Critiche da parte dell'Atg per l'assenza di un portavoce del governo. Dubbi anche sulla collaborazione Rsi-Cantone e sulle troppe poche donne al fronte
Il governo ticinese è senza portavoce. Una situazione che l'Associazione ticinese dei giornalisti reputa quanto meno "molto, molto strana", visto che la gestione della comunicazione è stata "consegnata nelle mani dell'ufficio stampa della polizia cantonale". Sarebbe un po', scrive il comitato dell'Atg in una nota stampa di oggi, come "se il Consiglio federale per comunicare facesse affidamento alla polizia federale". Nel comunicato si rileva come "nel recente passato c’è stato un tentativo per colmare questa lacuna ma è miseramente fallito. Ora – anche alla luce delle limitazioni imposte a giornalisti e fotografi, che per giorni e giorni sono stati esclusi dalle conferenze stampa sul coronavirus – le autorità cantonali dovrebbero finalmente tornare ad affrontare questa tematica, fondamentale in una società moderna".
L'Atg denuncia inoltre come troppe poche donne siano state messe al fronte per riferire della pandemia: "In queste ultime sette settimane tra i i funzionari d’alto rango apparsi in prima fila nella gestione di questa emergenza abbiamo visto molto spesso solo degli uomini. E nemmeno il mondo dell’informazione spicca per un’equilibrata presenza tra uomini e donne. Nelle dirette televisive, i presentatori al fronte sono sempre e solo uomini, in particolare nelle numerose dirette della Rsi. E questo vale anche per gli editoriali o i commenti pubblicati dai quotidiani ticinesi". L'esortazione dell'associazione è quella di "dare maggior spazio e visibilità anche alle colleghe giornaliste".
Sotto tiro anche la convenzione sottoscritta tra la Rsi e il Cantone "in base alla quale la Rsi ha assunto un mandato di prestazione in supporto dello Stato maggiore di crisi" fornendo "personale per la redazione e la divulgazione di messaggi istituzionali e informativi dello Smcc". In pratica "sette giornalisti dell’Attualità hanno collaborato alle dipendenze dello Smcc per parte del loro tempo di lavoro – in qualità di militi della protezione civile - tornando poi a svolgere il loro ruolo di giornalisti nel restante tempo". Secondo l'Atg, "si tratta di certo di una situazione sensibile e delicata che mette i colleghi di fronte alle autorità in questo doppio ruolo, seppur con compiti distinti". Una quetione di opportunità, insomma.