I pp bocciati dal Consiglio della magistratura e la tempesta a Palazzo di giustizia, parla il presidente dell'Ordine degli avvocati Gianluca Padlina
Nell’acceso dibattito di queste settimane sugli impietosi preavvisi negativi del Consiglio della magistratura (Cdm) alla rielezione di cinque procuratori pubblici, passando dai messaggini inviati via WhatsApp dal presidente del Tribunale penale cantonale al procuratore generale e dalle puntualizzazioni a mezzo stampa di quest’ultimo, mancava una voce importante: quella dell’Oati, l’Ordine ticinese degli avvocati. «Abbiamo appreso con sorpresa e preoccupazione – afferma il presidente Gianluca Padlina – della situazione al Ministero pubblico emersa da indiscrezioni giornalistiche e dello scontro istituzionale venutosi a creare tra il Consiglio della magistratura e la commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’», commissione chiamata a formulare le proposte di nomina al plenum del Gran Consiglio alle prese con il rinnovo, mai tormentano come stavolta, delle cariche in Procura. Lo scontro istituzionale cui allude il timoniere dell’Oati è quello innescato dal rifiuto del Cdm di trasmettere gli atti – sui quali si sarebbero basati i suoi pareri – non solo ai cinque pp, ma pure alla ‘Giustizia e diritti’, che come i primi aveva chiesto di accedere alla documentazione. Un diniego che il Consiglio guidato dal giudice d’Appello Werner Walser ha motivato con la separazione dei poteri. «Sulla questione si sono espressi giuristi autorevoli, di cui mi sento di condividere le opinioni», sostiene Padlina. Si riferisce, pur senza citarli, agli avvocati Mario Postizzi, Renzo Galfetti e Filippo Gianoni nonché agli ex procuratori Luciano Giudici e Luca Maghetti, secondo i quali il Cdm dovrebbe mettere a disposizione della commissione del Gran Consiglio quegli atti.
Incalzato questo pomeriggio dalle domande dei giornalisti, al termine della conferenza stampa che anticipa di qualche ora l’assemblea dell’Ordine (in videoconferenza, considerata la situazione sanitaria dovuta al coronavirus), Padlina soppesa le parole sulla bufera abbattutasi sul Palazzo di giustizia. «Nella procedura di elezione dei magistrati, ovvero procuratori pubblici e giudici, l’Ordine degli avvocati non è coinvolto, non è parte in causa – rammenta il presidente dell’Oati –. Il nostro auspicio, tuttavia, è che in questo specifico caso gli organi istituzionali interessati trovino le soluzioni adeguate affinché gli uffici giudiziari possano tornare a svolgere la loro attività con la necessaria serenità». Detto questo, prosegue Padlina, «bisognerà comunque interrogarsi sul o sui perché di questa situazione» innescata dai cinque preavvisi negativi. Una situazione difficile, delicata, ancora tutta da chiarire. Uno dei motivi, per l’avvocato momò, sarebbe, per quanto riguarda appunto l’autorità inquirente, «il sovraccarico di lavoro» del Ministero pubblico ticinese. Di qui la necessità di un potenziamento. «Alla luce del confronto intercantonale tra numero di incarti aperti annualmente, quello dei magistrati e popolazione, per noi l’ideale sarebbero quattro o cinque procuratori in più (oggi i magistrati inquirenti sono ventuno, pg compreso, ndr)», rileva Padlina, ricordando che l’Ordine degli avvocati ha chiesto alla commissione parlamentare di essere sentito.
Nell’incontro con i media il presidente dell’Oati – accompagnato dagli avvocati Sarah Stadler, vice e Andrea Lenzin, anch’egli membro del Consiglio dell’Ordine – accenna pure ai mesi di lockdown. «Con il diritto d’urgenza i governi si sono visti attribuire una serie di competenze che in tempi ‘normali’ non hanno: per contenere il più possibile la diffusione del virus, sono state prese decisioni anche difficili, controverse, poiché andavano a limitare le libertà – evidenzia Padlina –. È allora giusto chiedersi se le basi legali attuali siano adeguate». Il futuro: tra le «sfide» c’è «la digitalizzazione delle procedure» giudiziarie e amministrative. «Ci auguriamo che il progetto federale denominato Justitia 4.0 proceda speditamente: occorre un’accelerazione».