Ticino

Cari, ma verdi. Uno sguardo sul futuro con Ticino Turismo

‘Ambiente, tecnologia, mobilità e cultura’ per un settore in difficoltà. Il direttore Trotta: ‘AlpTransit ci ha portato meno di quanto ci aspettassimo’.

(Ti-Press)
18 ottobre 2019
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Cento giorni sono pochi per rivoluzionare una realtà come quella turistica, dove «il prodotto al 99% c’è già», e il difficile semmai è promuoverlo in modo competitivo. Per questo Angelo Trotta, a poco più di tre mesi dalla nomina a direttore di Ticino Turismo (Tt), ci va coi piedi di piombo: «Vi presento una visione, non una vera strategia: per quella ci vuole più tempo», ha spiegato ieri in conferenza stampa. Quattro i pilastri, piuttosto classici al giorno d’oggi: “ambiente, tecnologia, mobilità e cultura”.

Il tutto per rivitalizzare un settore che genera circa un decimo della ricchezza cantonale, ma che l’anno scorso ha perso il 7,5% dei pernottamenti. E sul quale tutti paiono avere la loro inscalfibile opinione, «come per il calcio». Per la promozione, Tt si coordina con le quattro Organizzazioni turistiche regionali (Otr) e con le associazioni del settore alberghiero e gastronomico, e gestisce circa 7 milioni di budget con una trentina di collaboratori.

Fra i progetti da realizzare: pacchetti ‘trasversali’ che combinino trasporti, pernottamenti e attrazioni, marketing digitale – ovviamente –, e l’elaborazione di offerte su misura, dato che il turista di oggi pare sempre meno interessato alle soluzioni standardizzate e alle grandi comitive. Infine Ticino Ticket 2.0: la nuova versione della carta offerta ai turisti – che combina trasporti gratuiti e agevolazioni agli ingressi in varie strutture – andrà resa disponibile in formato elettronico e comprenderà un ampliamento dell’offerta culturale.

Trotta, i numeri che ha illustrato mostrano un turismo di anziani, seppure molto fedeli. Lei mira ad abbassare l’età media, e vede possibilità di sviluppo nei flussi dalla Romandia, dalla Germania e dall’Italia. Tuttavia resta un enorme ostacolo che ferma tedeschi e italiani: i prezzi.

Dobbiamo fare attenzione a non cadere in luoghi comuni: possiamo essere una destinazione interessante anche per loro. La nostra vocazione rimane quella di essere attrattivi per un turismo di qualità.

Turisti coi soldi, insomma.

Sì, anche. Ma ci può essere anche la classe media. L’importante è che il turista consumi. Il prezzo comunque dipende dal singolo imprenditore: bisogna tenere conto del fatto che in settori come la gastronomia si lavora già con margini estremamente ridotti.

Una volta, col segreto bancario, a trascinare il turismo ‘di qualità’ erano i clienti facoltosi attirati dalla piazza finanziaria. La fine di questo flusso rischia di desertificare Lugano e il Sottoceneri?

Non necessariamente. È vero che allora attiravamo un potente turismo di business. Ora lo sforzo è quello di ripopolare i centri. Lugano deve riscoprire una vocazione di città. In questo senso intendiamo spingere sul turismo di business e congressi, ma importanti sono anche fattori come la gastronomia e la cultura. Si è parlato di città ‘smart’.

Ecco, però se dice città ‘smart’ si pensa a una città giovane, piena di bar, di offerte accessibili. Oggi una giornata a Lugano è una spesa importante perfino per i residenti.

Ci hanno penalizzato l’euro debole e il fatto che altre destinazioni siano diventate sempre più competitive – la facilità di andare a Ibiza o alle Canarie porta via il giovane tedesco da Locarno.

Peraltro anche per gli svizzeri, con Alptransit, è sempre più facile fare ‘tutta una tirata’ verso realtà più grandi come Milano (o viceversa Zurigo). E le vicende dell’aeroporto non aiutano.

Quanto ad AlpTransit, ci ha portato meno di quanto ci aspettassimo a livello turistico, nonostante i treni pieni. È chiaro poi che un aeroporto è importante per portare i clienti business, ma non solo loro. Nel caso non si riescano a garantire i collegamenti con Lugano, bisognerebbe allora potenziare molto i trasporti con Malpensa.

App come Airbnb – che permettono di trovare alloggio in case private – potrebbero promuovere accessibilità e competitività?

È un fenomeno che va regolamentato, per assicurarci ad esempio che si versino le tasse di soggiorno. Dopodiché queste soluzioni possono anche introdurre più competitività. Fondamentale è che si tratti di una competizione equa, per un giusto rapporto qualità/prezzo.

Il turismo è un settore dalla molta manodopera, e per essere competitivo pur con margini sempre più ridotti impiega molti frontalieri. È un modello sostenibile per il futuro?

Occorre studiare modelli equilibrati. Per esempio con soluzioni contrattuali che permettano residenze stagionali, prendendo domicilio in regioni svizzere diverse a seconda della stagione, come si sta facendo nei Grigioni. Su questo si dovrebbe costruire di più.

Cosa ‘invidia’ agli altri cantoni?

Alcuni hanno la fortuna di avere attrattive che si vendono da sole, come il Matterhorn e St. Moritz. Poi ci sono modelli di successo specifici, ad esempio quelli di Ginevra e Lucerna per quanto riguarda il turismo dei congressi e del business. Un settore da potenziare, come anche quello delle mountain bike, che richiede migliori mappature e più promozione.

Oggi si parla molto anche di ecosostenibilità. È solo una moda?

Di certo il fatto che se ne parli molto rende necessario anche per noi proporre soluzioni in questo senso. Ma si tratta di un interesse più ampio e pragmatico: il turismo sostenibile contribuisce a preservare il territorio, che è anche il nostro patrimonio principale.

In futuro si paventa l’istituzione di un ‘sustainability manager’.

Il manager per la sostenibilità può anzitutto studiare le soluzioni esistenti, misurare le emissioni di albergatori, ristoratori, traffico. E di conseguenza elaborare modelli turistici attenti all’ambiente.

State investendo anche sugli strumenti digitali. In che modo?

Anzitutto con DESy (‘Digital Destination Evolution System’, ndr), la piattaforma digitale che ci permette di raccogliere e analizzare sempre più informazioni sui flussi turistici. Voglio lavorare per misurare sempre di più il ritorno generato dai nostri investimenti, ed elaborare soluzioni mirate.

Poi ci sono i famosi influencer che possono fare la (s)fortuna di un territorio sui social, come fu nel caso delle ‘Maldive’ verzaschesi…

Anche in questo caso, parte del budget serve a promuovere la loro attività. Ma anche qui mi interessa poi misurarne meglio gli effetti, che cosa portino effettivamente, per generare un tipo di turismo che risponda ai nostri interessi.