Quadranti: ‘Ora sosteniamo tutti Merlini, ma dopo dibattito’. Grandini: ‘Il partito recuperi i suoi valori’. Valenzano Rossi: ‘Il Ppd appoggi il ticket’
«Adesso c’è l’emergenza di eleggere Giovanni Merlini nel ballottaggio per il Consiglio degli Stati, ma dopo il 17 novembre al nostro interno si dovrà finalmente aprire un dialogo e sarà necessario fare autocritica». Parole come pietre quelle di Matteo Quadranti, deputato-bandiera della ‘R’ di ‘radicale’ nel Plr. Dopo la frenata registrata domenica – in calo del 3,2% al Nazionale e con Merlini solo terzo agli Stati – sul banco degli imputati c’è la congiunzione al centro con Ppd e Verdi liberali. Congiunzione ‘tecnica’, non matrimonio, è stato detto a più riprese. Ma che Quadranti ha contestato con forza. E ora che questa operazione non sembra aver dato i risultati sperati, riprende: «Con molta amarezza, oggi possiamo dire che l’avevamo detto. La cosa è stata gestita male a livello di comunicazione. Avevo segnalato i problemi di far passare un messaggio del genere in così poco tempo». E le accuse ai radicali di aver fatto mancare i loro voti, almeno per quanto riguarda le crocette sul nome di Merlini, sono rispedite al mittente: «Giovanni non è mai stato in discussione, è il nostro candidato, anche di chi non era favorevole alla congiunzione: su questo credo che i radicali abbiano fatto il loro dovere. Non è stato piacevole per noi questo accordo, per questioni storiche e anche presenti, ma sarebbe un grande errore pensare siano mancati i nostri voti».
Ciò detto, il sostegno a Merlini per il ballottaggio alla Camera dei Cantoni «è sicuro», ma dalla mattina dopo «la musica dovrà cambiare». Non è più «solo questione di laicità, come dicono sempre per liquidarci dandoci dei vecchi», insiste Quadranti. Che aggiunge: «Bisogna chiarirsi internamente su quale sia la collocazione che si vuole e su quella che è la nostra identità. Se ci si profila a destra, va detto. Se invece si vuole restare al centro bisogna capire in che modo, con chi e su quali temi». E serve, secondo il granconsigliere radicale, «un partito un po’ più umile, anche l’ultima gestione è stata piuttosto verticistica: alcuni Comitati cantonali hanno solo ratificato decisioni prese dalla dirigenza, alcuni membri del gruppo parlamentare non sanno cosa succede nell’Ufficio presidenziale. Spero si cambi». Più autocritica quindi, ma anche uno sguardo al futuro: «Non possiamo limitarci a gestire il presente. Dobbiamo capire i trend quando arrivano, ma della digitalizzazione io parlavo già nel 2013, il tema dell’ambiente è stato ignorato, come quello dell’ascoltare i giovani del nostro partito». La domanda è d’obbligo: con queste critiche, e alla luce del risultato di domenica, il presidente Bixio Caprara è ancora al suo posto? «Penso se lo stia chiedendo anche lui. Nel malaugurato caso in cui Merlini non la spuntasse, credo si ponga la questione». Però una questione resta sul tavolo: dietro questo – 3% ci sono voti di lista non espressi, probabilmente a causa della congiunzione. Secco: i radicali si sentono ancora a casa nel Plr? «Bella domanda», risponde sospirando. Per poi spiegare come «c’è ancora voglia di avere un manifesto radicale, dei punti sui quali andare a trattare». L’insegnamento arriva dalla Lega, conclude: «Ha perso l’anima sociale e sta arretrando, il Plr deve capire che se un partito vuole restare di maggioranza non può permettersi di lasciare indietro nessuno, e deve cercare di occuparsi anche dei meno fortunati, sennò avanzano i populisti di destra e sinistra».
Tra le voci critiche all’alleanza elettorale con i popolari democratici quella dell’ex presidente della Sezione liberale radicale di Lugano. In un suo contributo apparso a metà agosto sul ‘Corriere del Ticino’, Giorgio Grandini parlava, fra l’altro, di “favola ‘straordinaria’ della congiunzione delle liste Plr e Ppd” e nelle ultime righe scriveva: “Il seggio al Consiglio agli Stati sembra valer bene una messa: speriamo solo di non dover poi subire – a scrutini ormai chiusi – la biblica punizione per aver maldestramente osato coniugare il diavolo con l’acqua santa”. Non resta che attendere il verdetto delle urne del 17 novembre. Intanto ci sono i risultati del primo turno da commentare. «In passato gli elettori del Plr che, per un motivo o per l’altro, volevano dare un voto preferenziale anche al Ppd, sia per il Nazionale sia per gli Stati, lo hanno fatto spontaneamente: stavolta invece questa sorta di obbligo a sostenere pure i candidati Ppd, impartito dai vertici del Plr in virtù della congiunzione, ha portato molti liberali e molti radicali a non votare il nostro partito», osserva Grandini, interpellato dalla ‘Regione’.
Ora, prosegue il già presidente sezionale, «dobbiamo impegnarci al massimo per far eleggere Merlini alla Camera alta: è però indispensabile che da qui al ballottaggio il Plr recuperi e rivendichi pubblicamente quei valori, a cominciare dal laicismo, che appartengono alla sua storia, al suo Dna, e che nella campagna in vista delle elezioni di domenica 20 sono stati bistrattati». Valori «che di sicuro non sono quelli sbandierati con questa congiunzione, in seguito alla quale diversi nostri elettori al primo turno hanno voltato le spalle al partito». Recuperare i valori «del pensiero liberale», per recuperare il sostegno «di quegli elettori che non hanno digerito la congiunzione». Occorre quindi «lanciare un messaggio chiaro e forte, in tal senso si potrebbe indire, per esempio, una tavola rotonda con esponenti liberali e radicali, da organizzare al più presto». Caprara ha fatto il suo tempo? «È prematuro dirlo, di certo – aggiunge Grandini – hanno fatto il loro tempo queste alleanze contro natura catapultate dall’alto e che non hanno alcun senso politico, se non quello di salvare qualche seggio. Si dice che a Berna nel 90% dei casi il Plr vota con il Ppd. Vero, ma primo: le soluzioni non sono tante; secondo: sono essenziali anche le modalità con cui si arriva a queste soluzioni. Se il partito fa passare l’idea che i principi laici e illuministici sono ormai acquisiti e che non interessano più, firma, secondo me, il suo declino definitivo». C’è già chi pensa a liste uniche per le comunali... «Sarebbe pericolosissimo per noi – avverte Grandini – . I nostri Comuni hanno vissuto sulla rivalità storica e il confronto dialettico fra liberali e popolari democratici».
Era tra i candidati al Consiglio nazionale: non è stata eletta, ma la congiunzione con gli ‘azzurri’ l’ha sostenuta e la sostiene. Da «realista positiva», spiega Karin Valenzano Rossi. Il primo obiettivo («dichiarato») dell’alleanza, evidenzia la capogruppo Plr in Consiglio comunale a Lugano, «è stato conseguito con il mantenimento dei quattro seggi della formazione di centro» alla Camera del popolo: i due del Plr e i due dei popolari democratici. «Con la congiunzione il seggio Ppd è stato confermato grazie al Plr – rileva Valenzano Rossi – . Spero adesso che il Ppd sostenga anche Giovanni Merlini per gli Stati. Entrambi i partiti dovranno quindi mobilitare i rispettivi elettori, dato che c’è un potenziale di voti non espressi al primo turno, affinché il ticket, come auspichiamo, funzioni. E ciò credendo con convinzione in una sinergia che permette al centro di avere a Berna una voce credibile. D’altronde a metà del guado non si torna indietro se il primo traguardo è stato raggiunto».
«Dopo la scossa ricevuta domenica il mio partito si renderà conto della necessità di mobilitarsi molto di più». Il candidato Plr al Consiglio degli Stati Giovanni Merlini, terzo al primo turno distanziato circa 4’000 voti da Filippo Lombardi e 2’200 da Marco Chiesa, è conscio che «la strada è in salita», ma pure del fatto che «si riapre completamente la partita, adesso prevarranno altre logiche, si concentrano i voti sulle persone che si vogliono eleggere davvero al Consiglio degli Stati». In più, prosegue, «confido nel fatto che dal Ppd arriverà un sostegno decisamente più massiccio rispetto al primo turno». Un sostegno che può giungere con una sorta di ‘voto utile’ anche da sinistra? «Il voto utile c’è sempre stato – risponde Merlini –. Ne hanno beneficiato sia Dick Marty sia Fabio Abate, e non per questo sono stati tributari o debitori della sinistra. Penso che soprattutto i socialdemocratici più moderati ragioneranno su come spendere in modo utile il secondo voto». E tornando alla mobilitazione, Merlini spiega come andrà a caccia dei voti necessari per entrare agli Stati: «Parlando dei temi». Quindi, «oltre a cogliere ogni occasione per essere in mezzo alla gente nei vari appuntamenti pubblici, nei prossimi giorni – spiega – punterò in particolare sulla formazione, sul lavoro e sulla nuova sensibilità climatica. Su questo tema ho sempre sostenuto il ripensamento del nostro partito a livello nazionale». Un secondo turno che, rileva dal canto suo Fabio Abate, consigliere agli Stati uscente che ha deciso di non sollecitare un ulteriore mandato, «si svolgerà in una situazione che non ricordo di aver visto prima. Ossia con i primi quattro candidati tutti in una forchetta di voti estremamente contenuta. Chi è davanti non è sicuro di avere un piede e mezzo a Berna, chi è quarto non è ancora battuto». Questa dinamica crea «un’importante necessità, soprattutto per il Plr: prima di andare a vedere quanto può accadere con il rispetto dei patti, in questo caso con il Ppd, bisogna mobilitare la propria base e fare il pieno a casa propria. La differenza sarà fatta da questo». E dalla mobilitazione, va da sé: «Concentrare in tre settimane una campagna che per il primo turno si è estesa due mesi. E portare tutti i liberali radicali a votare». Con un handicap di partenza, annota però Abate: «Per il Consiglio nazionale, al primo turno ci sono otto candidati e ognuno fa la sua campagna. Quindi un loro elettore è portato naturalmente a votare anche per gli Stati». Al secondo turno «come io ho sempre sostenuto, il candidato agli Stati è solo: non ha più il supporto che arriva dai candidati al Nazionale. Per questo è importante la mobilitazione».