Per Maurizio Canetta (direttore Rsi) la convenzione firmata un anno fa con il Cantone ‘stabilisce chiaramente la separazione dei ruoli e dei compiti’
“Non c’è stata nessuna lesione della nostra indipendenza di azione e di giudizio”. Maurizio Canetta, direttore della Rsi, commenta in questo modo i dubbi emersi in merito alla collaborazione di sette dipendenti della Radiotelevisione svizzera di lingua italiana con lo Stato maggiore cantonale di condotta (Smcc), durante l’emergenza coronavirus. La collaborazione è funzionata bene anche perché “i ruoli” erano "chiari, definiti” e sono stati "rispettati", sottolinea a ’laRegione’.
La collaborazione si basa su una convenzione firmata il 18 marzo dell’anno scorso dal direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi, dal comandante della polizia cantonale nonché capo dell’Smcc Matteo Cocchi e dallo stesso Canetta. L’acccordo prevede che, “in caso di eventi maggiori”, la Rsi metta a disposizione “personale e i mezzi tecnici necessari per la redazione, la produzione e la divulgazione di messaggi istituzionali e informativi”, si legge in un comunicato diffuso allora. Nella convenzione è pure esplicitamente scritto che la Rsi continuerà “ad assolvere i suoi doveri di informazione e approfondimento giornalistico”. Un compito che però “non potrà essere svolto dal personale impiegato allo Smcc”. Personale che, tra l'altro, viene impiegato in veste di milite della Protezione civile e i costi sono quindi a carico dello Stato.
Negli scorsi giorni diversi media, così come l’Associazione ticinese dei giornalisti (Atg) si sono interrogati sull’opportunità di tale collaborazione che potrebbe potenzialmente minare lo spirito critico dei giornalisti impegnati a gestire la comunicazione delle autorità. L’Atg ha parlato di “una situazione sensibile e delicata” nella quale i dipendenti della Rsi si trovano a svolgere un “doppio ruolo, seppur con compiti distinti”. Ha quindi invitato l’azienda di servizio pubblico “a soppesare la pertinenza di questa convenzione in vista di futuri e eventuali simili impegni”. Partendo propio da questa presa di posizione, ieri il Ps ha depositato un’interrogazione – primo firmatario il copresidente Fabrizio Sirica – nella quale chiede al Consiglio di Stato “di disdire l’accordo con la Rsi”. Secondo i socialisti si tratta infatti “di una situazione che limita la libertà di azione e di critica dei giornalisti, impone loro un doppio ruolo che si presta al conflitto di interessi”.
A queste critiche Canetta risponde premettendo che i dipendenti Rsi sono stati impiegati “a turni, naturalmente, e mai nel doppio compito”, svolgendo il loro lavoro in azienda “con coscienza e libertà". La convenzione “stabilisce chiaramente la separazione dei ruoli e dei compiti”. Inoltre, il loro incarico “non era quello di scegliere le informazioni da dare, ma quello di tradurre in audio, video e immagine i messaggi chiave” che hanno permesso alla popolazione di capire “come comportarsi in un momento drammatico”, precisa il direttore della Rsi. Insomma, “non hanno preso decisioni né orientato la comunicazione delle autorità".
Sempre ieri anche la Gioventù socialista ha preso posizione in quest’ambito, chiedendo che i giornalisti “tornino a criticare, quando necessario, le autorità e che tornino ad alimentare un dibattito trasparente”. La Giso si riferisce in particolare al fatto che fino a poco tempo fa le conferenze stampa dei Consiglieri di Stato sul coronavirus si sono tenute ’a porte chiuse’, generando difficoltà ai giornalisti nel porre le domande (visto che dovevano essere inviate prima per e-mail, ndr) e nell’insistere nel caso di risposta vaga. Difficoltà sottolineate anche in un’interrogazione depositata dai Verdi lunedì, nella quale chiedono al Consiglio di Stato perché “ha deciso di limitare, di fatto, (...) la libertà di stampa attraverso una comunicazione unilaterale che non concede repliche o approfondimenti”. Va sottolineato che nelle ultime settimane le restrizioni sono state allentate grazie all’intervento dell’Atg.
I Verdi hanno d’altro canto elogiato “la politica informativa scelta da Berna, dove i giornalisti erano presenti, potevano fare domande e chiedere precisazioni, se le risposte non erano chiare”. Ciò dimostra che non vi è stato un approccio unico in merito all’informazione della popolazione. E infatti, tornando alla convenzione tra il Cantone e la Rsi, l’emittente di lingua italiana è stata l’unica a firmare un simile accordo in Svizzera. “Siamo l’unica emittente che serve prevalentemente un solo cantone”, precisa Canetta. “Teoricamente potrebbe fare una cosa simile anche la Rtr (Radio Televisione Romancia), mentre i colleghi della Svizzera tedesca e di quella romanda hanno un bacino di utenza con molti cantoni, ciò che rende impensabile un accordo di questa natura”.
Il direttore della Rsi ricorda infine che “al momento della firma dell’accordo c’è stata una comunicazione chiara e precisa”, come dimostra anche il comunicato stampa diffuso il 18 marzo 2019. Tuttavia, un anno fa “nessuno si aspettava una crisi di questa portata e durata, da molte parti definita unica ed epocale”, rileva Canetta. “Faremo naturalmente il bilancio dell’esperienza, perché dovremo trarre lezioni da una situazione assolutamente eccezionale”. In ogni caso, le persone impiegate dall’Smcc “hanno dato forza e competenza alla diffusione di messaggi essenziali per tutta la popolazione”, come l’invito a rimanere a casa e il rispetto delle norme igieniche e della distanza sociale.