponibili) non era più sufficiente. Questo servizio è così divenuto sovracomunale, dapprima con le tutorie regionali e poi le Arp. Ancora oggi vi sono differenze tra le decisioni prese dalle varie Arp, perché dipendono dalle risorse che i Comuni mettono loro a disposizione. Con Ticino 2020 le Arp diventeranno cantonali. Così facendo il cittadino avrà maggiori garanzie sull’equità di trattamento e sul rispetto dei suoi diritti, come stabilito a livello federale.
Ma il cittadino cosa ci guadagnerebbe con questa riforma?
Il cittadino ci guadagnerà sull’insieme di queste prestazioni, perché in questo modo (seguendo il principio di ‘chi beneficia, decide e paga’) le scelte politiche a vari livelli saranno più razionali e responsabili, evitando così prestazioni inappropriate o non necessarie. Volendo semplificare, si può concludere che con l’approvazione della riforma, per le famiglie giovani e per le persone più in là con gli anni vi sarà una maggiore soddisfazione rispetto ai loro bisogni. Il cittadino guadagna poi da un altro punto di vista, ovvero da quello dell’impasse politica: con le aderenze attuali si ingessa il sistema politico, sia a livello comunale, sia cantonale. La conflittualità evidenziata dalla recenti iniziative legislative dei Comuni potrebbe assumere un’ampiezza maggiore frenando coloro che vogliono promuovere nuove politiche o adeguare quelle esistenti.