Merlani: 'Se a inizio pandemia i contatti stretti per persona erano 15, ora sono 3 o 4. Positivamente impressionato dalla popolazione'
Era stato promesso settimana scorsa ed è prontamente arrivato. Si tratta dell'aggiornamento settimanale del Canton Ticino sulla situazione epidemiologica a sud delle Alpi. «I 7 nuovi casi rilevati nelle ultime 24 ore probabilmente si iscrivano in un andamento variabile tipico dei piccoli numeri», ha commentato il medico cantonale Giorgio Merlani durante l'incontro con la stampa. Insomma: «rumore di fondo». Tuttavia bisogna fare attenzione: «Le epidemie partono sempre dalle piccole cifre ed esaminando la settimana i dati sono comunque in crescita. Non vorrei che fosse all'inizio di una ripartenza. Il virus circola e non è il caso di abbassare la guardia solo perché abbiamo avuto due giorni con 0 contagi e 0 decessi».
La maggior parte dei nuovi casi «si sono registrati in ambito sanitario o sociosanitario, con ancora qualche caso in casa anziani e nel personale delle case. Non sembrano esserci invece focolai in altri ambiti», ha fatto notare Merlani. La ripresa del 'contact tracing' di chi potrebbe aver contratto il virus durante un contatto ravvicinato ha portato sino ad ora 50 persone ad essere messe in quarantena. Una sola di queste ha presentato sintomi; quando è stata contattata dalle autorità, si stava già auto-isolando e aveva già preso appuntamento per un tampone. «Sono colpito da quanto la popolazione ha imparato», ha rilevato Merlani. Una presa di coscienza della cittadinanza che emerge anche nel numero di contatti medi avuti da ogni persona positiva: «A inizio pandemia erano 15, mentre oggi sono 3 o 4. Questo è un segno buon segno: si è ben capito il concetto di distanza sociale».
Difficile dire quanti siano tuttavia attualmente i malati di Covid-19 a sud delle Alpi e, quindi, quanti siano in grado di trasmettere l'infezione. «Se fino al 22 aprile venivano testate solo le persone con sintomi gravi, ora penso che una buona parte di chi ha sintomi viene sottoposto ad analisi – ha commentato Merlani –. A occhio direi che gli attuali maliati siano attorno al centinaio. Ma è una pura stima».
In caso di un eventuale ripresa della curva dei contagi, «non vi è una soglia numerica che farebbe scattare delle misure di contenimento», ha precisato il medico cantonale. Più del un numero assoluto, a determinare eventuali interventi sarà l'andamento giorno per giorno: «Mi preoccuperebbe di più un costante aumento, piuttosto che passare da 20 a 1 e poi di nuovo a 20». Per questo l'ufficio del medico cantonale sta attivamente monitorando le cifre e gli indici del contagio.
Stanno intanto per arrivare anche le app per il tracciamento dei contagi. Una soluzione tecnologica che dovrebbe aiutare le autorità. «Attualmente il Ticino non ha previsto di partecipare alla sperimentazione della prima app, quella del 'proximity tracing' in attesa di avere più informazioni di dettagli». Si tratta di quel software che registra i contatti ravvicinati 'a rischio' e che permette, in caso la persona risulti contagiata, di avvertire chi è potenzialmente a rischio. «Il problema è che l'app non è in grado di distinguere se in mezzo alle due persone c'era, ad esempio, un vetro». L'applicativo, secondo le informazioni fornite da Merlani «non invierebbe comunque i dati agli uffici dei medici cantonali, limitandosi verosimile a invitare i contatti di un contagiato a mettersi in auto-quarantena». Il Cantone sembra invece più interessata alla «seconda app, che permette, a chi lo vuole, di inoltrare al nostro ufficio i propri dati di salute».
Intanto 800 ticinesi hanno già risposto presente all'appello del Cantone, dicendosi disposte a sottoporsi ai test sierologici per valutare il tasso di persone che nel nostro cantone sono venute in contatto con il virus. «Il loro numero ci permette già di avere un campione statisticamente significativo. Abbiamo comunque rimandato 500 lettere, per essere sicuri che siano arrivate».
Sulle due case anziani che erano state al centro dell'attenzione da parte dell'Ufficio del medico cantonale, i dettagli sono ancora pochi. Anche perché, ha fatto notare Merlani, l'inoltro di una segnalazione da parte di terzi al Ministero pubblico ha complicato le cose dal punto di vista giuridico. «Stiamo ancora vagliando le informazioni su questi casi e qualora dovesse essere necessario, al momento giusto, interverremo», ha chiosato il medico cantonale.
Ora si guarda però anche avanti, pur «non abbassando la guardia», ha fatto notare il capo dello Stato maggiore cantonale di condotta Matteo Cocchi. Primo appuntamento, il ponte dell'Ascensione: «Sappiamo che ci sarà più turismo locale e nazionale – ha fatto notare Cocchi –. Abbiamo quindi previsto un'accresciuta attività di comunicazione e una presenza di agenti sul territorio adeguata alla situazione». Particolare attenzione sarà data alla questione campeggi: con le strutture ufficiali ancora chiuse si teme un possibile aumento del campeggio selvaggio o abusivo. Della questione è incaricata la Sezione enti locali «allo scopo di poter applicare su tutto il territorio cantonale gli stessi principi autorizzativi».
Guardando all'estate, poi, si sta già lavorando a soluzioni per permettere di praticare l'alpinismo pur mantenendo le misure di sicurezza contro il coronavirus. «Vi sono già specifici gruppi attivi in questo ambito, con in prima linea Gioventù e Sport», ha fatto notare Cocchi.
Altro punto cardine della strategia anti-covid, rimarrà il divieto di assembramento oltre le 5 persone: «All'interno di una casa privata? Torno a dire che fino a qui ci siamo comportati bene grazie alla responsabilità individuale. Sarebbe quindi importante evitare di organizzare cene e pranzi privati, anche se immaginiamo ci sarà comunque qualcuno che lo farà». Attenzione poi alle grigliate in giardino: non è detto che il quel caso ci si ritrovi confrontati con la polizia.
Questa settimana è stata anche la prima di riapertura di ristornati e bar. «Assieme all'Ufficio dell'ispettorato del lavoro, la Polizia ha condotto numerose ispezioni, soprattutto per sensibilizzare: ci si è infatti concentrati sulla consulenza e sul dialogo con gli esercenti. Abbiamo trovato disponibilità e collaborazione e in più casi gli agenti sono stati ringraziati perché hanno chiarito alcune direttive», ha precisato Cocchi. Lunedì i controlli sono stati un centinaio. I dati complessivi della settimana saranno comunicati nei prossimi giorni.
«Bisogna mantenere alta la guardia, guardando avanti con fiducia – ha fatto notare Cocchi –. La crisi è ancora in corso, sia dal punto di vista sanitario, sia dal punto di vista economico. Sebbene i dati sanitari recenti sono confortanti, il messaggio non cambia: distanze sociali e igiene accresciuta».
E assieme al perdurare della crisi, potrebbero esacerbarsi anche gli animi... «Siamo coscienti di questa possibilità e non a caso rientra regolarmente nell'ordine del giorno degli incontri telefonici dei comandanti di polizia», ha chiosato Cocchi. Intanto la nota positiva è che durante la pandemia non si è registrato «un aumento importante dei casi di violenza», ha fatto notare il comandante della Polizia «Quello che ci preoccupa ora è soprattutto come impiegheranno il loro tempo libero quest'estate i ragazzi in assenza di colonie, di attività sportive organizzate e di altre attività associative».
Se la riapertura delle frontiere è in programma per il 16 giugno verso Austria, Germania e Francia, per ora rimane ancora chiuso il confine verso l'Italia, dove non mancano le proteste da parte dei frontalieri per le difficoltà di entrata sul territorio ticinese visti i controlli accresciuti su chi ha diritto o meno di passare la frontiera e visto che dei 16 valichi ticinesi, 5 sono tutt'ora chiusi. «Il Ticino non ha nessun interesse nel favorire le code e ha prontamente segnalato la questione alle autorità competenti di Berna – ha fatto notare Francesco Quattrini, delegato per le relazioni esterne del Cantone –. Con 11 valichi aperti su 16 (dal 11 maggio) la situazione è abbastanza fluida e non si segnalano criticità».
Già in piena crisi vi erano state frizioni lungo il confine, ha ricordato Quattrini: «Per noi l'importante è sempre stato supportare il sistema sanitario ticinese, garantendo la presenza dei lavoratori frontalieri nel settore sanitario o nelle filiere che lo sostengono». Il 7 marzo la bozza del 'Decreto Lombardia' aveva creato «molta tensione visto che ci si avvivava verso una chiusura totale delle frontiere. Il Cantone che è intervenuto sia verso Berna, sia verso sud per evitare questa chiusura». Nel frattempo l'Italia aveva manifestato apprensione sul fatto che le misure di contenimento in Ticino potessero essere più blande che in Lombardia. «Poi Ticino ha chiesto e ottenuto una finestra di crisi e ha quindi allineato le misure a quelle italiano. Per le imprese è pure andata oltre, per cui la tensione è scemata»