Coronavirus e luoghi di contagio, Suter (GastroTicino) dopo le rettifiche di Berna: ‘Non siamo untori’. Il governo: quota rilevante di casi importati dall’estero
«Sinceramente sono perplesso. Non sono esperto in materia, ma leggendo i numeri mi verrebbe da dire che la relazione tra eventi e casistica non sia data. A quanto pare gli esperti la vedono in maniera diametralmente opposta, anche se non riesco a capire il perché». I numeri emersi domenica dalla rettifica dell’Ufficio federale della sanità pubblica, che attestano come rispetto al totale dei contagi tra 16 luglio e 1° agosto l’1,9 per cento siano avvenuti in discoteche o club e l’1,6 in bar o ristoranti (il 27,2 per contro in famiglia), fanno salire sulle barricate il presidente di GastroTicino Massimo Suter. Interpellato dalla ‘Regione’ in merito alla possibilità di scendere da 300 a 100 persone per gli eventi, alza la contraerea: «Si sta veramente giocando con il futuro di tantissime famiglie e tantissime aziende, e soprattutto si sta mettendo in dubbio un intero settore tacciandolo come untore della nazione. Cosa che, confortati dai numeri e come dico dall’inizio, non è». E sulla possibilità di un cambio in corsa, come richiesto dagli esperti a livello federale, rincara: «Noi abbiamo bisogno di una pianificazione, di una sicurezza. Non si può cambiare le carte in tavola di continuo, facendo riferimento a non so quale studio o numero e smentirsi ogni volta. Il settore dell’enogastronomia ha bisogno di progettare, e non dimentichiamo che il settore degli eventi dà da mangiare a un sacco di persone». Perché questi numeri parlano, e a voce piuttosto alta. «Da un lato - riprende Suter - non vi è nessuna prova che bar e ristoranti siano propagatori del virus, non c’è alcun dato che lo attesti. Dall’altro noi fin dall’inizio siamo sempre stati pronti a metterci a disposizione, a sacrificarci, a fare tutto il possibile perché il contagio fosse contenuto e ridotto: i dati ci confortano». E conclude: «Già tempo fa ho detto che non si aspettava altro che dei contagi nei ristoranti per dipingerci come untori, noto che si sta ancora cavalcando quest’onda. È un settore che crea il 10-12 per cento del Pil, che dà lavoro a circa 15 mila persone: attenzione, signori, a voler additare un solo settore. Perché se si continua così con la ristorazione si inizi pure con la grande distribuzione e via discorrendo».
Quell'1,9 per cento di contagi in discoteche o club non sorprende Gianni Morici, titolare a Bellinzona di locali pubblici che propongono anche musica dal vivo. «Non mi aspettavo né una percentuale più alta né una più bassa. Anche se parliamo di un numero piuttosto contenuto e anche se le autorità ci hanno messo in croce come esercenti, il virus, ne siamo perfettamente consapevoli, circola ancora - afferma Morici -. E comunque sul piano nazionale i casi di contagio nelle discoteche sono stati assai pochi. Che hanno però generato un numero rilevante di avventori posti in quarantena ed è soprattutto questo che ha fatto discutere. Per quanto riguarda i miei locali, al momento il limite dei cento ospiti per sera non ci crea particolari difficoltà. Certo, per le grandi discoteche, che necessitano di trecento, quattrocento persone per sostenere i costi, portare avanti l’attività è arduo, per non dire impossibile. Mi auguro - aggiunge Morici - che per discoteche e club si possa gradualmente alzare il limite dei clienti ammessi. In ogni caso contiamo sulla comunicazione a breve di decisioni da parte delle autorità, affinché sia possibile pianificare nel medio termine eventi come i concerti».
Per il nuovo responsabile della task force Covid-19 della Confederazione Martin Ackermann, bisognerebbe abbassare ancora il numero massimo dei partecipanti agli eventi pubblici: da trecento a cento. «Per la nostra città sarebbe un disastro»: non usa giri di parole il municipale di Lugano Roberto Badaracco, alla testa del Dicastero cultura, sport ed eventi. «Questa riduzione - dichiara alla 'Regione' - non si giustifica, tantomeno alla luce dei dati comunicati ieri (domenica, ndr) dall’Ufficio federale della sanità pubblica. Se venisse introdotta, saremmo di fatto costretti come ente pubblico a rinunciare a organizzare manifestazioni, come ad esempio i concerti, tenuto conto anche del loro costo. Una misura del genere rischierebbe di compromettere del tutto la scena culturale e artistica ticinese e svizzera in generale. Con il limite vigente delle trecento persone, la Città nelle sue varie location ha garantito e garantisce lo svolgimento degli eventi nella massima sicurezza. Stiamo salvando l’estate. Scendendo a cento partecipanti per evento pubblico, la si ammazzerebbe».
Tornando alle ultime cifre fornite dell’Ufsp, a livello nazionale solo lo 0,3 per cento dei contagi è avvenuto nelle scuole. «In Ticino negli istituti riaperti dopo il lockdown non abbiamo avuto nessun caso», precisa il direttore del Dipartimento educazione cultura e sport Manuele Bertoli -. In quei cantoni dove invece ci sono state delle infezioni, il contagio partiva dai docenti, da quello che mi hanno riferito i colleghi responsabili dei dipartimenti cantonali dell’educazione. Ed è per questo che abbiamo già stabilito e reso noto che da noi l’uso della mascherina da parte degli insegnanti sarà facoltativo in classe, essendoci comunque le distanze, ma obbligatorio nelle parti comuni dell’istituto scolastico». Per conoscere le modalità con cui la scuola ticinese riprenderà dopo le vacanze estive (di presenza, a distanza o mista) bisognerà attendere il 10 agosto, quando Decs e governo comunicheranno le decisioni prese al riguardo.
'Datori di lavoro sensibilizzati'
Ricordando che «con il passaggio dalla situazione straordinaria a quella particolare, ai sensi della Legge sulle epidemie i Cantoni hanno riacquisito competenze in merito ai provvedimenti da attuare per contenere il diffondersi del coronavirus sul proprio territorio», il Dipartimento sanità e socialità - che abbiamo contattato a proposito delle rettifiche di Berna - spiega che «i dati a livello nazionale sono seguiti con attenzione da parte dell’Ufficio del medico cantonale: evidentemente però a fare stato in prima battuta sono le indicazioni che emergono dal contact tracing cantonale e a tal proposito è utile osservare che i dati in Ticino sono comunque leggermente diversi rispetto a quanto emerge sul piano federale: oltre ai casi di trasmissione nella cerchia famigliare (poco influenzabile) osserviamo una quota rilevante di casi importati dall’estero». Questa dinamica, continua il Dipartimento diretto da Raffaele De Rosa, «ci ha spinti a muoverci sotto il profilo comunicativo (vedi campagna di sensibilizzazione in corso ‘Distanti ma vicini. Proteggiamoci ancora. Prudenza, sempre.’) e con i datori di lavoro per sensibilizzarli sulla problematica». «Le indicazioni di questo monitoraggio - possibile per l’appunto tramite l’indagine ambientale che consente di ricostruire i contatti di ciascun nuovo caso segnalato in Ticino - permettono di avere un riscontro significativo anche sulla bontà delle misure in atto e su eventuali provvedimenti da attuare. Ricordiamo in proposito che, dopo gli ultimi allentamenti decisi dal Consiglio federale in giugno, il Canton Ticino ha apportato tempestivi correttivi alle limitazioni in vigore, in particolare per quanto concerne la verifica dei dati di contatto e il numero massimo di ospiti nelle strutture della ristorazione in cui il consumo avviene anche in piedi». Quante le persone attualmente in quarantena in Ticino? «A oggi risulta una settantina di persone. Dalla riattivazione del contact tracing (11 maggio), sono state poste in quarantena in totale quasi mille persone. A queste si aggiungono le persone in quarantena a seguito di un viaggio in uno dei Paesi a elevato rischio di contagio secondo l’ordinanza federale: attualmente si trovano in quarantena circa 260 persone, in totale sono poco più di 500 le persone ad essersi annunciate dal 6 di luglio, quando è entrato in vigore l'obbligo sul piano nazionale».
Giovedì il Consiglio di Stato dovrebbe decidere fra l'altro se mantenere le restrizioni previste dall’attuale risoluzione governativa (scadrà il 9 di agosto). E se introdurre l’obbligo delle mascherine anche nei negozi. Tema sul quale De Rosa si è già espresso, dichiarando di essere “personalmente favorevole” all’estensione della misura. Il Dss rammenta che «il governo – pur optando per ora per la raccomandazione all’utilizzo delle mascherine – ha scritto nelle scorse settimane a Disti (la grande distribuzione, ndr) e Federcommercio richiamando tutti a mantenere il rigore nel rispetto delle misure di igiene accresciute».