È necessario un chiarimento urgente da parte dell'autorità federale sul pagamento degli stipendi a chi si trova costretto a non poter lavorare
L’emergenza sanitaria sta generando problematiche di natura economica, sociale e psicologica. Nel contempo suscita interrogativi di grande rilevanza sotto il profilo giuridico. Le autorità federali e cantonali hanno messo in atto subito delle misure per attenuare gli effetti economici del coronavirus. “Ma alcune problematiche di natura giuslavoristica, amministrativa e alcuni aspetti legati al diritto della locazione e di quello dei contratti, impongono un esame attento e tecnicamente approfondito”, afferma, da noi contattato, l’avvocato Ivan Paparelli dello studio Kellerhals Carrard di Lugano.
La giurisprudenza in questi ambiti è praticamente inesistente anche perché mai fino ad oggi ci si è trovati confrontati con decisioni delle autorità così incisive nei confronti della società e dell’economia tutta. In questo momento si fa un gran discutere sull’obbligo di pagare o no il salario ai dipendenti che senza colpa non possono più lavorare. La posizione dei sindacati è chiara: bisogna pagare. Quella degli imprenditori è meno netta: c’è chi segue l’orientamento della Segreteria di Stato dell’economia (Seco), “ovvero l’obbligo di stipendio rimane considerando che la chiusura di un’attività per effetto di una decisione dell’autorità per far fronte a un’epidemia rientri tra i rischi d’impresa di cui si deve fare carico il datore di lavoro”, continua Paparelli che è anche membro del comitato dell’Ordine degli avvocati del cantone Ticino. E chi invece contrappone la tesi secondo la quale una decisione di chiusura, quale quella ordinata, “costituisce un fatto straordinario da non poter essere considerato - ancora - incluso nel rischio aziendale”. In questo caso si invoca l’articolo 119 del codice delle obbligazioni secondo il quale entrambe le parti (lavoratore e imprenditore) sono da considerarsi liberate dai reciproci obblighi contrattuali. Di conseguenza il datore di lavoro non sarebbe tenuto al versamento del salario. “Io sarei cauto a sposare una dei due orientamenti”, ci spiega il legale. “Questi sono i principi generali, ma la situazione generata dall’epidemia di coronavirus è talmente in divenire che il dilemma giuridico andrebbe risolto in fretta. Non per via giudiziale, ovviamente, ma politico e sociale”, continua l’avvocato Paparelli.
Un decreto d’urgenza da parte del governo federale potrebbe fare chiarezza anche se l’annuncio del Consiglio federale di destinare otto miliardi al fondo per le indennità per lavoro ridotto, calma la preoccupazione di chi si vede costretto a casa a seguito di chiusure ordinate dall’autorità. “È giusto evitare inutili allarmismi anche in questo ambito, ma è importante dare i giusti parametri per capire lo stato particolare in cui ci troviamo”, conclude Paparelli.