Martedì '403 persone in quarantena' (ultimo giorno per gli avventori del Woodstock dopo il caso positivo), ieri '65'. Parla il tenente colonnello Pedevilla
«Beh, abbiamo avuto giorni più tranquilli». Il tenente colonnello Ryan Pedevilla, capo, al Dipartimento istituzioni, della Sezione del militare e della protezione della popolazione (Smpp), sovrintende al funzionamento in Ticino del servizio di contact tracing di cui è responsabile il Medico cantonale, ovvero all’attività del nucleo di specialisti che si occupa del tracciamento dei contatti allo scopo di arginare la diffusione del Coronavirus. Un’attività estremamente importante per cercare di interrompere la catena del contagio, per 'smorzare' il più rapidamente possibile i focolai. Ciò individuando coloro che sono entrati in contatto con una persona risultata positiva e ai quali verrà pertanto imposta la quarantena. «Se però il numero di casi positivi supera una certa soglia, la ricostruzione dei contatti diventa particolarmente difficile, se non impossibile - ricorda alla ’Regione’ Pedevilla -. È per questo che la scorsa settimana il Consiglio di Stato, data la ripresa dei contagi dopo un periodo con zero positivi, ha deciso e posto in vigore temporaneamente alcune misure. Fra cui il divieto degli assembramenti di più di trenta persone e la presenza massima di cento clienti in determinati esercizi pubblici, come ad esempio le discoteche, dalle 18 alla chiusura del locale».
Tenente colonnello Pedevilla, a proposito di numeri, quante sono al momento le persone in quarantena nel cantone?
Alle 16 di oggi (ieri, ndr) ce n’erano 65. Il picco lo si è raggiunto ieri (martedì, ndr), quando ce n’erano 403. Erano però soprattutto gli avventori del Woodstock presenti nel locale bellinzonese quel sabato sera in cui c’era la recluta risultata poi positiva al test dell’esercito. Per queste persone, in prevalenza giovani, martedì era l’ultimo giorno di quarantena.
E quanti sono gli operatori del servizio di contact tracing?
Tra collaboratori della Polizia cantonale e della Smpp e militi della Protezione civile, sono attualmente sei. Il contact tracing viene gestito dalla sede di Bellinzona della Cecal, la Centrale comune di allarme. I sei operatori garantiscono, con i turni, la copertura del servizio sette giorni su sette. Per far fronte a repentini aumenti dei casi di contagio e dunque delle quarantene, ogni settimana c’è un picchetto di cinque militi della Protezione civile, appositamente istruiti: in caso di necessità coadiuvano i sei operatori fissi. Il picchetto viene sciolto alla fine della settimana: all’inizio di quella successiva ne viene attivato un altro, con altri cinque militi.
La formazione?
I militi impiegati nel contact tracing sono formati per assistere in maniera corretta le persone che necessitano di un supporto in determinati contesti. Questi militi della Protezione civile operano anche, per esempio, nelle case per anziani. L’assistenza è una delle specializzazioni della Protezione civile, come il salvataggio.
Qual è la prima reazione di chi viene contattato per la quarantena?
In genere le persone sono molto collaborative: prendono subito coscienza della situazione per la quale sono state contattate telefonicamente e mostrano grande disponibilità. È ovviamente uno dei presupposti per la riuscita del contact tracing. Dopo il primo contatto da parte nostra, sarà la persona nei dieci giorni di quarantena a interpellarci se ha bisogno o domande da porre.
Ci sono stati particolari problemi durante le quarantene?
Non mi risulta. Chiaramente un conto è stare in una casa monofamigliare con giardino, un altro è trascorrere dieci giorni in un appartamento. Ma finora non sono a conoscenza di problemi emersi durante le quarantene, neppure nel corso di quelle recentissime che hanno coinvolto persone d’età compresa fra i 15 e i 40 anni. Così come non ci risultano casi di persone che anziché essere a casa, erano in montagna o al lago. Come autorità confidiamo nel senso di responsabilità individuale. La sua mancanza vanificherebbe sforzi e obiettivi del contact tracing.