Nella Procura ticinese c'è ora un magistrato di riferimento per la Polizia cantonale nell'azione di contrasto federale alla criminalità organizzata
Da qualche mese in seno al Ministero pubblico ticinese c’è un procuratore di riferimento per la Polizia cantonale in materia (anche) di criminalità organizzata. “Un magistrato che funge da Spoc (Single Point Of Contact) a beneficio delle forze di polizia”, fa sapere il Consiglio di Stato rispondendo a un’interrogazione inoltrata lo scorso settembre dal deputato liberale radicale Matteo Quadranti sulle mafie in Svizzera e la collaborazione/coordinamento tra la nostra Procura e quella federale. Il magistrato che funge da Spoc, spiega il procuratore generale Andrea Pagani, da noi interpellato, «è stato designato al nostro interno lo scorso anno ed è il procuratore di contatto per il Nucleo compiti speciali della Polizia cantonale». Nucleo, scrive il governo nella presa di posizione sull’atto parlamentare di Quadranti, che, lavorando a stretto contatto con la Polizia federale, svolge “attività di intelligence legata all’analisi di elementi comuni riscontrabili fra varie inchieste” e “monitora costantemente i settori a rischio di infiltrazioni mafiose, come pure le persone che potrebbero avere relazioni o legami con organizzazioni criminali e che potenzialmente potrebbero mettere a rischio la sicurezza e l’ordine pubblico”.
Un lavoro prezioso quello del Nucleo, che ora può contare pure su un interlocutore diretto al Ministero pubblico ticinese: un procuratore che, oltre a continuare a occuparsi di inchieste su illeciti il cui perseguimento è di competenza della magistratura cantonale, funge appunto da ‘Spoc’ in materia di criminalità organizzata. E da trait d’union fra inquirenti cantonali e inquirenti federali. Una figura introdotta con l’obiettivo, nell’ambito anche del piano anti-mafia annunciato da Berna, di agevolare e rafforzare la cooperazione tra la Procura ticinese e quella federale nella lotta alla criminalità organizzata, e non solo di stampo mafioso. Spetta infatti al Ministero pubblico della Confederazione, quindi all’autorità inquirente federale, il perseguimento del reato di organizzazione criminale, previsto dall’articolo 260ter del Codice penale: questo “a condizione che il reato sia stato commesso prevalentemente all’estero o che sia stato commesso in più cantoni e che il centro dell’attività penalmente rilevante non possa essere localizzato in uno di essi”, ricorda il governo. In ogni caso, sottolinea il Consiglio di Stato, “la lotta contro tali organizzazioni non può prescindere dall’ottimizzazione della collaborazione fra le autorità di perseguimento penale federali e cantonali”. E qualora “emergano indizi della presenza di un’organizzazione criminale nel corso di un puntuale procedimento, il Ministero pubblico cantonale interpella senza indugio il Ministero pubblico della Confederazione”. Sempre nell’ottica di migliorare la cooperazione fra inquirenti ticinesi e federali, l’esecutivo cantonale rende pure noto che dallo scorso dicembre la Polizia federale dispone presso la sua ‘antenna’ di Lugano-Besso “di un nuovo gruppo di lavoro per la trattazione di casi legati alla criminalità organizzata”.
A proposito della designazione di un procuratore del Ministero pubblico ticinese che funge da ‘Spoc’ in materia di criminalità organizzata, Matteo Quadranti sostiene, da noi raggiunto, che «è un passo avanti, ma francamente lo trovo insufficiente: se il tema delle infiltrazioni mafiose viene ritenuto importante, e lo spero, si potrebbe, credo, pensare a qualcosa in più di questa singola figura. Il tutto merita più attenzione. Auspico, ripeto, che sia solo un primo passo».
Lo stesso discorso, per il deputato, è da farsi per il nuovo “gruppo di lavoro” della Polizia federale per i casi legati alla criminalità organizzata, presso l’antenna di Lugano-Besso. Perché se quello dello Spoc è un primo passo, per il granconsigliere liberale radicale questa antenna è un passo addirittura «tardivo», considerato che «di interrogazioni parlamentari su questioni di armi e ’ndrangheta ne ho già fatte tre anni fa, senza conseguenze». Occorrerà capire «cosa si prevede per il dopo, se è prevista un’implementazione a medio termine. ‘Gruppo di lavoro’ vuol dire tutto e niente – prosegue Quadranti – e sarebbe meglio avere qualche cellula operativa, piuttosto che gruppi di lavoro. La ’ndrangheta è già qui, e non attende le